Dieci preziosi consigli, dieci imperdibili perle da custodire nello scrigno del tuo cuore, perché “là dove è il tuo tesoro là è il tuo cuore”.
"Per trovare Dio bisogna prima essersi 'persi'. È quando siamo smarriti, spogliati di certezze rassicuranti, che siamo pronti a guardarci dentro, a ritrovarci-. Così Massimo Orlandi sintetizza un ideale che, se è certamente cristiano, non smette di trovare eco in ogni coscienza, anche non credente. Le storie umane e cristiane sono, infatti, tutte percorsi unici e affascinanti, quando abbiano al centro la volontà di un cammino alla ricerca di senso e, insieme, la consapevolezza di una fragilità da ammettere e con la quale fare i conti. Proprio da una fragilità (anzi da molte) Romena è nata: la fragilità di un prete che si rimette in gioco, di giovani che scommettono su una strada scoscesa, di adulti che accettano la propria imperfezione e, nonostante questo, non temono cammini non scontati. Dal 1991, da allora, la Fraternità di Romena è un punto di incontro per chiunque cerchi uno spazio semplice e accogliente dove, nel pieno rispetto delle storie e delle differenze individuali, avere la possibilità di rientrare in contatto con sé stesso e, se vuole, con Dio. Il presente libro racconta, attraverso la voce appassionata di uno dei fondatori, la storia di questa straordinaria esperienza spirituale che si offre come un vero "porto di terra- per chiunque abbia occhi capaci di cercare il cielo.
Orlando Orlandi Posti, diciotto anni, trascorse gli ultimi due mesi della sua vita in una cella del carcere nazista di via Tasso a Roma. Era stato catturato dai tedeschi per aver salvato dei compagni da una retata. Scrive un diario in cui si rivolge alla madre e all'amata Marcella, sforzandosi di pensare al futuro, all'amore, ai progetti, alla licenza liceale. Sullo sfondo la violenza della vita in prigione, la durezza degli interrogatori e dei carcerieri, l'agghiacciante immobilità del tempo che non passa mai. Una testimonianza impressionante proprio per quello che non dice. All'apparenza un diario di un comune ragazzo, tra le righe nasconde il dolore di un uomo conscio del proprio destino. Fu fucilato il 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine.
La Chiesa è mediterranea per diritto di nascita! Il Mare è il mezzo attraverso il quale il cristianesimo ha valicato i confini etnici, linguistici, culturali. È grazie al Mediterraneo (come opportunità transculturale, come spazio di interculturazione) che è stato possibile concettualizzare e annunciare la portata universale della Resurrezione di Cristo! Le Chiese da cui è partita la spinta missionaria verso tutto il mondo, non possono più rinunciare al re-spiro mediterraneo che le unisce perché questo nostro mare è uno snodo fondamentale per la testimonianza cristiana (card. G. Bassetti)
Bari è “città dell’accoglienza e del dialogo”, come l’ha definita il 7 luglio 2018 papa Francesco proprio a Bari nell’incontro ecumenico di riflessione e preghiera per la pace in Medio Oriente con i capi e i patriarchi delle chiese orientali.
L’Exultet di Bari è il prodotto di una chiesa viva, di una chiesa credente, di una chiesa colta, e anche di una città florida di scambi e di commerci, che mette insieme, fondata sulla fede nel Risorto, culture e forme artistiche diverse, ma in una sintesi originalissima di fede e di vita. È il prodotto di una città ecumenica e multietnica, capace di vivere di risurrezione, di cercare l’unità, di aspirare alla pace. (G. Micunco)
Gli europei è un viaggio che accompagna il lettore nelle capitali del Vecchio continente, passando dal chiacchiericcio dei teatri londinesi alla boria dei caffè parigini, dagli affollati salotti tedeschi alla scaltrezza degli impresari teatrali milanesi.
