Il Principe è probabilmente il trattato politico più letto al mondo ma anche uno dei più fraintesi: in qualche modo schiacciato sotto la leggenda nera che accompagna ancora oggi il suo autore. In occasione del quinto centenario, nel 2013, la Donzelli editore aveva pubblicato una prima edizione con testo a fronte in italiano moderno a cura di Carmine Donzelli, che aveva rivoluzionato la lettura del testo e riscosso grandi consensi in Italia e all'estero. A distanza di dieci anni, quell'operazione si sdoppia e si impreziosisce, dando vita a due diverse edizioni: una più agile, in cui il testo del Principe è accompagnato dalla traduzione in italiano corrente e da un nuovo commento e da un'introduzione appositamente pensati per un pubblico generalista. Nella presente edizione, assai arricchita rispetto al 2013, Gabriele Pedullà entra invece in profondità nel testo, esplorando la cultura che lo ha prodotto e rivelando un Machiavelli inedito. Giurisprudenza, medicina, teologia, astrologia, filosofia, teoria militare, pittura, scultura: tutti i campi della civiltà rinascimentale sono stati passati al setaccio per illuminare la teoria politica di Machiavelli come mai era stato fatto in precedenza.
La ricca produzione machiavelliana è testimonianza di una delle epoche più tormentate e significative della civiltà occidentale, ove prassi politica, riflessione storico-filosofica e inventiva letteraria si fondono armonicamente insieme. La riflessione politico-filosofica machiavelliana non è affatto avulsa dal contesto, bensì sempre radicata nella quotidiana esperienza umana e politica di quegli anni di doloroso travaglio storico, i quali tuttavia furono fonte inesauribile di ispirazione, di una costante meditazione sulla natura e sulla condotta umana. Riproponiamo al lettore in un unico volume, secondo l'edizione critica di Mario Martelli, le opere di uno dei massimi ingegni del Rinascimento.
Profondo, perfino inquietante, estremamente "vero": "Il Principe" di Machiavelli, scritto nel 1513, è un capolavoro del pensiero e della letteratura, un testo classico da leggere, rileggere, gustare nella sua prosa rapinosa e avvincente. Le rivoluzionarie intuizioni di Machiavelli, rimaste attraverso i secoli di provocante attualità, sono tese soprattutto a mettere in luce l'indipendenza delle categorie dell'utile e del pratico rispetto a quelle etiche e religiose. Su questa indispensabile premessa si basa il ritratto del Principe, individuo virtuoso, creatore assoluto dello Stato inteso come compiuta costruzione "artistica": un uomo nuovo che, con il suo individualistico sforzo creativo, attua la sintesi di virtù e fortuna, un profeta armato capace di realizzare il controllo razionale del progetto e della prassi politica, ponendosi come antitesi alla forza devastatrice del Caso. Introduzione di Vittore Branca. Commento di Tommaso Albarani.
Ogni epoca si è riconosciuta nel Principe, con argomenti sempre diversi. I motivi che lo hanno reso un classico sono ancora oggi attuali: il conflitto tra il desiderio di dominare la realtà politica e la ragione, la percezione di un momento storico indecifrabile, la natura del potere. Il capolavoro di Machiavelli viene qui presentato in una nuova edizione critica, con un ricco commento a piè di pagina, ausili letterari, rimandi culturali, chiarimenti storico-politici e spunti interpretativi.
Profondo, perfino inquietante, estremamente "vero": "Il Principe" di Machiavelli è un capolavoro del pensiero e della letteratura, un testo classico da leggere, rileggere, gustare nella sua prosa rapinosa e avvincente. Ma non sempre così comprensibile, come notava già Goffredo Parise nell'auspicare una "traduzione" del testo in italiano moderno. Questa edizione, che affianca alle parole del fiorentino la loro trasposizione in lingua corrente, ne rende fruibili gli altissimi contenuti, mostrando tutta l'attualità di un'arte del governare che è equilibrio tra gli antitetici condizionamenti della vita reale.
