Piccolo dramma che - come ha scritto Croce - "sembra nato da un sorriso tanto è delicato, sottile, aereo", è uno dei testi shakespeariani più frequentemente rappresentati. Il tema è l'amore, con le sue zone buie e le sue armonie conquistate faticosamente. Perfetta e poetica fusione tra il mondo fantastico delle allegorie rinascimentali e quello amoroso dei romanzi cavallereschi, ha una struttura complessa - sono quattro gli intrecci che si dipanano nei suoi cinque atti - e una stupefacente ricchezza di significazioni e interne implicazioni. I movimenti e le passioni degli innamorati che vi agiscono si avviluppano in nodi assurdi e si dipanano d'incanto, disegnando gli arabeschi d'un "sogno" apparentemente insensato, in realtà governato dal capriccio d'Amore. Introduzione di Nemi D'Agostino.
"Cimbelino", rappresentato in vita dell'autore ma pubblicato solo postumo nel 1623, è un dramma romanzesco che curiosamente combina un episodio di storia britannica all'epoca della dominazione romana con una novella del Decamerone. Protagonista del dramma è la bella e innocente figlia di Cimbelino, Imogene, che si trova al centro di una complessa rete di forze che vorrebbero imporle le nozze con il figlio della matrigna. Solo dopo un'innumerevole serie di equivoci, travestimenti e colpi di scena, Imogene riuscirà a riabbracciare il marito segreto Postumo, a ricongiungersi con il padre e a propiziare una nuova alleanza tra romani e britanni. Introduzione di Nemi D'Agostino.
La celeberrima tragedia di Shakespeare è una grande parabola morale, in cui le forze del bene e del male continuano la loro eterna lotta, coinvolgendo l'uomo in un turbine inarrestabile di dubbi e di passioni che lo porterà alla morte, insieme alle persone amate, ai peggiori nemici, per tenere fede al suo giuramento di vendetta e di giustizia.
"Nessuno dei drammi di Shakespeare è più letto della prima e della seconda parte di Henry IV", scriveva Samuel Johnson nel 1756. Questa affermazione resta vera per la cultura inglese e americana, che continuano a vedere nell'"Enrico IV" un nodo centrale del canone letterario, poichè in esso comico e tragico convergono. "The historie of Henry the Fourth" - titolo della prima edizione poi mutato in "The first part of Henry the Fourth" nell'in-folio del 1623 - è il settimo dramma storico in otto anni, per venire incontro all'interesse patriottico del pubblico per l'epopea nazionale. Dietro la visione apparentemente rassicurante del passato storico si celavano problematiche più sottili, e attuali: il tema dell'unità nazionale contro le divisioni feudali (rappresentate anche dalle tre parti dell'Enrico VI e dal Riccardo III), il problema della successione e dell'educazione ideale del principe. Chi sarebbe succeduto a Elisabetta? La capacità di regnare poteva giustificare l'usurpazione e l'abuso?
La prima parte di "Enrico IV" lascia un'impressione di vitalità esuberante, di ardimento individuale (nei personaggi) e creativo (nell'autore). Tutt'altra impressione suscita la "Parte Seconda", che ha la stessa lunghezza di quella precedente, lo stesso numero di scene e la stessa struttura animata dagli stessi protagonisti. La differenza è che è rimasto un solo giovane, Hal, assente dal campo di battaglia, e i padri che si sono rattrappiti. Inoltre Shakespeare introduce altri due personaggi entrambi in là con gli anni: il Primo Giudice e il giudice di campagna Robert Shallow.
Con il "Giulio Cesare", opera ch eprelude al periodo delle grandi tragedie, Shakespeare rivisita il conflitto esemplare e sempre attuale tra repubblica e impero, tra autoritarismo e democrazia, e magistralmente svela la dimensione teatrale delle politica, la sua retorica e la sua finzione. In questo dramma di carattere marcatamente politico ogni azione risulta inestricabilmente legata alla volontà di far prevalere le proprie opzioni ideologiche e alla conseguente necessità di persuadere il popolo per farlo aderire a esse. La storia si dispiega quindi come una grande arena della persuasione in cui la forza della parola, la simulazione e la dissimulazione forgiano i destini degli uomini.
La vicenda di Petruccio, l'avventuriero veronese che sposa e riesce a soggiogare l'intrattabile Caterina, attirato soprattutto dalla sua ricca dote, è al centro di questo testo dalla comicità irresistibile, ricco di dialoghi arguti e spavaldi, resi con un linguaggio diretto e irriverente. La coppia dei due futuri sposi sa dispiegare una verve teatrale travolgente. Le loro liti furibonde, le loro diatribe, i loro diverbi fanno della Bisbetica domata una delle commedie più riuscite del repertorio shakespeariano.
Se in altri drammi storici di Shakespeare gli eventi bellici fanno da sfondo all'azione scenica, in Enrico V sono la sostanza stessa del dramma, che costringe a domandarsi: esiste una guerra che possa dirsi giusta? Shakespeare mette in scena, accanto alla guerra "epica" delle sonanti disfide e delle bandiere al vento, quella degli uomini costretti a farla: fango e pioggia, fame e fatica, attese snervanti, spreco insensato, miseria e squallore. La battaglia finale di Agincourt, momento decisivo e climax del dramma, è resa realisticamente in modo frammentato e confuso: nessuno capisce come veramente stiano andando le cose. Nemmeno il re, che non sa di aver vinto.
"No, ti prego, non cercare pretesti per andartene, ma dimmi addio e vattene; quando per rimanere supplicavi, allora era tempo di parlare; niente partenze, allora; avevamo l'eternità negli occhi e sulle labbra, beatitudine nell'arco delle ciglia; nessuna parte di noi tanto misera che non fosse d'origine divina."