Il livello di disuguaglianza del reddito in America raggiunge oggi picchi mai visti da prima della Grande depressione. Negli anni del boom, precedenti alla crisi finanziaria del 2008, l'1 per cento dei cittadini si è impadronito di più del 65 per cento dei guadagni del reddito nazionale totale. E tuttavia, mentre il Pil cresceva, la maggior parte dei cittadini vedeva erodere il proprio tenore di vita. Nel 2010, mentre la nazione lottava per superare una profonda recessione, l'1 per cento guadagnava il 93 per cento del reddito aggiuntivo creato nella cosiddetta "ripresa". Mentre coloro che sono in alto continuano a godere della migliore assistenza sanitaria, della migliore educazione e dei benefici della ricchezza, essi spesso non riescono a comprendere che, come sottolinea l'autore, "il loro destino è collegato a quello dell'altro 99 per cento". In questo volume Stiglitz unisce la sua formidabile visione economica a un appassionato richiamo affinché l'America torni agli ideali economici e politici che l'hanno resa grande. La disuguaglianza infatti non nasce nel vuoto. E il risultato dell'interazione di forze di mercato e di manovre della politica. Grazie a essa l'America è sempre meno la terra delle grandi opportunità e sempre meno è in grado di rispondere alle aspirazioni e ai bisogni dei suoi cittadini. Ma non deve necessariamente essere cosi.
Questo libro offre un approccio fondamentalmente nuovo all’economia monetaria. Infatti, a differenza della teoria tradizionale che si concentra sulle transazioni di mercato, quella qui presentata si concentra sul ruolo del credito nel facilitare e promuovere l’attività economica. Il ‘nuovo paradigma’ enfatizza la domanda e l’offerta di fondi da concedere a prestito, cercando di comprendere come le banche e le altre istituzioni esaminano l’informazione per valutare l’affidabilità e solvibilità di chi ottiene credito. Tale paradigma spiega i fattori che determinano le decisioni delle banche di offrire finanziamenti, e la loro capacità a farlo. Inoltre esplora le conseguenze delle interconnessioni di credito nell’economia, descrivendo le implicazioni del nuovo paradigma per gestire la politica economica e analizzando come i cambiamenti di struttura dell’economia – ad esempio quelli associati alla Nuova Economia - possono di fatto influire sull’efficacia della politica monetaria e quindi sulla stabilità economica. Il saggio identifica le circostanze che rendono, se presa isolatamente, la politica monetaria inefficace nel riportare l’economia alla condizione di pieno impiego, circostanze che risulteranno rilevanti, con tutta probabilità, anche in futuro. Nella prima parte viene sviluppata la teoria base, utilizzando un approccio di portafoglio per spiegare come le banche decidono quanto dare a prestito e come i cambiamenti delle regolamentazioni e delle circostanze economiche, dei bilanci delle banche e delle imprese e della percezione del rischio nell’economia influiscano sull’offerta creditizia; la seconda parte è invece dedicata alle implicazioni di politica economica. Il nuovo paradigma fornisce una guida di gran lunga più efficace per affrontare questioni che vanno dalla liberalizzazione dei mercati finanziari alla gestione della crisi dell’Est Asia.
Joseph E. Stiglitz, vincitore del premio Nobel per l’economia nel 2001, è professore di Economia e finanza alla Columbia University e ricopre incarichi alla Graduate School of Business, alla School of International and Public Affairs e all’Economics Department. Ha ricevuto il premio assegnato dall’American Economic Association all’economista sotto i quarant’anni, che risulta fautore di significativi contributi in economia. È stato capo del Council of Economic Advisers del Presidente degli Stati Uniti e membro del gabinetto del Presidente Clinton. Ha ricoperto la carica di senior vice-presidente per lo sviluppo economico e capo economista presso la Banca Mondiale.
Bruce Greenwald è titolare della cattedra ‘Robert Heilbrunn’ di Finanza e di Asset management alla Columbia Business School. Ha svolto lavori pionieristici in economia dell’informazione, in particolare sulle conseguenze delle asimmetrie informative nel mercato azionario e del lavoro.
Il vincitore del Premio Nobel per l'economia nel 2001, consigliere di Bill Clinton durante il primo mandato, e vicepresidente della Banca Mondiale dal 1997 al 2000, affronta il tema della globalizzazione cercando di rispondere ad alcune domande: cosa s'intende per globalizzazione? Quali sono i presupposti, Quali gli effetti e quali i danni? Chi sostiene la globalizzazione, chi la governa e chi la contesta?
Il secondo volume della seconda edizione italiana del manuale di Joseph E. Stiglitz contiene una trattazione completa del settore pubblico, nelle sue varie modalità di intervento. Vengono passati in rassegna i principali programmi di spesa (sanità, previdenza, assistenza e istruzione) e i più importanti tributi (sulle persone fisiche e sulle società di capitali). Sono poi discusse le ragioni economiche del federalismo fiscale, alla base della ripartizione delle responsabilità di spesa e delle fonti di finanziamento tra diversi livelli di governo. Particolare attenzione è dedicata a illustrare caratteristiche e problemi dell'intervento pubblico nel nostro paese, fornendo anche una guida alle fonti di informazione sui dati quantitativi. Si è scelto, comunque, di non sostituire i riferimenti istituzionali dell'edizione originale, tratti dall'esperienza americana, ma di mantenerli e affiancare loro quelli analoghi relativi all'esperienza italiana, nella convinzione che il confronto tra le caratteristiche di sistemi diversi sia di grande importanza per la comprensione dei temi fondamentali della materia. Il volume è adatto per i corsi di Scienza delle finanze e di Economia pubblica che privilegiano una trattazione maggiormente istituzionale, senza rinunciare, tuttavia, al rigore dell'analisi economica teorica. Può essere utilizzato anche indipendentemente dal primo volume, purché lo studente abbia una certa conoscenza delle nozioni di base della microeconomia.
Nel 2010 la crisi finanziaria globale del 2008 si è trasformata in una «eurocrisi» che pare lontana dal placarsi, soprattutto per i paesi che condividono la moneta comune euro - l'eurozona. Qui il premio Nobel Joseph E. Stiglitz demolisce il consenso prevalente sulle ragioni che hanno messo all'angolo l'Europa, criticando i campioni dell'austerità e proponendo soluzioni concrete ai problemi legati all'euro. La crisi ne ha infatti messo in luce i limiti. La stagnazione nell'eurozona e le sue fosche prospettive di ripresa sono un diretto risultato della sua sfida fondamentale: la pretesa di far condividere a un gruppo di paesi molto diversi un'unica valuta comune. L'euro è nato imperfetto, con un'integrazione economica che andava piú veloce di quella politica. L'attuale assetto monetario promuove la divergenza piuttosto che la convergenza. L'euro può essere salvato? Dopo aver messo a nudo il mal concepito mandato della Banca centrale europea volto al controllo dell'inflazione, spiegando come le politiche dell'eurozona, specie nei confronti dei paesi in crisi, abbiano ulteriormente esacerbato i difetti della sua progettazione, Stiglitz delinea queste tre possibili vie di uscita: riforme fondamentali della struttura dell'eurozona e politiche economiche da imporre ai paesi membri; un abbandono controllato dell'esperimento dell'euro come unica valuta; oppure un coraggioso nuovo sistema che ha chiamato «l'euro flessibile».