Tra i tanti fenomeni emergenti di questi ultimi anni c'è sicuramente la crisi dell'uomo, inteso come maschio. È debole, demotivato, solo. Alcuni uomini sono depressi, ansiosi; sperimentano un senso di inadeguatezza in famiglia, sul lavoro, e con gli altri uomini. Hanno scarsa autostima e poca fiducia in sé e nelle proprie capacità; si sentono timidi, deboli. Le ricerche dicono che aumenta l'impotenza maschile, l'ansia da prestazione sessuale, l'infertilità maschile persino una graduale riduzione del desiderio sessuale e del livello di testosterone. È una crisi di virilità. Intesa come disponibilità a rischiare la vita per salvarla, per salvare l'onore (la dignità umana), per la fedeltà ai propri valori; intesa come assertività, coraggio, fortezza. La crisi della virilità è per l'uomo una crisi d'identità: egli non sa più chi è, come è, come dovrebbe essere e come lo vogliono gli altri. Ci prova, ad accontentare tutti, ma non funziona: sembra che nessuno sia contento di lui. È una crisi inedita nella storia dell'umanità. Non è mai accaduto che così tante persone restassero senza risposta davanti agli interrogativi: "Chi sono? Qual è il mio ruolo? Qual è il mio posto nel mondo?".
Sono molte le coppie che chiedono supporto e consiglio in una fase delicata del loro rapporto: Roberto Marchesini, psicologo e psicoterapeuta, ha raccolto in questo libro i suoi suggerimenti. La parte del libro più ampia e davvero imprescindibile è quella in cui si analizzano - in modo divertente e lieve - i più frequenti errori, i meccanismi sbagliati in cui incorrono le coppie, che hanno ciascuna il proprio gioco, ma che spesso possono riproporre schemi ricorrenti. Si analizzano, e si offrono soluzioni, o almeno se ne prospettano molte possibili. Il contributo di questo libro è lo smascheramento dei meccanismi culturali che hanno portato la famiglia alla crisi attuale. Una lettura della storia della cultura e del pensiero comune davvero ricchissima di elementi, una miniera di frecce da tener pronte da scoccare col nostro arco quando ci si trova a confrontarsi con chi la pensa diversamente (pressoché tutti) sul tema della famiglia. E anche uno strumento per non farci manipolare da chi tiene le redini dell'informazione e della cultura intesa in senso lato (compresi cinema, musica, giornali e via sproloquiando sul tema dell'amore).
Quando uno psicologo, seppure "sui generis" come Roberto Marchesini, scrive un libro che parla di birra, vino e spiriti, i casi sono due: o è impazzito e ha deciso di cambiare mestiere e darsi all'alcol; oppure si tratta di una metafora. Per fortuna, vale il secondo caso. La metafora in questione è la stessa che dà il titolo al libro: la vita è un bicchiere. In realtà, utilizzando queste comuni ma straordinarie bevande, Marchesini parla del senso della vita e del lavoro, dell'importanza delle relazioni, di come mantenere la propria esistenza in equilibrio in mezzo alle mille e più difficoltà che quotidianamente incontriamo. L'invito alla lettura è di don Pietro Cesena, parroco di Borgotrebbia, recentemente balzato agli «onori» delle cronache per la sua predica del Natale 2020. Ecco le sue parole: «Vi invito oggi a mangiare bene, a mangiare tutto. A bere con abbondanza. Ma non la Coca-Cola! Vino buono, perché il vino è segno della vita eterna! In paradiso, fratelli miei, gli astemi non potranno entrare... perché si beve il vino!». Un giornalista presente alla Messa ha registrato un video della predica e lo ha lanciato sui social rendendola un caso mediatico. Le parole di don Pietro, manco fossero quelle del papa, hanno fatto il giro del mondo, sono state tradotte in altre lingue. Dando alle stampe questo lavoro coltiviamo la speranza che le parole di don Pietro, unite a quelle di Marchesini, inducano le persone che quotidianamente portano alla bocca un buon bicchiere, a riflettere sulle questioni più importanti della vita.
Ansia, panico, paura di non farcela, palpitazioni, attacchi di panico. Chi non ne ha mai fatto esperienza, diretta o indiretta? Le fatiche della psiche sembrano diffondersi a macchia d'olio, ancor più dopo le restrizioni da pandemia, e anche fra i più giovani, nonostante si moltiplichino anche i rimedi per vincerle. Come mai? Forse per affrontarle non serve "liberarsi dello stress", o "dare libero sfogo alle nostre emozioni" o ancora "comportarci come ci sentiamo", forse la soluzione non è nella mindfulness, nel guru indiano o nello yoga. Marchesini ci propone di lasciarci guidare nientepopodimeno che da san Tommaso d'Aquino. Questo libro è un viaggio, una mappa per orientarci tra passioni e nevrosi, un manuale per poter tenere salde le redini della biga e camminare verso compimento della nostra vita. Affrontando gli ostacoli che ci sembrano insormontabili. Prefazione di Vincent Nagle.
