Negli ultimi anni sono stato portato a pensare che il giuridico, appreso nei tratti del giudiziario, offrisse al filosofo l'occasione di riflettere sulla specificità del diritto, nel suo luogo proprio, a mezza strada fra la morale e la politica. Per conferire un andamento drammatico all'opposizione che faccio qui tra una filosofia politica, in cui la questione del diritto viene occultata dall'assillo della incoercibile presenza del male alla storia, e una filosofia, in cui il diritto dovrebbe essere riconosciuto nella sua specificità non violenta, propongo di dire che la guerra è il tema lancinante della filosofia politica, mentre la pace è quello della filosofia del diritto.
Mai forse Paul Ricoeur aveva affrontato un campo così vasto come in quest'opera. Egli stesso definisce la problematica del presente volume "il carattere temporale dell'esperienza umana". L'autore così precisa: "Esiste tra l'attività di raccontare una storia e il carattere temporale dell'esperienza umana una correlazione necessaria e universale. In altri termini il tempo diviene 'tempo umano' nella misura in cui è articolato in un racconto; e d'altro canto, il racconto raggiunge il suo pieno significato quando diviene una condizione dell'esperienza temporale. Il tempo è un aspetto dei movimenti dell'universo. Se non ci fosse nessuno per contare gli intervalli non ci sarebbe tempo. L'attività del racconto consiste nel costruire degli insiemi temporali: configurare il tempo". La storia è dunque protagonista della teoria della narratività esposta in questo primo volume. Tempo e racconto si apre con una doppia prospettiva: la prima ci porta verso la meditazione sul tempo di sant'Agostino, la seconda verso la teoria del racconto di Aristotele. Le due prospettive vengono tessute dall'autore in una trama di pensiero che dall'affermazione secondo cui il tempo umano è sempre un tempo raccontato si apre ai sentieri della comprensione del racconto nella sua doppia veste di storia e di fiction.