L'episodio di Ulisse che, legato all'albero maestro della sua nave, respinge il richiamo delle sirene è stato per un millennio il brano dell'Odissea prediletto dall'umanesimo cristiano. Le figure delle creature seducenti e del navigatore, che trovano spazio sui vasi e sulle tazze, sulle lampade di terracotta e sui cammei, sulle tombe e sui sarcofagi della tarda ellenicità, dischiudono anche ai Padri della Chiesa un universo ricchissimo di simboli teologici. Per l'uomo del mondo antico il pericolo del viaggio in mare assumeva la forma del periplo che Ulisse compie per rimpatriare, figura dell'anima che, sospesa fra l'Ade e Itaca, aspira a raggiungere la pace del porto. La Bibbia e Omero si affiancano nell'introdurre nella teologia dei Padri la diabolica figura delle sirene "sapienti" e "seducenti", capaci con le loro lusinghe di impedire il ritorno a casa. La loro tentazione promette la libertà sfrenata del piacere, che termina nell'incatenamento definitivo e nella perdizione, mentre la vittoriosa libertà di Ulisse sta nel suo esser legato all'albero maestro, simbolo della croce.
"Dio ha proferito la sua rivelazione nel cuore d'un mondo che è quello dello spirito greco e dell'impero romano, e la Chiesa ne custodisce la verità nell'eloquio greco del suo libro sacro e nell'eredità dottrinale che proviene dalla Roma latina. [...] L'umanesimo dei cristiani è l'amore per la Parola di Dio. E nella vicenda di quella cultura che ha offerto il linguaggio umano al Dio rivelante, esso vede la mano dello Spirito che addita il Cristo." (dalla Premessa) Secondo l'autore, nella tradizione cristiana vive e si rinnova l'aspirazione greca per il mito e per il mistero che in esso si rispecchia, ed è in ciò che si ritrova il messaggio più autentico dell'antichità classica, nutrimento all'indigenza in cui attualmente si vive, quali barbari odierni, e insieme il farmaco che può aiutare a guarire.