Il volume affronta lo studio dello sviluppo sociale a partire da una prospettiva contestualista e costruttivista, secondo cui, al di là delle regolarità che accomunano gli individui nei processi evolutivi, ognuno segue un proprio percorso di socializzazione, differenziato in quanto risultante dall'intreccio, in ogni fase evolutiva, di variabili individuali, familiari, relazionali, culturali e contestuali, le quali si influenzano reciprocamente sulla base dei significati che ogni individuo, con la propria storia personale, vi attribuisce. I singoli capitoli si soffermano sugli specifici ambiti relazionali entro cui i bambini, dalla prima infanzia sino alla preadolescenza, costruiscono la propria competenza sociale: la relazione con l'adulto, con i fratelli, con i pari e con gli amici. Parallelamente analizzano i processi e le competenze grazie a cui i differenti percorsi, più o meno funzionali sul piano sociale, si definiscono nel tempo.
Nel buio della sala, irrompe sullo schermo l'immagine della Monument Valley, con la sua distesa di sabbia e di arbusti, le montagne squadrate di arenaria e le rocce rosse, la Sentinel Mesa e i West Mitten. Che cos'è questa visione che appare così forte e così instabile, con i suoi colori e la sua impalpabilità, che cos'è l'immagine filmica? Una finestra aperta sul mondo o una forma prodotta artificialmente, il mondo stesso o un simulacro? È uno specchio in cui possiamo riconoscerci attraverso l'immagine dell'altro, o una superficie che ci mostra vedenti e visibili al tempo stesso, o una scena in cui si sviluppa un racconto che ci aiuta a comprendere la nostra esistenza? È una rappresentazione realistica o è il risultato di un lavoro di simulazione? È un'immagine meramente riproduttiva o ha una forza intellettuale e simbolica o ci permette di visualizzare i fantasmi psichici e le figure dell'inconscio? Il libro si sviluppa attorno a queste domande, che riflettono la volontà di interpretare l'immagine filmica nella sua ricchezza significante e nella sua molteplicità, grazie anche all'analisi di film di Hitchcock e di Welles, di Lang e di Bufñuel, di Ford e di Godard, di Kubrick e di Warhol, di Lynch e di Stone. Attraverso un confronto con la riflessione di Nietzsche e di Heidegger, di Merleau-Ponty e di Deleuze, di Derrida, di Lyotard e di Ricoeur, il saggio cerca di comprendere il cinema attraverso il pensiero e di allargare il pensiero grazie ai concetti prodotti dall'immagine filmica.
La figura di Congar fu quella di un cristiano e un uomo di Chiesa sempre attento anche alla “vita concreta” della comunità dei credenti, con una grande apertura alla contemporaneità e ai cambiamenti tumultuosi che hanno caratterizzato il “secolo breve”. «Nel presente libro cercheremo di ripercorrere le linee principali della teologia di Congar raccogliendo la trattazione attorno all’ecclesiologia, e in via successiva attorno alle quattro note o proprietà quali ricorrono nelle più antiche professioni di fede: Credo la chiesa una, santa, cattolica e apostolica. A fronte di una produzione così vasta, che si distende lungo l’arco di oltre 50 anni toccando quasi tutti i punti salienti della riflessione teologica, l’esaustività non era in ogni caso una via percorribile. La scelta adottata sembra viceversa offrire lo spazio per una ricostruzione rispettosa delle principali acquisizioni congariane e insieme capace di riannodare queste ultime attorno ad alcuni cespiti specifici».
Il volume si propone come una prima introduzione al pensiero di Congar, con grande attenzione al legame fra produzione teologica e vicenda biografica. In questo senso è un’opera originale nel quadro dei libri disponibili sul mercato italiano, che pure ha visto diverse nuove pubblicazioni negli anni scorsi per il centenario della nascita (2004) e il decennale della morte (2005).
Un'originale e personalissima indagine sul buio, per cercare una spiegazione al fascino che da sempre le tenebre hanno esercitato suglu uomini.
Nel più lussuoso hotel di Dubai o in uno slum di Bombay. Nel cuore della foresta amazzonica o in una fattoria islandese, per le strade di Times Square, dove gli schermi si moltiplicano, o in un villaggio di Zanzibar, dove le ombre di una piccola tv in bianco e nero sono ancora un miraggio, tutti guardano gli stessi programmi: La ruota della fortuna, Stranamore, Chi vuol essere milionario?, Grande fratello, Affari tuoi, L'isola dei famosi. Sono i format. Il più importante catalizzatore dei gusti che il mondo abbia mai conosciuto. Miliardi di persone li guardano, ma sappiamo pochissimo dei meccanismi più profondi grazie ai quali hanno costruito il "nuovo impero globale dell'intrattenimento". Come si analizza un format? Perché alcuni conoscono un successo planetario e altri scompaiono in una sera? Quali sono le costanti e i legami invisibili che uniscono tutti quelli vincenti? Paolo Taggi, autore e direttore di programmi televisivi, propone una teoria semplice, rifacendosi alla "Morfologia della fiaba" di Vladimir Propp, in chiave libera e riattualizzata, ma anche al mito, alla fiaba, alla performance, al wrestling e al videogame: elenca duecento azioni che, combinate sempre in modo differente, danno vita a tutti i programmi seriali di successo nel mondo. Uno strumento di analisi delle strutture della tv di oggi, ma anche come un metodo originale di lavoro - quasi una sfida - per chi, stanco della televisione che vede, vuole davvero cominciare a costruirne una nuova.
