Atene 399 a.C.: Socrate, accusato di corrompere i giovani, non credere agli dèi tradizionali e introdurre nuove divinità, viene processato pubblicamente. Platone, suo discepolo, che assiste al dibattimento, in questi tre dialoghi presenta la sequenza degli avvenimenti. Nell'Eutifrone Socrate, in procinto di incontrare il magistrato responsabile della messa in stato di accusa, ingaggia con il sacerdote Eutifrone una discussione sulla definizione di pietà religiosa, mostrando l'esigenza di una concezione religiosa fondata sulla ricerca dialettico-filosofica del vero. L'Apologia di Socrate è, invece, il discorso di autodifesa che Platone attribuisce al maestro e rappresenta il contributo piú importante e rigoroso alla comprensione della personalità e alla trasmissione del pensiero del filosofo. Condannato alla pena capitale e rinchiuso in prigione in attesa di essere giustiziato, nel Critone Socrate rifiuta l'offerta di fuga fattagli dall'amico, richiamandosi ai suoi obblighi verso lo Stato: un'ingiustizia può essere ripagata da un'altra ingiustizia?
In una nuova traduzione e cura, uno dei più celebri dialoghi platonici nel quale il filosofo mette in scena tutto ciò che i Greci hanno concepito in materia di eros. Nel Simposio si racconta di un banchetto organizzato per celebrare la vittoria che il poeta Agatone aveva riportato nell'agone tragico delle Lenee. I presenti, da Aristofane ad Alcibiade a Socrate, tengono a turno discorsi sulla natura di Eros e, nello sforzo di superarsi a vicenda in una sorta di gara, declinano la forma dell'encomio tradizionale in un climax drammatico in cui ogni discorso mette in risalto una tesi particolare: Eros come il più antico degli dèi (Fedro), il contrasto tra eros divino ed eros popolare (Pausania), l'eros come principio universale della natura (Erissimaco), l'eros come brama dell'uomo verso la sua metà perduta (Aristofane), Eros come il più giovane, il pili bello e il più eccellente degli dèi (Agatone). Infine Socrate, che non propone un suo discorso, ma riferisce quel che ha appreso dalla sacerdotessa Diotima di Mantinea, stabilendo un punto fondamentale, ma altrettanto ineluttabile: la natura carente dell'amore e dell'innamorato.
Nella "Repubblica" Platone ci presenta la maestosa architettura di uno "stato ideale" dove l'idea di giustizia è l'assoluto criterio di governo sia della vita collettiva che di quella individuale. Attraverso l'insieme dei suoi dieci libri, Platone mette in discussione ogni aspetto della vita organizzata e del sapere della "polis" greca. Qui, arte, scienza e religione vengono sottoposte allo sguardo critico del filosofo e condotte dal buio quotidiano dell'esistenza all'eterna luce della ragione. Ma la "Repubblica" non è soltanto la prima e più famosa "utopia" della storia. Essa, infatti, è il progetto originario della nostra civiltà occidentale.
"Il convito" è uno dei dialoghi dedicati al tema dell'amore. I numerosi protagonisti del dialogo danno voce ai diversi aspetti dell'amore: amore come forza universale, che guida il mondo vegetale e animale; amore come desiderio di bellezza (e dunque come origine della poesia e delle arti) e della conoscenza (origine delle scienze); amore come essere intermedio tra il divino e il mortale, come interprete e messaggero tra gli uomini e gli dei. È uno dei dialoghi più belli non solo per il tema trattato e il fascino delle argomentazioni, ma anche per lo stile vivace e appassionato.
Il "Fedone" fa parte dei dialoghi cosiddetti socratici, quelli cioè che rispecchiano l'insegnamento del grande maestro, ma rivela già una forte autonomia nel pensiero di Platone. Il tema affrontato e discusso in questo dialogo con serrata dialettica e stupefacente psicologia è quello, indubbiamente complesso, della natura dell'anima, delle sue contrastanti tendenze, della sua essenza immortale.