«Figes trova una chiave originale per illuminare il farsi della cultura europea: il formarsi del canone del melodramma come tratto comune, il rimescolamento e l’integrazione del gusto musicale e di quello artistico, la nascita dell’editoria di massa, il formarsi del culto e dell’amore comune per i musicisti e gli scrittori» – Robinson
Alla metà del XIX secolo, quando la rete ferroviaria attraversò per la prima volta i confini nazionali dei singoli paesi, lo scenario culturale europeo cambiò radicalmente. Grazie all'avvento del treno, artisti, scrittori e filosofi di tutta Europa entrarono in contatto, alimentando una circolazione del sapere fino a quel momento impensabile. La rivoluzione tecnologica e il fermento capitalistico investirono anche il mondo intellettuale, portando alla crescita del mercato editoriale, alle esposizioni universali, al successo della lirica e dell'arte, alla moda dei soggiorni all'estero, e avverando così il cosmopolitismo tanto anelato dagli illuministi. In breve tempo in tutta Europa si cominciarono a leggere gli stessi libri, riprodurre gli stessi dipinti, suonare la stessa musica e ascoltare gli stessi concerti. Basandosi su lettere e diari di collezioni archivistiche in parte inesplorate, lo storico inglese Orlando Figes racconta la genesi della «cultura europea» servendosi del triangolo amoroso che coinvolse il romanziere Ivan Turgenev, l'autore russo più famoso prima dell'avvento di Tolstoj, la mezzosoprano Pauline Viardot, conosciuta fin negli Stati Uniti, e il marito di lei, Louis, mecenate, traduttore e critico d'arte. Coltivando i rispettivi contatti, Turgenev e i Viardot svolsero un'importante intermediazione, incoraggiando scrittori, artisti e musicisti e aiutandoli a ottenere un successo internazionale. Nei salotti da loro frequentati, infatti, passarono musicisti come Chopin, Cajkovskij e Schumann, scrittori come Flaubert, Dickens, Eliot e Sand, nonché pittori come Courbet, Rousseau, Corot e Delacroix. Nel secolo dei nazionalismi che fomentarono lo scoppio della prima guerra mondiale, la diffusione di un patrimonio culturale comune permise a un numero crescente di europei di scoprire un'appartenenza condivisa alle idee e agli stili che distinsero l'Europa dal resto del mondo. Gli europei è un viaggio che accompagna il lettore nelle capitali del Vecchio continente, passando dal chiacchiericcio dei teatri londinesi alla boria dei caffè parigini, dagli affollati salotti tedeschi alla scaltrezza degli impresari teatrali milanesi. In un periodo in cui il sapere veniva sostenuto e sovvenzionato da regnanti e mecenati, le arti furono capaci di avvicinare i popoli molto più della religione o delle convinzioni politiche, rivelando che l'identità nazionale non è che il risultato di un dialogo costante con chi vive al di là dei propri confini.
È la storia di un'originale associazione di volontariato che porta calore, amicizia e creatività in centinaia di case di riposo, centri per disabili, ospedali. Ma è anche il racconto di come un gruppo di persone abbia affrontato nell'arco di 20 anni le difficoltà, le crisi che si trovano davanti a chiunque intraprenda un percorso di volontariato. Provando a risolverle. Nata nel cuore della Fraternità che si trova in Casentino (Ar), la Compagnia delle arti di Romena è una associazione di artisti sui generis formata da un gruppo di amici che sono stati negli anni capaci di abbattere ogni diversità.
"Libertà, libertà, quanti delitti si commettono nel tuo nome", esclamò Madame Roland, salendo sul palco ove sarebbe stata ghigliottinata. Consapevoli di tale possibile pervertimento, i francescani lungo i secoli hanno proposto sul tema una "rinnovata" prospettiva secondo cui Dio è suprema e assoluta libertà, nel senso che ha fatto "ciò" che ha voluto e "come" ha voluto, e ha chiamato all'esistenza l'uomo, rendendolo partecipe della sua stessa libertà. Egli lo ha creato in modo del tutto gratuito, poiché nessuno può avanzare un diritto "ad essere", e lo ha fatto per mostrare che è nella gratuità il segreto di un'esistenza autenticamente umana.
La libertà come dono, dunque, ma per andare dove? Da nessuna parte, perché è essa il punto di partenza e insieme il punto d'approdo di tutti i percorsi; e lo splendore dell'uomo in cammino, creativo e insieme oblativo, come Francesco d'Assisi. Un itinerario suggestivo da riprensare in compagnia di Bonaventura, di Duns Scoto e di Guglielmo d'Occam.
Orlando Todisco, frate minore conventuale, docente di filosofia francescana al Seraphicum di Roma, è autore di una serie di saggi sulla fecondità del "pensare francescano". Tra i più recenti, segnaliamo: Nella libertà la verita. Lettura francescana della filosofia occidentale (Messaggero 2O14); La solidarietà nella libertà. Motivi francescani per una nuova democrazia (Cittadella 2Ol5); Liberare la verità. Percorsi della Scuola Francescana (Cittadella 2016); Stare bene al mondo" L'arte di essere felici secondo san Bonaventura (Porziuncola 2018).
Le nozioni di bene e male sono indispensabili per vivere e, al tempo stesso, sempre insidiate da fraintendimenti e pregiudizi. Orlando Franceschelli - filosofo, impegnato da anni nella definizione di un'etica laica fondata sul radicamento dell'uomo nella natura - non si sottrae alla sfida di trovare risposta a una domanda radicale: in nome di quale bene e di quale male sarebbe auspicabile agire come singole persone e come gruppi sociali? In società come le nostre, investite da trasformazioni epocali, dal fanatismo terrorista, da nuove sfide poste dai dilemmi bioetici e dai progressi della ricerca scientifica, eludere questo interrogativo equivale a incamminarsi sul sentiero pericoloso dell'indifferenza e della deresponsabilizzazione. L'autore sceglie la via opposta a ogni disimpegno e chiarisce fin da subito la propria visione: l'identificazione del bene con la tensione verso la possibile felicità terrena - la propria e quella degli altri esseri senzienti umani e non umani - e del male morale con l'indifferenza egoistica verso la sofferenza. Una visione non condizionata da prospettive soprannaturali, in sintonia con una tradizione di pensiero che da Democrito arriva fino a Spinoza, Hume, Darwin, Leopardi, e si scontra con l'esaltazione della volontà di potenza proposta da Nietzsche. Nel ripercorrere il cammino dei grandi teorici del pensiero naturalista, Franceschelli mostra come dalla definizione di nozioni quali natura, male fisico o morale, bene individuale e beni comuni (inclusa la bellezza), felicità e sofferenza, si possa approdare a una concezione di bene e male condivisibile e compatibile con il rispetto del mondo naturale, sempre più minacciato, con la convivenza civile nelle società multiculturali e con i principi delle nostre Costituzioni liberali e solidali. La conclusione dell'autore è che la virtù della laicità - la sola che può garantire un dialogo alto tra credenti e non credenti - ci educa a praticare anche la più efficace solidarietà samaritana, ossia a soccorrere chi ne ha bisogno non solo per umana pietà, ma perché anch'egli aspira alla propria felicità e ha diritto a cercarla.