Le istituzioni pubbliche, le aziende, i festival, le mostre, le fiere nazionali e internazionali, le agenzie di comunicazione: sono molteplici le opportunità sul mercato del lavoro per un aspirante addetto stampa. Aldilà dei luoghi comuni, quali sono le competenze richieste per lavorare in un ufficio stampa? Qual è la routine quotidiana di un professionista della comunicazione all'interno di queste strutture? Il libro si pone come una guida utile e preziosa per chi vuole saperne di più sull'ufficio stampa, un ambito particolare nell'ampio universo della comunicazione.
Paolo Natale è professore associato presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Università di Milano, dove insegna Metodologia della ricerca, Analisi dei sondaggi e Tecniche della ricerca sociale. I suoi ultimi lavori analizzano la realtà politica italiana .
È opinione comune che il mondo appaia come lo vediamo semplicemente perché è così. Al contrario, la realtà che ci sta davanti è, per intero, una costruzione del nostro cervello. In pagine sorprendenti e curiose, Paola Bressan svela i complessi fondamenti scientifici dei piccoli misteri che costellano la nostra vita quotidiana. Scopriremo come costruiamo il mondo e perché lo costruiamo in questo modo, a partire dalla catena di eventi che precede la percezione visiva, via via fino ai colori, alla tridimensionalità e alla ragione per cui alcune cose ci appaiono in movimento. No, la risposta non è perché sono in movimento.
La storia del teatro ha ormai da qualche tempo conquistato una sua autonomia disciplinare che le ha consentito di distaccarsi definitivamente dai limitativi vincoli di filiazione nei confronti della storia letteraria, come di quella delle arti figurative. Configurandosi nella duplice e complementare vicenda della drammaturgia e dello spettacolo teatrale (complicata quest'ultima dall'intreccio di una molteplicità di linguaggi e di apporti culturali eterogenei), la nuova storia del teatro si propone agli studiosi come un campo per ora ben poco esplorato, privo, per conseguenza, di una ricca tradizione a cui attingere, sia pure con prudenza, i dati e le informazioni su cui sviluppare l'attività critica. Alla ricerca delle fonti originali, quindi, degli elementi autentici da riscoprire negli archivi, nei manoscritti, nei documenti d'ogni epoca e d'ogni provenienza, negli scaffali delle biblioteche, nelle pagine dei periodici, nelle opere pittoriche, negli spartiti musicali, nelle fotografie, nelle videoregistrazioni, ovunque, insomma, siano rimaste le tracce dell'attività "teatrale", intesa nel senso più ampio del termine, tendono tutti gli studi - intenzionalmente diversi fra loro per impostazione, metodologia e oggetto - che troveranno posto nella presente collana. Essa intende, infatti, fornire un contributo agli studi teatrologici, senza preconcette limitazioni, allo scopo di riportare alla luce, entro prospettive storicamente e criticamente definite, le fonti dello spettacolo teatrale...
La Fontana del cinghiale è l'unica opera superstite tra quelle realizzate dallo scultore Ado Furlan durante il suo soggiorno romano (1939-1942). Eseguita su commissione dell'architetto Luigi Moretti per il Foro Mussolini, essa costituisce un'importante testimonianza del dialogo instaurato dall'artista con i modelli antichi, reinterpretati alla luce delle esperienze moderniste compiute nella Capitale. La predisposizione del calco in stucco esposto in mostra a Pordenone nel 2005 e destinato a trovare definitiva sistemazione all'interno del castello di Spilimbergo ha richiesto un complesso 'iter' burocratico-amministrativo illustrato nel presente quaderno, in cui si chiariscono anche le vicende del gruppo marmoreo e si avanza una suggestiva ipotesi sulla sua collocazione originaria
Nino Motta, tipografo, abbandona Milano e la famiglia (una famiglia disperata e ostile) e torna a Messina, sotto le mentite spoglie del giornalista, per "indagare" sulla sua infanzia in collegio che, da sempre, è rimasta intrappolata da una memoria "a macchie", incerta, segnata da un misterioso trauma. Una volta in loco non ha difficoltà a far parlare quelli che tanto tempo prima sono stati i suoi compagni, anzi il suo invito a parlare li trasforma in generosi narratori orali. E così le molte testimonianze si incrociano affollandosi intorno a due immagini che hanno accompagnato la vita di Nino Motta: il cappello del padre appeso in corridoio e la figurina della madre Marietta che sale verso il collegio nel suo cappottino striminzito...