Che cos'è la coscienza morale? È un prodotto, nell'essere umano, dell'educazione o ha una sua autonomia? È creatrice del bene o lo decifra? È repressiva verso il soggetto o può essere una guida perfettiva? Produce solo conflitti interiori o può essere principio di unificazione del sé? Qual è il suo rapporto con le emozioni? Qual è la genesi della conoscenza morale di cui si avvale? La coscienza e le norme morali sono due poli contrapposti? Può la coscienza stabilire delle eccezioni alle norme? E l'obiezione di coscienza è un istituto legittimo o un arbitrio anarchico? A queste e ad altre domande cerca di rispondere il presente libro che (confrontandosi con Marx, Nietzsche, Freud, Tommaso, Kant, Rosmini, Smith, Arendt, Ricoeur e vari altri autori) focalizza alcune delle dinamiche e dimensioni dell'interiorità umana, dell'io al centro dell'io e della sua stupefacente e misteriosa profondità.
Il cristianesimo è spesso accusato di avere prodotto oscurantismo, arretratezza culturale, civile e scientifica, discriminazioni, violenze e guerre. Al contrario, anche in confronto col mondo pagano e con quello contemporaneo, questo Quaderno mostra come l’intero genere umano, compresi i non credenti, abbia un debito inestimabile verso il Cristianesimo. Che ha promosso la libertà e la dignità di ogni essere umano, comprese le donne (in precedenza disprezzate) e i bambini (in precedenza spesso uccisi, venduti, abusati), che ha promosso il progresso, la vittoria della ragione e la sua applicazione in tutti i campi dello scibile e dell’agire, che ha incentivato la scienza, la sensibilità ecologica, la laicità, la dignità di ogni lavoro, l’arte, la cultura e l’economia.
Per far fronte a una società di soggetti autointeressati, un certo liberalismo ha cercato dei meccanismi giuridici che consentano di fare a meno delle virtù dei singoli. Ma questa concezione non pare risolvere vari problemi che attanagliano diverse società: per esempio garantire più libertà, ma anche più controlli (per contrastare terrorismo e criminalità); favorire la coesione e la solidarietà fra le persone, ma anche rispondere alle esigenze non di rado confliggenti dei singoli, che a volte rivendicano insaziabilmente diritti nei confronti degli altri e dello stato. La crisi delle democrazie deriva dalla mancanza di un ethos in grado di sorreggerle e dal dilagante individualismo. Risulta oggi imprescindibile promuovere le virtù civili e la diffusione di motivazioni a perseguire il bene comune anche quando contrasti con il proprio vantaggio. La principale sorgente di fioritura umana e sociale e di virtù civili sono le comunità umanizzatrici, e il loro inestimabile vivaio, nonché il fondamento cruciale della società, è la famiglia (come già sottolineavano Aristotele, Cicerone, Locke, Hegel e tanti altri). E dunque interesse intrascendibile dello stato (anche per il liberale Rawls) promuovere questo istituto, che è una componente decisiva del bene comune politico. E va rilanciata un'antropologia relazionale (Tommaso d'Aquino): la vita associata è un elemento cruciale del bene di ciascuno.
"Il cuore ha sempre ragione, libera le tue emozioni". È spesso questo il motto dell'uomo contemporaneo, che non di rado è un homo sentiens che cerca di vivere delle emozioni continue e sempre più intense. Perciò le virtù sono oggetto di un pesante discredito: la persona virtuosa - si dice - è remissiva, è spenta, vive in modo rigidamente ascetico, e la virtù è ritenuta un freno alle passioni. Perché mai riparlare di virtù come fa il presente testo? Il punto è che (come argomenta l'autore) l'homo sentiens non è felice. Inoltre l'etica moderna ha palesato diverse lacune ed insufficienze, che hanno sospinto diversi autori, soprattutto dell'anglofona Virtue Ethics, a rilanciare i temi del carattere e della virtù. Questo testo argomenta, per esempio, le seguenti tesi: l'uomo ha bisogno di un fine per poter dare senso alle norme; ha bisogno di essere amato e la moralità consiste in un qualche esercizio dell'amore, in un ordo amoris; ha bisogno di virtù e di coltivare delle emozioni appropriate. In particolare, questo lavoro tematizza le emozioni e promuove non già la loro repressione, bensì l'assunzione della loro energia, investigandone la natura ed illustrando alcune attività che consentono di gestirle e di non essere da loro dominati. L'autore mostra come le emozioni possano diventare alleate della ragione e costitutive della virtù, come possano darci slancio e supportare positivamente la ragione. È vero che a volte possono fuorviarci, tuttavia non bisogna contrapporle alla ragione...
Virtus significa forza, eccellenza. Essa, difficile da acquisire, è indispensabile all’uomo per compiere il bene. Il tema è centrale per la filosofia morale, eppure è stato minimizzato o perfino trascurato dall’etica moderna, che è invece incardinata sull’idea del dovere.
Alcuni autori contemporanei di area anglofona hanno rilanciato la virtù elaborando la cosiddetta Virtue Ethics. Questo saggio ripercorre i temi salienti di quella letteratura (poco conosciuta in Italia)
come, ad esempio: necessità di non enfatizzare il dovere; preservare il ruolo dell’amore; impossibilità di affidarsi alle sole norme per dirimere le questioni morali; importanza delle emozioni e della comunità di appartenenza; esigenza di elaborare l’etica a partire dal soggetto che agisce; funzione dell’arte e dell’imitazione; valenza cruciale della phronesis; virtù come espressione dell’amore.
Il quaderno illustra una delle più celebri prove che la ragione di ogni uomo, anche di chi non crede, può percorrere per dimostrare l'esistenza di Dio: la quinta via di San Tommaso d'Aquino.
C’è un’obiezione che si rivolge sovente all’etica: la vita morale è un apparato di norme vincolanti che soffocano la spontaneità e opprimono la libertà? È vero, come già diceva Platone, che i giusti vivono meglio e sono più felici degli ingiusti, oppure è più assennato vivere immoralmente ma felicemente? L’ineludibilità di tali domande sottolinea l’attualità di una riconsiderazione dell’etica filosofica di Tommaso d’Aquino, culmine e sintesi di una tradizione morale, quella classica, che asserisce la relazione strutturale, e non l’antinomia, tra moralità e felicità, fino a dimostrare che solo l’uomo virtuoso è un uomo felice, ancorché di una felicità imperfetta.
Giacomo Samek Lodovici è dottorando in filosofia, insegna nei licei e collabora a varie riviste. Ha conseguito il Premio Gemelli quale miglior laureato in filosofia dell’Università Cattolica nel 1999. Presso questo Ateneo ha collaborato al corso di Filosofia morale e collabora attualmente ai corsi di Antropologia filosofica e Istituzioni di etica.