Scritta nel 1891, pochi mesi prima della morte del suo autore e pubblicata postuma, "Billy Budd" è una storia di mare ambientata su una nave da guerra inglese alla fine del Settecento. William Budd, mozzo ventenne, ingiustamente accusato dal maestro d'armi Claggart, viene impiccato, ma rimarrà nella memoria degli altri marinai con la vivida forza dei martiri. Come sempre in Melville, la narrazione si spinge molto al di là dei semplici fatti, e la vicenda, potente e assoluta, si configura come simbolica rappresentazione di una condizione esistenziale in cui il bene e il male, il giusto e l'ingiusto hanno la stessa forza di realtà: la verità del racconto, che è anche quella della vita, accarezza la purezza della vittima innocente, l'austero rigore del capitano De Vere (che condanna Billy pur riconoscendolo senza colpa), ma anche la criminosa follia del mefistofelico Claggart. L'ampia introduzione di Claudio Gorlier chiarisce contenuti e simboli di questo racconto straordinariamente "moderno", e la magistrale traduzione di Eugenio Montale restituisce intatta a questo capolavoro la sua perfezione poetica.
Pubblicato nel 1853, è tra i racconti più significativi dell’epoca moderna, considerato un precursore della letteratura esistenzialista e dell’assurdo. Lo scrivano, impiegato in un ufficio di Wall Street, senza un motivo apparente o dichiarato comincia a rifiutarsi di eseguire gli ordini impartiti. Rivendica l’ozio e il silenzio contro tutte le pressioni dell’utilitarismo americano, attraverso un’operosità silenziosa prima e poi un’inflessibilità totale nel sottomettersi agli ordini del padrone. La celebre frase “Preferirei di no” è diventata un motto della resistenza passiva. In questa raccolta Bartleby è accompagnato da una selezione di quattro storie tra le quali Il tavolo di melo, l’ultimo racconto di Herman Melville.
Un uomo e un mostruoso cetaceo si fronteggiano: è il conflitto più aspro, accanito e solitario mai immaginato, è la storia di ogni anima che si spinga a guardare oltre l'abisso. Moby Dick è un gigantesco capodoglio, candida fonte di orrore e meraviglia; Achab è un capitano che, ossessionato da follia vendicatrice, lo insegue fino all'ultimo respiro; Ismaele, un marinaio dall'oscuro passato imbarcato sulla baleniera Pequod, è il narratore e, forse, l'eroe della tragedia. Sullo sfondo, il ribollire sordo e terribile dell'oceano, il vociare cosmopolita dell'equipaggio, le descrizioni anatomiche delle balene e i puntuali resoconti di caccia. Così, pagina dopo pagina, i personaggi del dramma diventano i protagonisti di una nuova epica, con il fascino ambiguo e controverso di un destino contemporaneo. Con un saggio di Harold Bloom.
"Moby-Dick" (1851) di Melville venne pubblicato in Inghilterra e negli Stati Uniti in due versioni notevolmente diverse. Tra revisioni editoriali e autoriali, le varianti superano complessivamente il migliaio. Non solo. La versione inglese, a causa dei tagli censori, conta circa duemila parole in meno rispetto a quella americana. Ciò nonostante, si è sempre voluto presentare Moby-Dick come un testo unitario, fondendo indebitamente i testi delle due versioni. Questa nuova traduzione, basata sulla recente e per molti versi rivoluzionaria edizione Longman (2007), offre al lettore italiano una versione restaurata del capolavoro melvilliano, distinguendo il testo americano da quello inglese. L'amplissimo apparato di note, oltre a illustrare in modo dettagliato le differenze più significative fra le due versioni, chiarisce in modo esauriente tutta la gamma di allusioni storiche, riferimenti geografici, citazioni bibliche, termini nautici, dissertazioni scientifiche e virtuosismi linguistici che hanno finora ostacolato una piena fruizione del romanzo.