La domanda sorge spontanea: c'era proprio bisogno di un altro libro sul Sessantotto? Non è forse già stato detto, scritto e pensato tutto, su quel fenomeno sociale e politico? Cos'altro si può dire, in proposito? A ben guardare, i discorsi sul Sessantotto, sono di due tipi: celebrativo, da parte di protagonisti o loro ammiratori; deprecatorio, da parte di chi ritiene che sia stato un fenomeno deleterio. In nessun caso ci si interroga su un'eventuale intenzionalità: si dà per scontato che sia stato un fenomeno spontaneo, originato e sviluppato meccanicamente. È un fenomeno comune, nel mondo moderno, l'assenza di un fine: sembra che tutto accada per «caso e necessità», come sosteneva il premio Nobel Jacques Monod. Non ci sono agenti, non ci sono fini, non ci sono intenzioni. Roberto Marchesini osserva il Sessantotto togliendosi questi occhiali moderni e infilandosi, invece, quelli più classici (del resto, è nota la sua appartenenza alla scuola aristotelico-tomista): tutto avviene per uno scopo. Qual è, dunque, lo scopo del Sessantotto? Di chi era lo scopo? Cui prodest, chi ci ha guadagnato? Ecco, dunque, un libro sui generis sul Sessantotto: uno sguardo nuovo eppure antico su quel fenomeno che, per molti versi, è ancora misterioso. «Dopo aver letto questo libro risulterà più facile capire cosa sia stato quel multiforme slittamento di paradigma o trasformazione che è stato il Sessantotto. Non una rivoluzione per la giustizia, se non nelle impressioni di chi la visse; non la vittoria del nuovo sul vecchio per stabilire più equità - se non in certi casi - ma il momento in cui emerse, così visibile, attraverso movimenti di piazza e organizzazioni giovanili spontanei, semispontanei e anche non spontanei, il lavorio corrosivo che era stato condotto nei decenni precedenti nell'ambito della cultura, della società, delle credenze e delle idee» (Mario Iannaccone).
Con «Quello che gli uomini non dicono. La crisi della virilità», lo psicologo Roberto Marchesini ci ha parlato della mancanza di senso della vita dell'uomo d'oggi. Tuttavia, dopo la presa di coscienza del problema, occorre individuare una soluzione. Qual è l'alternativa all'uomo in crisi proposta dalla società moderna? L'uomo edonista, materialista, superficiale. Un uomo che si accontenta dei simboli esteriori della vera forza: quella interiore, quella che la Chiesa chiama «fortezza». Ma l'uomo del terzo millennio non è costretto a scegliere tra l'uomo in crisi e il selvaggio con il telefonino, tra doverismo ed edonismo. C'è una terza possibilità: la via del cavaliere. È un modello affascinante che, tuttavia, richiede disciplina interiore e perseveranza. Richiede, in poche parole, un codice. Un codice non imposto dalla società, ma scelto liberamente. Perché, come scriveva Goethe, «Vivere secondo il proprio gusto è da plebeo; l'animo nobile aspira a un ordine e a una legge». Per tutti gli uomini che aspirano a un ordine e a una legge, Roberto Marchesini propone, in una nuova edizione completamente rivista, il suo «Codice cavalleresco per l'uomo del terzo millennio». Per pochi fortunati, per un manipolo di fratelli. «Il Codice cavalleresco per l'uomo del terzo millennio si presenta come una mappa per l'uomo contemporaneo per riscoprire se stesso e la grandezza del suo essere maschile attraverso l'arduo cammino delle virtù (da vir, uomo) che contraddistinguono il cavaliere, figura appropriatamente presa dall'autore a modello dell'uomo di ogni tempo. Già, perché, checché ne dica il relativismo storicista, non tutto scorre (facile ricordare il famoso «panta rei» eraclitiano): la natura dell'essere umano resta immutata e immutabile attraverso i tempi. Dunque, non è anacronistico prendere una figura, in questo caso il cavaliere, come riferimento virtuoso per l'uomo di oggi che ha smarrito se stesso sballottato tra modelli effeminati o machisti, non certo virili. Voi uomini sapete e potete compiere straordinarie imprese, a cominciare da quelle della quotidianità» (dalla Prefazione di Giorgia Brambilla).
