In passato si riteneva che nella storia del cristianesimo nessun secolo come il XX avesse avuto tanti martiri. Eppure, gli ultimi decenni sembrano già smentire quel convincimento e tratteggiare scenari in cui si intrecciano violenza e dolore, rancore e sete di rivalsa. Non è dunque un caso che proprio oggi aumenti l’attenzione, anche mediatica, per questo tema e per le beatificazioni e canonizzazioni dei «nuovi» martiri (spesso associati in grandi gruppi, come i «testimoni autentici del Vangelo» durante le guerre civili e i regimi totalitari, per esempio in Spagna e in Albania). L’interesse, d’altra parte, sembra accrescersi anche perché la Chiesa ha confermato di voler dare una lettura sempre più integrata e completa della morte per fede e sta insegnando a riconoscere – oltre alla forma di un martirio affrontato per non abiurare – anche il sacrificio di quanti perdono la vita per la giustizia e la carità.
Il libro, fonti alla mano e uno sguardo preferenziale alle più recenti cause approdate agli onori degli altari, spiega che cos’è il martirio cristiano, approfondisce alcuni casi, illustra gli orientamenti dei pontefici e riflette sulla struttura antropologica ed etica che la morte per la fede presuppone e implica.
In quali occasioni sperimentiamo in modo particolarmente incisivo la nostra umanità? Ci sono aspetti del vivere in corrispondenza dei quali la conoscenza di noi stessi e degli altri assume tratti di singolare pregnanza? Quale che sia la specifica risposta data alla domanda, la tesi dell’Autrice è radicale: «occorre per prima cosa prendere in considerazione il sentire».
Dedicata a questo aspetto originario della vita e al correlato mondo degli affetti, l’opera, insieme ai più celebri esponenti della ricerca fenomenologica del Novecento, riflette sui modi in cui un ordo amoris si costituisce e si manifesta, identificandone le diverse forme e i differenti ritmi.
Dall’amore – ricordano concordemente Hildebrand, Scheler e Stein – l’identità umana resta segnata in modo indelebile, mentre è chiamata alla fatica della coerenza e a riconoscere la propria e altrui singolarità, altrimenti inattingibile alla conoscenza.
Letto come un ultimo risultato della sempre ricca e vitale scuola fenomenologica o interpretato come un esercizio personale, attento e profondo di ricerca del senso, Immagini del sentire fa notare ciò che ogni persona non può ignorare: l’esigenza di apprendere la propria “grammatica del sentire”, l’insieme dei modi genericamente “possibili” e quindi antropologicamente ammessi per strutturare, nella logica di ricettività e responsività, un’esistenza intera.