La guerra e l'assedio di Troia, i sanguinosi duelli tra Achei e Troiani, le virtù guerriere di Achille, le peripezie del viaggio per mare e l'astuzia di Ulisse, il "ritorno" in patria: tutto il repertorio dell'epica greca e la stessa leggendaria figura di Omero fanno dell'Iliade e dell'Odissea due insuperabili modelli di poesia. Nel grandioso laboratorio della "fantasia" degli antichi rivivono per arricchire la nostra fantasia esseri divini più umani degli uomini che proteggono o avversano, secondo i loro volubili umori; l'amicizia tra Achille e Patroclo; l'amore coniugale impersonato da Penelope e Andromaca; l'amore magico e sensuale di Calipso e Circe, quello adolescenziale di Nausicaa. Le "alate parole" dei poemi omerici esercitano tuttora il loro fascino e continuano a ispirare - per la forza impareggiabile della narrazione e per la varietà e umanità dei personaggi - tantissime versioni cinematografiche e televisive. I due capolavori, che sono all'origine della letteratura europea, vengono qui riuniti in una traduzione isometrica, scorrevole ed elegante, con un ricco corredo di note. Introduzione di Antonio Aloni.
"Era un grand'uomo, straordinario giramondo: espugnata la sacra rocca di Troia, era andato pellegrino, ramingo, correndo palmo a palmo il mare: scoprì città, conobbe l'indole di genti e nazioni. Ora, o Musica dea, ora ispirami su costui...". Tenutasi il 22 e il 23 gennaio 2005 nelle sale della storica galleria d'arte L'Attico di Roma, questa performance teatrale di lettura dell'Odissea ha visto impegnati ben ventuno attori in un clima di grande partecipazione emotiva, come testimonia questa registrazione dal vivo. L'avvincente lettura dei canti omerici, curata da Elsa Agalbato e Fabio Sargentini, ha dunque percorso un arco di quarant'otto ore, ridando vita alla traduzione di Emilio Villa.
Dalla fuga dall’isola incantata di Calipso fino al commovente arrivo a Itaca e alla sanguinosa strage dei Proci, la vicenda narrata nell’Odissea si snoda in quarantuno giorni. E questo lungo viaggio, certo il più famoso della nostra letteratura, è divenuto per noi l’archetipo universale del viaggio di scoperta e di ritorno alle origini. Ulisse, l’eroe solitario “ricco d’astuzie”, affronta avventure incredibili, posti fantastici, mostri orribili, maghe incantatrici ed esseri sovrumani; dal gigante Polifemo alla tenebrosa discesa agli Inferi o all’inquietante accoglienza della maga Circe, ogni tappa del suo lungo vagare è diventata per tutti noi un simbolo indimenticabile. Vincenzo Di Benedetto, uno tra i più grandi studiosi di letteratura greca al mondo, è autore della traduzione, esemplare per aderenza al testo omerico e musicalità, e del ricchissimo commento, il primo che sia stato mai scritto dove si presti sistematica attenzione ai valori formali e al dispiegarsi dei moduli letterari nell’Odissea
La Grecia di Omero, nella traduzione di Vincenzo Monti, diventa un teatro di passioni forti, sentimenti intensi, avventure di eroi sottratti alla fissità del mito, protagonisti di una realtà sempre attuale. Risultato più alto dello "stile Impero" nella letteratura, l'"Iliade" del Monti si imprime nella memoria del lettore grazie al sapiente uso di una squisita strumentazione linguistica e a una ritmica che, verso dopo verso, trasporta in un mondo di imprese indimenticabili, episodi tragici, magnifici sortilegi. Nessun altro traduttore del poema ha saputo fondere, come il Monti, le istanze secolari della cultura classica con le esigenze della contemporaneità, arrivando a monopolizzare intorno a sé il dibattito culturale dei primi decenni del XIX secolo. Malgrado le accese polemiche (famosa quella animata da Ugo Foscolo), nessun'altra versione dell'Iliade è riuscita a lasciare un segno così importante nella memoria collettiva, proponendosi come un capolavoro di mediazione culturale.
Dall'ira di Achille ai funerali di Ettore: il primo e più famoso poema epico dell'umanità, che celebra eroi, battaglie, imprese valorose di un passato di smisurata e perduta grandezza. Ma non solo. L'Iliade è anche il poema dell'eterna contraddittorietà dell'uomo, il poema dell'inesorabilità del destino, il poema che più di tutti ha saputo legare la gloria alla morte, l'ira alla passione, l'immortalità alla fragilità umana.
Emilio Villa cominciò a tradurre l'Odissea nel 1942, ma solo dopo la fme della guerra ne apprestò una prima stesura, pubblicata nel 1964, a cui segui qualche anno più tardi una versione definitiva, ampiamente ritoccata e ripensata. Giudicata immediatamente "stravagante e spropositata" da accademici e universitari, la traduzione villiana mira con puntiglio a ridare luce ai legami profondi tra l'epica ellenica e le culture precedenti, in contrapposizione a quella che il critico chiamava "la baracca immensa dell'immenso commentario europeo", che ha fatto del poema un testo intoccabile e di Odisseo un modello "neoclassico anchilosato sul piedistallo dell'endecasillabo".
L'Odisseo di Omero è un guerriero che non ama le battaglie, un navigatore che non ama il mare. Il suo lungo viaggio di ritorno è un'avventura di dolore e di angoscia, la vera guerra è quella che combatte in patria, tra le mura della sua casa: per ricomporre gli affetti e restaurare il dominio, per poter vivere e invecchiare in prosperità e in pace. Il libro presenta una nuova edizione del grande poema omerico commentata e curata da Maria Grazia Ciani.