Cos'è il liberalismo? Difesa della libertà personale, della libertà privata, anti-statalismo, concorrenza, bene comune, tolleranza, sussidiarietà? Niente di tutto questo. Il liberalismo è una ribellione nei confronti della legge naturale, in particolare delle sue declinazioni morali e religiose. Durante la Guerra Fredda l'ideologia liberale e il cattolicesimo hanno avviato un processo di avvicinamento in funzione anti-sovietica. Ora, a trent'anni dalla caduta del muro di Berlino, questa alleanza ha ancora senso? Cattolicesimo e liberalismo sono compatibili? È possibile essere contemporaneamente cattolici e liberali? Quali sono i punti di contatto, e quali le differenze tra queste due filosofie? L'ideologia che ha vinto il confronto con il comunismo e che, dopo la caduta della «cortina di ferro» sembrava destinata a governare il mondo, pare aver perso gran parte del suo fascino. Liberato da quello che sembrava essere il suo antagonista, il comunismo marxista, il liberalismo ha mostrato ai popoli un volto meno amichevole e invitante, sempre più simile a quello dell'antico avversario. Quale, quindi, può essere il giudizio della Chiesa sul liberalismo e sulla sua versione economica, il liberismo? Che rapporto può intercorrere tra i cattolici e il liberalismo? La risposta è nella definizione di liberalismo che lo psicologo Roberto Marchesini fornisce con questo suo lavoro approfondito e documentato, tuttavia semplice e accessibile a chiunque. Una Introduzione di Stefano Fontana, direttore dell'Osservatorio Internazionale Cardinale van Thuân, impreziosisce il volume.
La psicologia gode ancora, presso l'opinione pubblica, di un certo prestigio; nonostante gli psicologi sembra facciano di tutto per eroderlo giorno per giorno. L'onda montante di sfiducia che travolge ogni istituzione (da quelle religiose a quelle politiche) sembra risparmiare gli psicologi, questi moderni «guru», e le loro teorizzazioni; entrambi apparentemente immuni da critiche e obiezioni. Gli autori delle varie teorie psicologiche, dalla più accettata a quella più strampalata, sembrano rivestiti di una certa aura di saggezza, bontà, profondità. Sembrano angeli dediti a salvare il mondo, privi di interessi, ideologia, vizi e peccati. La realtà, come al solito, è ben diversa. Lo psicologo Roberto Marchesini ripercorre le vie della psicologia mettendo in evidenza i nessi profondi tra le varie teorie psicologiche moderne e contemporanee e le correnti filosofiche alle quali esse fanno riferimento. Ne emerge un panorama nuovo, forse inedito; molto meno idilliaco ed etereo di quanto si possa pensare. Il risultato è una vera e propria «controstoria», disincantata e irriverente, della psicologia.
Cosa sanno, gli italiani, della Polonia? Ciò che raccontano i media, oltre a una specie di leggenda agiografica sulla caduta del comunismo e un buon numero di stereotipi. Del resto, la lingua polacca è un muro tanto impenetrabile quanto lo era la «cortina di ferro». Roberto Marchesini, profondo conoscitore di quel paese, ci guida alla sua scoperta attraverso una serie di articoli (pubblicati o inediti) che descrivono la Polonia a trecentosessanta gradi. Con un’interpretazione tanto originale quanto documentata sulla caduta del regime socialista che, nel trentesimo anniversario dell’evento, potrà dargli una luce nuova. A corredo del volume il lettore troverà una breve guida, utile per affrontare un viaggio alla scoperta di quel meraviglioso paese.
Cos'hanno a che fare l'arte con la Montagna del sale di Mimmo Paladino, le Superfici magnetiche di Boriani, le tele squarciate di Fontana, le sfere bronzee di Pomodoro, i suoni di Stockhausen? Quante volte siamo rimasti basiti di fronte a "opere d'arte" vergognandoci di pensare "Questo l'avrei fatto anche io"? Come si è arrivati, da Caravaggio, Bach, Bernini all'orinatoio di Duchamp? Cosa ha provocato il decadimento della bellezza? Cos'ha a che fare il processo rivoluzionario con l'arte? Roberto Marchesini ci accompagna in un viaggio appassionante e sorprendente attraverso l'arte moderna e contemporanea, alla ricerca di quel significato nascosto che essa porta senza renderlo esplicito. Con un linguaggio semplice e chiaro (lontano da quello solitamente utilizzato nei libri dedicati all'arte) l'autore ci accompagna alla scoperta della Rivoluzione nell'arte: una sfida alla bellezza del creato.
"Il merito di Roberto Marchesini è di mostrare come la conoscenza dell'antropologia tomista aiuti il professionista a comprendere più chiaramente ciò che incontra e ad individuare una modalità d'intervento pratico che sia conforme alla ragione e alla Rivelazione. La trilogia di Marchesini sul rapporto tra psicologia e cattolicesimo, iniziata con 'Psicologia e cattolicesimo' e proseguita con 'La psicologia e san Tommaso d'Aquino' giunge ora a compimento con il presente scritto. Egli prosegue l'opera di numerosi autori ignorati dalla psicologia ufficiale che hanno tentato di comprendere il disagio, la sofferenza, il disturbo psichico con i principi della filosofia tomista. Benché i passi mancanti siano molti di più di quelli fatti, l'approccio tomista ha il merito di fare chiarezza su numerosi punti oscuri che il riduzionismo delle psicologie e la varietà quasi antinomica della selva delle psicoterapie impediscono di chiarire." (Dalla Presentazione di Stefano Parenti)