La vicenda personale, davvero unica, di Anastasio di Albania, primate della Chiesa Ortodossa Autocefala di Albania, rimette in discussione quel fenomeno tipico del mondo ortodosso che vede la religione unita o addirittura subordinata alla nazione, a danno dell'universalità. Il vissuto della Seconda guerra mondiale nella sua Grecia, poi un'intensa esperienza missionaria e una prolungata esperienza di ricerca scientifica, sono le premesse di una severa presa di distanza dai nazionalismi. Sollecitato dallo storico Roberto Morozzo della Rocca e dal sacerdote Tommaso Opocher, l'arcivescovo di Tirana, Durazzo e di tutta l'Albania ripercorre la sua vita, dal Pireo delle origini al mondo intero, fino alla sorprendente opera di ricostruzione dell'Ortodossia albanese dopo il comunismo. Ne emerge il profilo di un "uomo dalle molte patrie", non solo dal punto di vista geografico ma antropologico: capace di capire e abbracciare le più diverse forme della spiritualità e dell'umanità contemporanea. Dinanzi alle crisi e alle guerre del mondo contemporaneo, la figura di Anastasio di Albania risalta come costruttore di coabitazione pacifica tra i popoli, mediante il dialogo e l'incontro, nel rispetto delle tradizioni storiche. Prefazione Andrea Riccardi.
Come venivano accumulati e conservati determinati beni materiali - preziosi, ma anche di uso comune - tra la tarda antichità e l'alto medioevo? A quale scopo venivano sottratti all'uso e alla circolazione? Quale valore potevano assumere questi "tesori" al di là di quello immediatamente economico? Il termine tesoro è stato prevalentemente utilizzato in campo archeologico, ma la parola latina "thesaurus" compare anche con frequenza nelle fonti scritte, e il fenomeno si presta ad essere studiato da un punto di vista più generale di storia della mentalità e della cultura materiale.
Il volume raccoglie contributi di storici, filosofi, sociologi, sul rapporto fra le diverse Chiese cristiane (ortodosse, cattoliche, protestanti) ed i fenomeni della modernità nel Novecento: modernità che viene semplicemente e limpidamente qui intesa secondo il significato più diffuso nella cultura comune, come il "nuovo, in tutte le sue forme". Con taglio comparativo, il volume descrive scenari diversi, passando dall'Europa occidentale a quella orientale, dall'Africa all'America Latina. E se a titolo di ampia sintesi si può osservare che i protestanti in genere hanno stretto alleanza con la modernità mentre i cattolici e gli ortodossi l'hanno spesso fronteggiata con apprensione, nella preoccupazione di perdere o diluire la propria identità, emerge comunque, poi, nella concretezza, una grande varietà di approcci: per cui, secondo le circostanze, la modernità viene benedetta o esecrata, amata o rigettata, ma anche equilibratamente distinta nei suoi aspetti ora positivi ora negativi. Da segnalare l'originalità dell'oggetto e del taglio della ricerca: i "mondi cristiani", e dunque le tre grandi comunità dei seguaci di Cristo; e all'interno di esse, ancora, approcci ulteriormente differenziati, in relazione alla varietà dei tempi, dei luoghi, delle sensibilità. "Mondi cristiani", e non già un cristianesimo monolitico: perché la relazione fra cristianesimo e modernità si declina tutt'altro che al singolare.
Roberto Morozzo della Rocca insegna Storia dell'Europa Orientale nell'Università di Roma Tre. Storico dei Balcani e del rapporto fra nazione e religione nell'Europa contemporanea, si è anche interessato all'America Latina. Tra le sue pubblicazioni "Primero Dios. Vita di Oscar Romero" (Mondadori, 2005). Con il Mulino ha pubblicato "Nazione e religione in Albania (1920-1944)" (1990) e "Le nazioni non muoiono. Russia rivoluzionaria, Polonia indipendente e Santa Sede" (1992).