Nella nostra epoca, la straordinaria eredità intellettuale di Machiavelli appare in tutta la sua modernità: la sua definizione del comportamento "doppio" del politico e la dialettica "virtù"-"fortuna" ritornano spesso nelle elaborazioni di storici e studiosi del pensiero politico occidentale, negli articoli degli opinionisti, nei saggi degli intellettuali. Il Segretario fiorentino è noto al grande pubblico come fautore della filosofia del fine che giustifica i mezzi, espressa in quel gioiello di trattato politico che è "Il Principe", che all'epoca della sua pubblicazione suscitò un vero scandalo: il "diabolico" fiorentino vi affermava, tra le tante cose che, se il Principe vuole conquistare e mantenere il proprio Stato, deve adottare per necessità un modo di agire "doppio", deve saper gestire le apparenze. Solo questo stravolgeva la tradizione umanistica, e il concetto di moralità era sostituito da quello di necessità storica. Oltre che nelle opere politiche, Machiavelli si espresse come grandissimo scrittore anche nelle opere teatrali: la "Mandragola" va in scena anche oggi e racconta tutta la devozione del suo autore per un'etica naturale, per la concretezza delle opere umane esaminate e vissute escludendo qualsiasi trascendenza. Questa edizione - introdotta da un saggio di Nino Borsellino, è arricchita da un nutrito apparato biobibliografico, da note esplicativa e da un glossario concettuale.
Machiavelli raggiunge e scalza la radice della realtà, le
malvage radici dell’uman vivere: i succhi vitali e malefici
ad un tempo che allacciano le ragioni della vita alle non ragioni
della morte.
Carlo Emilio Gadda
Capolavoro assoluto del teatro rinascimentale italiano, la Mandragola è anche un amaro e disilluso ritratto di Firenze e dell’Italia del primo Cinquecento, abitata da uomini mossi dagli istinti più primordiali e privi di ogni determinazione morale o ideale. Ossessionato dal desiderio di paternità, lo sciocco messer Nicia si affida al sedicente medico Callimaco che, innamorato della bella moglie di Nicia, gli promette di guarirne la sterilità con una pozione di mandragola dalla letale (quanto falsa) controindicazione: il primo che farà l’amore con Lucrezia morirà entro otto giorni. E il primo sarà naturalmente Callimaco travestito, che Nicia stesso, gongolante, condurrà al letto della moglie. Una commedia insieme vitalistica e pessimistica, che il commento di Rinaldo Rinaldi illustra in tutta la sua poliedrica complessità.
L'unica novella scritta da Machiavelli si impone ancora oggi per la sua originalità. Da un conciliabolo di demoni nasce l'idea di inviare Belfagor a vivere tra gli uomini per verificare se davvero le mogli sono la causa di tutti i peccati. Il testo rappresenta un quadro fedele e malizioso della ricca borghesia fiorentina del tempo. Il "povero diavolo", dopo ogni genere di peripezie nella sua avventura terrena, alla fine fugge spaventato e preferisce ritornare all'inferno. Un piccolo capolavoro del grande fiorentino scritto con un limpido linguaggio pieno di sale e umore che appartiene tradizionalmente alla letteratura satirica antifemminile.
Quasi ogni epoca si è riconosciuta nel Principe con argomenti sempre diversi. E anche oggi i motivi "attualizzanti" di questo breve classico non sembrano mancare: soprattutto il conflitto tra il desiderio di dominare razionalisticamente la realtà politica e la percezione del momento oscuro della storia, catena di eventi non predeterminabile, appare un legame privilegiato tra Machiavelli e i nostri tempi. Il volume contiene il testo critico del Principe messo a punto da Giorgio Inglese. Inoltre, un commento a pié di pagina assai ricco, con ausili letterali, chiarimenti storico-politici, rimandi culturali e spunti interpretativi a più livelli di lettura.
Limitata a tre copioni soltanto, la produzione drammaturgica di Machiavelli è tuttavia di assoluto rilievo nel vasto orizzonte teatrale del Cinquecento italiano. Allo stato attuale delle cose essa si articola in una traduzione-rifacimento, quella dell' "Andria" di Terenzio; nel capolavoro della Mandragola, dove un piccante adulterio fra Callimaco e la "virtuosa" Lucrezia, alle spese di un marito vecchio e sterile, si tramuta in una dolente metafora sulla corruzione dei costumi nella Firenze medicea; e l'altrettanto suggestiva "Clizia", storia di un ulteriore tentativo di adulterio fra un vecchio e la giovinetta del titolo, tentativo destinato al fallimento per l'opposizione della saggia consorte del vecchio.