Un doppio gioco di gusto letterario e di simpatie ideali mosse Francesco Acri, famoso traduttore ottocentesco, a organizzare questa raccolta, che dell'intero corpus platonico ritaglia sia i dialoghi più noti sia quelli che è arduo trovare in altre edizioni: le ultime giornate di Socrate nell'"Apologia", il quadro festoso e malinconico del "Convito" amoroso, l'ispirata indagine sulla bellezza del "Fedro", l'ardua creazione del "Timeo" (Della natura) e l'esempio impietoso del "Parmenide" (Delle idee), sono accanto a "Eutifrone" (Del santo), "Critone" (Di quel che si deve fare), "Fedone" (Dell'immortalità dell'anima), "Assioco" (Della morte), "Jone" (Del furore poetico), "Menone" (Della virtù) e "Alcibiade" (Della natura dell'uomo). Nei "Dialoghi" la pratica dei Sofisti e di Socrate si unisce alla vocazione di Platone per il teatro e la loro forma è parte essenziale del pensiero che vi si incarna, in cui la parola si fa sentire come un avvicinamento approssimativo alla verità.
Pietra miliare nella storia del pensiero, il "Fedro" di Platone è uno dei dialoghi che ha influenzato l'Occidente fin dalla sua apparizione. Platone fa insegnare a Socrate i processi di sublimazione dell'amore per gradi verso il divino, a partire da quello corporeo, illustra la sua visione dell'anima umana, tesa a un progresso contemplativo e attivo verso le sfere da cui proviene, e a cui è destinata a ritornare, dopo un ciclo indefinito di reincarnazioni. Platone interseca il dialogo con racconti di miti che sono passati alla storia universale, come quello del "carro alato", inanellandoli come favole che contengono gemme di saggezza insuperabile. In questa nuova edizione le note esplicative introducono luoghi, personaggi e scenari, arricchendo con annotazioni puntuali e curiose le spiegazioni ai singoli passi.
Questo dialogo di Platone si colloca tra quelli della vecchiaia dell'autore e rappresenta un passaggio fondamentale nell'evoluzione del pensiero politico platonico, e uno dei primi testi di filosofia politica di tutti i tempi. Qui Platone si propone di delineare la figura del vero uomo politico, che sappia armonizzare la comunità dei cittadini, coniugando razionalità e passione.
Il dialogo sulle Leggi, probabilmente lasciato incompiuto per il sopraggiungere della morte, rappresenta un punto d'arrivo del pensiero platonico. In quest'opera, dove Platone sembra maggiormente disilluso sulla possibilità di realizzare una perfetta forma di governo, vengono delineate le leggi secondo le quali il filosofo può guidare una nuova comunità politica e realizzare comunque la migliore forma di governo.
In questo che è uno degli ultimi suoi dialoghi, Platone sottopone a una severa critica la propria dottrina delle idee confrontandola con le posizioni di Zenone e di Parmenide. Zenone sostiene l'impossibilità dell'esistenza del molteplice, confermando la tesi di Parmenide secondo la quale solo l'Uno, immutabile ed eterno, esiste. Socrate obietta che quanto sostiene Zenone è errato, in quanto si limita solo all'ambito del molteplice sensibile e non a quello del molteplice ideale. Parmenide interviene ammettendo la validità delle affermazioni di Socrate, ma facendo notare come sia impossibile accettare il molteplice anche nel mondo delle idee, in quanto l'idea di uomo riassume una molteplicità infinita di uomini.
In questo dialogo Platone affronta due temi: l'origine del mondo e la natura dell'anima umana. La realtà (o l'illusione) nella quale viviamo altro non è che il riflesso di un mondo superiore, in cui regna il puro essere, non soggetto a mutamenti o variazioni. Il nostro, invece, è dominato dal divenire ed è opera di un "demiurgo" che cercò di ripetere come meglio poteva la visione che aveva avuto di quella perfezione. Di qui tutte le contraddizioni che il filosofo deve superare per giungere alla contemplazione del Vero e del Bello. E poi le diverse inclinazioni, le contrastanti passioni cui può cedere l'anima umana, la leggenda di Atlantide, la negazione dell'invidia degli dèi per la fortuna umana, la musica e la ginnastica come medicina dell'anima.