La tesi che questa nuova biografia sposa, ciò che la rende originale e di grande spessore storico, è il rifiuto di un certo approccio psicologizzante 'emotivo' e sensazionalista che ha caratterizzato la critica recente. L'autore ci accompagna lungo l'evoluzione dell'uomo, nel rapporto con i suoi pari e i suoi rivali, quelli che hanno condiviso con lui le stesse esperienze: un'infanzia difficile, un'adolescenza dedita allo studio, la precoce scalata sociale, mondana e letteraria. Attraverso le molteplici e successive prese di posizione politica, anche quelle considerate minoritarie, emerge l'antagonismo con i vari Danton, Marat, Sant-Just, in una perenne altalena che gli impedisce di esercitare una qualsiasi magistratura suprema. Quando infine sembra riuscire ad accedervi, viene giudicato e condannato come criminale dai suoi colleghi, il 9 Termidoro 1794. Come sappiamo, nessuna strada di Parigi porta il nome di Robespierre, passato alla storia come l'archetipo del mostro. Senza assolverlo né condannarlo Jean-Clément Martin spiega che tale reputazione fu costruita ad arte dai termidoriani, che dopo averlo sconfitto si vollero affrancare dal loro ruolo nella violenza di Stato. Il 10 e l'11 Termidoro che videro l'esecuzione di Robespierre, Couthon, Saint-Just e circa altri 100 personaggi, servono in realtà a denunciare l'"incorruttibile" come il solo responsabile del Terrore. Questa accusa ha riscritto la storia della rivoluzione ed è ancora la versione dei fatti più accreditata. L'autore smonta uno ad uno - dal punto di vista storico - i miti e la leggenda che circondano il personaggio, per ritrovare l'uomo. Una ricostruzione senza faglie, un libro che restituisce a Robespierre l'immagine dell'eminente uomo politico.
Chi sono quegli invasori che le fonti chiamano talvolta normanni talvolta franchi e che, attirati dalle bellezze e dalle ricchezze del nostro Paese, con la loro irruzione hanno segnato profondamente il destino del Mezzogiorno d'Italia, dagli Abruzzi fino alla Calabria e alla Sicilia? Definiti dai cronisti del tempo "avidi di rapina, smodati e invadenti", questi avventurieri tuttavia si rivelano culturalmente raffinati, costruiscono nella loro nuova patria eleganti castelli e cattedrali, e danno vita a un ordinato organismo politico, militare ed economico. Fra le pagine impariamo a conoscerne l'organizzazione statale, ma anche la vita di ogni giorno, fra ricche corti abitate da baroni e cavalieri amanti della caccia e della guerra - ma anche da intellettuali provenienti dal lontano Oriente - e contadini e artigiani italiani, bizantini, arabi. Ne risulta così un mosaico etnico senza pari, un sorprendente intreccio di popoli, lingue e tradizioni diversi, e un modello di integrazione culturale avanzatissimo, che ha contribuito a donare all'Italia meridionale quell'eterogeneità, quella vivacità e quella ricchezza che la rendono ancora oggi una realtà unica.
Gli autori, i libri e la loro circolazione, i divieti, i successi e gli insuccessi, le innovazioni tecniche e quelle stilistiche e grafiche, la nascita di generi letterari e il succedersi delle mode culturali: con penna felice e avvincente Henri-Jean Martin ripercorre la storia della scrittura spaziando dalle sue origini a tutto il secolo scorso. Il volume passa in rassegna le cause storiche che hanno a lungo favorito la trasmissione orale a quella scritta, relegata al lavoro dei copisti fino al 1500, quando in Germania si apre la stagione della stampa tipografica. È l'inizio della grande fortuna del libro, che in Europa si diffonde a macchia d'olio di pari passo con il forte incremento nel numero di autori, editori e lettori. Il XIX secolo, grazie alla rivoluzione industriale, è il secolo della stampa quotidiana, periodica e della pubblicità ai suoi albori. Il XX invece assiste a un ulteriore trionfo della scrittura e della stampa, ma anche all'incrinarsi del suo potere assoluto, con la rivoluzione informatica che trasforma radicalmente il nostro modo di concepire e rapportarci alla scrittura e alla comunicazione.