"Le ripetute crisi che scuotono il mondo dall'inizio del XXI secolo dovrebbero indurci a ripensare i fondamenti della nostra società. È ormai evidente che, di fronte alle catastrofi presenti o future, domina il senso d'impotenza. Devastazioni spesso irreversibili colpiscono gli ambienti naturali: suolo, biodiversità, energia fossile, acqua, aria. Le contaminazioni si fanno sempre più gravi e sempre più pericolose. Intere aree sono divenute definitivamente radioattive, i mari sono contaminati dai rifiuti prodotti dalle attività umane; l'aria, l'acqua potabile, il suolo sono inquinati. Le perturbazioni climatiche sono sempre più frequenti [...]. Con la drastica riduzione delle 'risorse', in tutto il mondo si moltiplicano le guerre. Intere società si disgregano. Esperti scientifici di ogni sorta, uomini politici, filosofi e altri specialisti in scienze umane si affannano a proporre soluzioni che il più delle volte non fanno altro che accompagnare la caduta. Il sistema resiste, talmente i suoi ingranaggi sono strutturati, interconnessi, saldamente ancorati ai corpi e alle menti degli uomini e delle donne del pianeta. È contro tale senso d'impotenza che questo Manifesto si propone di intervenire" (dall'Introduzione).
Si è parlato della "fine dei contadini", ma essi sono sempre presenti e ancora oggi rappresentano la metà dell'umanità. Questo libro rivisita la storia delle classi contadine e mostra come esse hanno saputo preservare, in tutto il mondo, valori di solidarietà e di equilibrio ecologico nonostante le devastazioni sociali e ambientali provocate dall'industrializzazione dell'agricoltura. In prima linea di fronte ai grandi problemi che attraversano il pianeta - disoccupazione, ambiente, salute - i contadini avanzano proposte e creano alternative. A loro è dedicato questo studio appassionante, che dimostra quanto il ritorno dei contadini sia una vera e propria fortuna per le nostre società. Postfazione di Pier Paolo Poggio.
Da qualche tempo l'agricoltura è diventata oggetto di un'attenzione molto particolare. Nei paesi occidentali si assiste anche a un incremento della domanda di prodotti biologici, all'estensione dei sistemi di filiera corta, al moltiplicarsi dei dibattiti e delle polemiche sui rischi per la salute e lo sviluppo dell'agricoltura industriale. Allo stesso tempo, i movimenti contadini si sono rafforzati. Questo libro si propone come una guida in questa giungla, propone una prospettiva. Il punto di vista difeso da Silvia Pérez-Vitoria s'inscrive nel solco del suo precedente lavoro, "Il ritorno dei contadini". L'autrice distingue i contadini dagli agricoltori (e da altri coltivatori diretti) e osserva una tradizione contadina intenta a ricostruirsi, sulle fondamenta che le sono sempre state proprie, ma ora dotata di nuove idee. Contrariamente a quel che si crede, la popolazione contadina sarebbe in grado di costituire l'alternativa a un'agricoltura industriale eminentemente mortifera. In più, l'industria degli alimenti "bio" non si rivela per niente inoffensiva, come l'autrice dimostra. Per dare un taglio a tutte queste sfumature, bisognerebbe sostenere la lotta dei contadini per la riconquista delle terre. Le proposte dei contadini vanno molto al di là di una semplice messa in discussione del modello agricolo vigente e interpellano in modo globale le nostre società. È proprio vero, questa risposta ci riguarda tutti.