Con "Speranze e destini" concludiamo la pubblicazione dell'intero corpus dei racconti di Irene Némirovsky. Questo quarto volume - dopo "Siamo stati felici", "Giorno d'estate" e "Sortilegio" - raccoglie dieci bellissimi racconti apparsi tra il 1937 e il 1940: anni particolarmente fertili per la grande scrittrice, che in quello stesso arco di tempo pubblica alcuni dei suoi principali romanzi, da "La preda" a "I cani e i lupi". Tra questi racconti ce n'è uno in particolare al quale Irene Némirovsky era molto affezionata: "Aino", splendida narrazione incentrata sugli anni dell'esilio finlandese della scrittrice. Del resto, una delle chiavi per entrare in tutti questi racconti è proprio quella autobiografica: così in "Fraternità", così in "Nascita e rivoluzione" e in "Magia", solo per citarne alcuni. Ma come sempre nelle opere di Irene Némirovsky, il ricordo autobiografico si apre all'immaginazione, un po' come avviene per i suoi personaggi, spesso adolescenti che invadono la realtà con i propri sogni, le proprie attese, le proprie fantasie. Si è parlato, a proposito di Irene Némirovsky, di una scrittura quasi romantica, intrisa di forti sentimenti; si può forse non obiettare troppo a questa osservazione, ma solo se la si integra con la straordinaria capacità della scrittrice di riprodurre la realtà, fisica e psicologica, nella quale si muovono i personaggi.
Dopo le raccolte "Siamo stati felici" e "Giorno d'estate" pubblicate in questa stessa collana, la Passigli Editori prosegue l'edizione integrale dei racconti della grande scrittrice francese di origine ucraina Irene Némirovsky. Questo terzo volume comprende nove racconti, tutti degli anni dal 1940 al 1942 con l'eccezione del primo, "Eco", che è del 1934, ma che a quelli si ricollega per una tematica fortemente improntata agli anni dell'infanzia e dell'adolescenza. Infatti, forse proprio il dilagare della Seconda guerra mondiale, con la nuova realtà tragica e brutale con cui le persone si trovano costrette a fare i conti, spinge la scrittrice ad una profonda rivisitazione del passato; non si tratta però di un consolatorio rifugio nel mito dell'infanzia, ma di una riflessione, in parte autobiografica e in parte fantastica, intorno ad un'età che non si lascia mai del tutto alle spalle e che spesso determina - anche negativamente, nella difficoltà dei rapporti tra genitori e figli, nelle aspettative deluse, nelle 'colpe' dei padri che i figli si trovano in qualche modo a dover espiare - l'ulteriore svolgimento della vita. Ma, come sempre nella narrativa di Irene Némirovsky, altri temi si intrecciano a questi: illusioni e delusioni d'amore, magie e sortilegi della memoria. E soprattutto, ancora una volta, questi racconti ci offrono una ricca, umanissima serie di indimenticabili personaggi maschili e femminili alle prese con i momenti cruciali delle loro esistenze...
Nell'ambito dell'opera di Irene Némirovsky, i cui romanzi sono stati pubblicati principalmente da Adelphi, la Passigli Editori ha in programma l'edizione integrale dei racconti, che costituiscono una dimensione particolarmente felice della sua narrativa. Dopo la raccolta "Siamo stati felici", pubblicata in questa stessa collana, vengono dunque qui riuniti con il titolo "Giorno d'estate" alcuni altri racconti inediti o poco noti, a testimoniare ancora una volta la grande capacità di Irene Némirovsky di penetrare nelle pieghe più riposte dell'animo umano. E se "Giorno d'estate", "Domenica" e "Natività" si presentano come tre delicati studi sulle diverse età della vita, con "L'inizio e la fine" e con "Vincoli di sangue" vediamo nuovamente prorompere la passione fino al sacrificio più estremo, che sia l'assassinio dell'amata o sia la devastazione della propria stessa vita, immolata sull'altare di un amore impossibile. Cinque racconti di straordinaria intensità, che per lucidità di analisi psicologica già rivelano la scrittrice che di lì a breve avrebbe pubblicato i suoi grandi romanzi - da "Due" a "I doni della vita", da "I cani e i lupi" a "I fuochi dell'autunno" - fino alla riscoperta del suo capolavoro scampato alla deportazione ad Auschwitz, quella "Suite francese" che è stata uno dei maggiori successi internazionali di questi ultimi anni.
Con il titolo Siamo stati felici sono qui riuniti nove racconti, tutti incentrati su figure femminili, pubblicati dalla grande scrittrice – francese d’adozione – Irène Némirovsky, nata a Kiev nel 1903 e tragicamente scomparsa ad Auschwitz, dove era stata deportata, nel 1942.
Per la prima volta tradotti in italiano, questi racconti erano usciti su diverse riviste, negli anni tra il 1933 e il 1942, e dunque vanno a intersecarsi con la pubblicazione di grandi opere come L’affare Kutilov (1930), Il vino della solitudine (1935), Jezabel (1936), I cani e i lupi (1940), che avevano consacrato la scrittrice ebrea di origine ucraina come una delle maggiori narratrici di lingua francese della sua epoca. In tutti questi racconti, splendidi sono i ritratti delle donne protagoniste, che riflettono sugli episodi più intensi, a volte più drammatici, della propria esistenza; sempre legati a un amore incontrato e vissuto, oppure incontrato e perduto, che è stata la chiave di volta del loro destino. L’amore come passione, certo, ma con tutti i suoi ingredienti più contrastanti e antitetici: la gioia incontenibile, il piacere devastante, la sudditanza psicologica, la sofferenza estrema… E quasi sempre la felicità è al passato, nel ricordo, a volte enigmatico, a volte remoto, ma sempre ben presente, di un tempo in cui tutti noi ‘siamo stati felici’, per quel «sapore che soltanto l’amore può dare alla vita, un sapore di frutto, appetitoso, succulento, quasi aspro, un sapore di labbra giovani».