DESCRIZIONE: La responsabilità per la vita che nasce e per la vita che muore è allo stesso tempo radicale e difficile. Quando e perché riconosciamo che nella provetta di un laboratorio o nel corpo di una donna c’è qualcuno e non più solo qualcosa? Siamo autorizzati a manipolare i geni per far sì che vengano al mondo persone "migliori" e con la prospettiva di una maggiore felicità? Abbreviare la sofferenza di chi non ce la fa più e chiede il nostro aiuto può essere l’ultimo gesto della compassione e della solidarietà? Ci sono risposte diverse a queste domande. Non per questo, tuttavia, è inevitabile concludere che nell’epoca del pluralismo l’unica verità che rimane è la voce della propria coscienza e tutto si risolve lasciando che ciascuno faccia a modo suo. La bioetica, andando appunto alle radici dell’umano, incalza il pensiero a ridefinire l’ambito di quel che può valere per me e insieme per tutti, assumendo i risultati del progresso scientifico, ma sapendo che non è solo dalla scienza che l’uomo può ricavare l’indicazione di quel che deve fare. Questa resta la sfida della filosofia e della politica, chiamate entrambe a riconoscere che sulla vita, in ogni caso, non si hanno solo diritti.
COMMENTO: Una guida alle principali questioni della bioetica, con riferimento ai più controversi dibattiti attuali (fecondazione assistita, cellule staminali, trapianti...)
STEFANO SEMPLICI insegna Etica sociale all’Università di Roma "Tor Vergata". È direttore della rivista "Archivio di Filosofia" e del Collegio universitario "Lamaro-Pozzani". Fra le sue pubblicazioni più recenti: Il soggetto dell’ironia (Cedam, Padova 2002); come curatore, Il diritto di morire bene (il Mulino, Bologna 2002) e Il mercato giusto e l’etica della società civile (Vita e Pensiero, Milano 2005).
S.E. Mons. Carmine Rocco ha attraversato i grandi cambiamenti del Novecento dalla seconda guerra mondiale, alle feroci dittature dell'America Latina e delle Filippine nella direzione del bene delle popolazioni e del bene della Chiesa. La sua testimonianza di vita, attraverso i diari ai tempi di Parigi occupata dai nazisti fino ai drammatici momenti della repubblica di Vichy; la bella e profonda amicizia con Santo Giovanni XXIII espressa nella lunga e fitta corrispondenza tra loro; le sfide per la fondazione dell'Università Cattolica Boliviana; le visite del beato Paolo VI nelle Filippine e quella successiva di Santo Giovanni Paolo II in Brasile, costituiscono delle affascinanti pagine di storia della Chiesa ecumenica, e raccontano la dimensione umana e spirituale di un uomo che ha dedicato la propria vita a questa importante missione per la Chiesa nei diversi continenti.
Maria dell'Eremo francescano di Campello, conosciuta anche come sorella Maria, è stat una grande figura spirituale del Novecento italiano. Nata a Torino nel 1875, rigenera nel 1926 un antico e abbandonato romitaggio del Trecento nella Valle Umbra, presso Campello. In questo luogo morirà nel 1961, dopo una vita appartata con le compagne eremite e al tempo stesso paradossalmente densa di relazioni con personaggi come Gandhi, il dottor Schweitzer, Ernesto Buonaiuti, don Primo Mazzolari, Dorothy Day, Adelaide Coari, Paul Sabatier, David Maria Turoldo. Senza essere una intellettuale, e restando apparentemente fuori dalla storia, raccolta nel nascondimento, Maria entra in intima comunione con uomini e donne che segnano la cultura, la politica, la storia del secolo scorso; di questa trama di relazioni rendono conto gli scritti i questo volume.
Amicizie "senza confini", quelle di Maria, create con semplicità francescana, con sensibilità mistica, con finissima femminile percezione dell'altro, con anelito alla libertà in senso cristiano. Fin dall'adolescenza, un'espressione dell'Imitazione di Cristo l'aveva segnata: "Nessuno è più libero dell'uomo che nulla desidera sulla terra". E alle compagne diceva: "La libertà assoluta è riverenza del mistero e distacco assoluto". Era questa libertà a darle uno stigma d'universale che Francesco d'Assisi avrebbe forse riconosciuto come familiare e che oggi sussiste nella terra generazione delle sue eremite.
SAGGI DI: Andrea Riccardi- Marco Bartoli - Roberto Morozzo della Rocca - Mariangela Maraviglia - Massimo Orlandi - Marco Roncalli - Mauro Velati - Emile Poulat.