"Moby Dick", pubblicato nel 1851, è considerato il capolavoro di Melville e uno dei più noti libri della letteratura americana e mondiale. Vi narra in prima persona la sua avventura Ismaele, che si imbarca come marinaio assieme a un ramponiere indiano sulla baleniera Pequod. Il capitano della nave, Achab, un personaggio cupo che incute rispetto e timore nei suoi uomini, ha perso una gamba per colpa della balena bianca Moby Dick e ora vuole vendicarsene, a qualunque costo. Inizia così una lunga caccia. La snervante attesa dell'incontro con il cetaceo che sfugge al capitano offrirà al narratore l'occasione di meditazioni scientifiche, religiose, filosofiche e artistiche, all'interno della struttura del romanzo d'avventura per mare. Intanto l'immenso oceano, con i suoi mostri e le sue profondità, si erge in tutta la propria potenza e imperscrutabilità dinanzi all'uomo, che gli può contrapporre solo una fragile esistenza, oscillante tra il bene e il male. Fino a che sopraggiunge la catastrofe finale, fatalmente presentita, quando Moby Dick distruggerà la baleniera e tutto l'equipaggio trascinando con sé Achab e il suo arpione. Solo Ismaele si salverà e potrà così raccontare la loro folle, ambiziosa quanto disperata, impresa.
"Moby-Dick" (1851) di Melville venne pubblicato in Inghilterra e negli Stati Uniti in due versioni notevolmente diverse. Tra revisioni editoriali e autoriali, le varianti superano complessivamente il migliaio. Non solo. La versione inglese, a causa dei tagli censori, conta circa duemila parole in meno rispetto a quella americana. Ciò nonostante, si è sempre voluto presentare Moby-Dick come un testo unitario, fondendo indebitamente i testi delle due versioni. Questa nuova traduzione, basata sulla recente e per molti versi rivoluzionaria edizione Longman (2007), offre al lettore italiano una versione restaurata del capolavoro melvilliano, distinguendo il testo americano da quello inglese. L'amplissimo apparato di note, oltre a illustrare in modo dettagliato le differenze più significative fra le due versioni, chiarisce in modo esauriente tutta la gamma di allusioni storiche, riferimenti geografici, citazioni bibliche, termini nautici, dissertazioni scientifiche e virtuosismi linguistici che hanno finora ostacolato una piena fruizione del romanzo.
In questi racconti - che si dicono 'doppi' in quanto ciascuno di essi ha una parte prima e una parte seconda, in qualche modo dipendente dalla precedente e tuttavia da essa distante nel luogo e nel tempo - la matrice autobiografica è ben evidente, e prende spunto da un viaggio dello scrittore a Londra nel 1849. Scritti per i periodici "Putnam's" e "Harper's", i racconti sono stati composti tra il 1853 e il 1855.
Un libro misterioso, ricco di simboli, affascinante, terribile, spietato. Che cosa rappresenta la storia della folle caccia alla balena bianca Moby Dick?
Scritta nel 1891, pochi mesi prima della morte del suo autore e pubblicata postuma, "Billy Budd" è una storia di mare ambientata su una nave da guerra inglese alla fine del Settecento. William Budd, mozzo ventenne, ingiustamente accusato dal maestro d'armi Claggart, viene impiccato, ma rimarrà nella memoria degli altri marinai con la vivida forza dei martiri. Come sempre in Melville, la narrazione si spinge molto al di là dei semplici fatti, e la vicenda, potente e assoluta, si configura come simbolica rappresentazione di una condizione esistenziale in cui il bene e il male, il giusto e l'ingiusto hanno la stessa forza di realtà: la verità del racconto, che è anche quella della vita, accarezza la purezza della vittima innocente, l'austero rigore del capitano De Vere (che condanna Billy pur riconoscendolo senza colpa), ma anche la criminosa follia del mefistofelico Claggart. L'ampia introduzione di Claudio Gorlier chiarisce contenuti e simboli di questo racconto straordinariamente "moderno", e la magistrale traduzione di Eugenio Montale restituisce intatta a questo capolavoro la sua perfezione poetica.
"Il primo capitolo di Moby Dick comincia con una dichiarazione non umana, ma angelica. Call me Ishmael: chiamatemi Ismaele, non già mi chiamo Ismaele. Non ha importanza il nome del protagonista narratore, ma ciò che egli simboleggia. Ismaele è l'uomo che si sa dotato di una superiorità non riconosciuta dal mondo: il primogenito di Abramo è un bastardo cacciato nel deserto, fra altri reietti; là impara a sopravvivere a questa morte, in perfetta solitudine, indurito contro le avversità." (Elémire Zolla) Questa edizione presenta la traduzione di Cesare Pavese.