«Un mese prima, David guardò mia madre negli occhi e le disse: “Avevi ragione. Se scampo questa, lascio tutto e inizio a fare solo quello che mi dici tu”.» Ma la sera del 6 marzo 2013 David Rossi, influente responsabile dell’area comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, precipita dalla finestra del suo ufficio nella storica sede della banca, nel pieno dello scandalo che ne avrebbe segnato il declino. La sua morte viene archiviata come suicidio, anche se fin dall’inizio emergono aspetti inquietanti nella dinamica della caduta e nei suoi retroscena: contraddizioni, dettagli controversi, reticenze, imperdonabili leggerezze.
Se tu potessi vedermi ora è un memoir bruciante, scritto nel nome del padre, il gesto necessario di una figlia per dissipare le ombre di una vicenda che, se per molti è soltanto cronaca, per lei è la vita stessa, da quando, sedici anni prima, David vi è entrato come marito di sua madre. Una vita privata e poi, traumaticamente, pubblica, in cui tutte le certezze sono diventate domande.
Carolina, oggi venticinquenne, consegna una parte finora invisibile della storia di David Rossi, raccontandolo dall’interno, come padre, marito e uomo: colto, ironico, integro e taciturno, con le sue passioni e i fantasmi che lo circondavano nei giorni prima della fine. E lo fa con gli occhi asciutti di chi è già abituato a lottare e vuole conoscere la verità. I ricordi personali si mescolano alle indagini giudiziarie e l’amaro stupore si trasforma in forza e consapevolezza a mano a mano che inizia a occuparsi della vicenda in prima persona.
La disamina di ogni particolare fuori posto – le telefonate misteriose, i foglietti attraverso i quali David le parlava, gli abiti distrutti, il computer violato, i probabili «testimoni» ancora senza volto della sua agonia – si fonde con l’elaborazione impossibile di un lutto e il silenzio di una città intera, Siena, fino ad assumere i drammatici contorni del primo incontro di una giovane ragazza con la crudeltà e l’ingiustizia del mondo.
«Una sera, a tavola, ti ho chiesto come mi sarei dovuta muovere, un giorno, se avessi voluto scrivere un libro. E tu, con aria apparentemente disinteressata, mi hai detto: “Intanto per scrivere un libro bisogna aver qualcosa da raccontare”. Quella sera la presi come una mancanza di fiducia nei miei confronti. Oggi io racconto la più dura delle storie. La tua.»
Tutti desideriamo la felicità. Ma cosa intendiamo con questo termine? Quale lo stato d'animo che qualifichiamo "felice"? Per rispondere a domande così importanti, l'Autore si affida agli scritti di san Bonaventura da Bagnoregio, autorevole rappresentante della Scuola francescana del sec. XIII, per il quale «unicamente in Dio risiede la felicità originaria e vera».
Attraverso un'analisi rigorosa dei testi, l'Autore recupera un percorso di fede e di sapienza, di libertà e autenticità interiore, un vero e proprio itinerario per imparare a stare bene al mondo.
La rivoluzione russa è stata, per i suoi effetti, una delle vicende più sconvolgenti della storia mondiale: in una sola generazione dall'instaurazione del potere sovietico almeno un terzo dell'umanità viveva in regimi che l'avevano presa a modello. Il costo in vite umane degli eventi rivoluzionari del 1917 e degli anni immediatamente successivi fu immenso: milioni di morti per le bombe e le pallottole dei rivoluzionari e per la repressione diretta del regime, per il terrore rosso e i pogrom antiebraici, ancora di più per la fame, il freddo, le malattie. In questo libro, considerate l'opera più completa e attendibile sul periodo, per la prima volta si è racchiusa in un unico volume l'intera parabola rivoluzionaria: dal 1891, quando per la prima volta la carestia e la fame spinsero la popolazione a ribellarsi all'autocrazia zarista, fino al 1924, quando alla morte di Lenin si erano ormai instaurate e consolidate le istituzioni del regime sovietico. Orlando Figes descrive la rivoluzione come una tragedia, tanto per il popolo russo nel suo insieme quanto per i singoli individui, dimostrando che il fallimento della democrazia nel 1917 aveva le sue radici nella cultura e nella storia sociale della Russia e che quella che era nata come rivoluzione del popolo conteneva già i semi della futura degenerazione in violenza e dittatura.