Ancora oggi le schegge che compongono la raccolta dei Detti colpiscono con sorprendente precisione. Schegge le quali, tutte insieme, restituiscono un ritratto di Confucio che è fonte di stupore ininterrotto, ben diverso dall'immagine convenzionale che fu creata e venerata nel corso dei secoli, con l'accortezza di neutralizzare al tempo stesso il potenziale sovversivo dei suoi insegnamenti.
La scoperta della doppia elica del DNA nel 1953, cui Watson lavorava da anni, suggeriva la soluzione di due fra i più antichi misteri della biologia: l'archiviazione e la replicazione dell'informazione ereditaria. La doppia elica portava fin dentro la cellula una visione unitaria del mondo biologico e del mondo inanimato e, nella confusa complessità della biologia e nella sterminata varietà delle forme viventi, Watson introduceva un elemento materiale unificante e una nuova chiave interpretativa. Il cinquantenario della rivoluzione del DNA ha coinciso con la pubblicazione della prima sequenza del genoma umano e ciò ha offerto allo scienziato inglese l'occasione per una magistrale lettura della sua storia e dei suoi problemi.
Per anni, quando i suoi viaggi erano soprattutto quelli del filobus romano 62, da via Nomentana a piazza San Silvestro, Manganelli coltivò un sogno temerario: spingersi sino alle isole Faeròer. Nel 1978, vincendo timori e angosce, con una valigia munita di tutto quanto un "frequent flyer" giudicherebbe forse inessenziale - un Dickens come amuleto e "blande mani chimiche" che sappiano coccolare nei momenti difficili -, lo scrittore partì alla volta dell'arcaica Islanda, prima tappa della sua incursione nel grande Nord. E l'esito di quel viaggio è questo reportage: lo sguardo del traveller sembra capace di svelare la segreta essenza dell'"isola pianeta", dove il mondo è preumano, folle e criptico.
Il delitto seriale perfetto è possibile. Basta prendere una città in cui violentare, torturare e uccidere donne, preferibilmente giovani e immigrate dalle miserabili campagne circostanti. Quindi occorre assicurarsi la complicità della polizia, che si occuperà di depistare sistematicamente le indagini su alcuni presunti psicopatici. E infine bisogna muovere tutti i pezzi della scacchiera in modo tale che il governo non interferisca, e le multinazionali per cui le vittime nella maggior parte dei casi lavoravano non facciano domande. È possibile che una storia così concepita suoni troppo oliata e impeccabile per essere una finzione. E infatti è vera, fin nei minimi e raccapriccianti particolari.
Sui giornali del mattino non c era nulla. Si accontentavano di riproporre, con minori dettagli, quanto pubblicato il giorno prima sui fogli della sera. Improvvisamente si era creato un vuoto, come se il caso fosse giunto a un punto morto. Si sentiva frustrato. Il suo primo pensiero fu: "Ma che diavolo fanno?". Pensava a Janvier e agli altri del Quai des Orfèvres: risolvere il problema era il loro mestiere, no? Passarono diversi minuti prima che il suo senso dello humour riprendesse il sopravvento e lui riuscisse a farsi beffe di se stesso. Aveva reagito da lettore medio: non gli avevano servito la sua sbobba biquotidiana e ne era indispettito. Per un momento aveva avuto l'impressione che la polizia non facesse il suo dovere...
Che ragione poteva avere l'incantevole, frivola Kitty per sposare il gelido e inamabile dottor Fane - batteriologo alle dipendenze del governo inglese - se non il puro panico? Panico, soprattutto, di fronte alla prospettiva di deludere la madre, implacabile tessitrice di buoni matrimoni. Non meraviglia allora che Kitty cada subito vittima del sorriso incantatore dell'uomo più popolare di Hong Kong, Charlie Townsend, a sua volta regolarmente sposato. Ma nei romanzi di Maugham la beffarda complessità della vita scompiglia a ogni pagina le carte e rimette in gioco i destini...
Nella vita gli incontri decisivi sono spesso quelli meno previsti. Se questa legge generale è nota a tutti, lo sono meno le sue applicazioni, che per nostra fortuna Rachel Cohen ha deciso di raccogliere qui, concentrandosi su casi molto particolari. Vediamo così Mark Twain offrire una consulenza a un autore da cui si aspetta molto come editore, il generale Ulysses Grant; Marianne Moore farsi accompagnare da George Plimpton al Madison Square Garden, per un incontro di boxe con Floyd Patterson; e la madre di Richard Avedon dare un pugno al lift che ha rifiutato di far salire in ascensore James Baldwin. Sono solo tre dei trentasei incontri raccontati in questo libro che John Banville ha definito "meraviglioso e inclassificabile".
Negli anni Sessanta la Szymborska, incuriosita dal divario fra l'attenzione rapita che i recensori riservavano ai libri "nobili" (narrativa, saggistica storico-politica, classici), destinati tuttavia a restare in buona parte sugli scaffali delle librerie, e il vasto successo riscosso da manuali del fai da te, almanacchi, libri di divulgazione scientifica, decise che valeva la pena di dedicare a questi ultimi la sua attenzione. Da allora il futuro Nobel per la letteratura iniziò un lavoro di scavo controcorrente che usò il libro come pretesto per divagazioni in punta di (caustica) penna.
La "cattiveria" è la placida inesorabilità con cui Valéry anatomizza gli innumerevoli aspetti del mondo esteriore e interiore, per poi registrare le "osservazioni" in formule algide e incandescenti al tempo stesso, che s'impongono con la perentorietà delle evidenze. Alla luce sobria e perfetta di tali evidenze si assiste così alla metodica demolizione di molti edifici confortevoli dello spirito umano, in una continua e sconcertante variazione di prospettive, dal microscopico allo smisurato, dal concreto all'astratto, dal corporeo al mentale.
Jacques Austerlitz è un professore di storia dell'architettura, studioso di quei luoghi che, soprattutto nell'Ottocento, tendevano ad assumere forme involontariamente visionarie. Alto, dinoccolato, molto somigliante a Wittgenstein cui lo accumuna un vecchio zaino che costantemente porta in spalla, Austerlitz vive a Londra in un appartamento spoglio, privo di affetti e povero di amicizie. Dietro la sua dottrina si spalanca il vuoto. Austerlitz semplicemente non sa chi è e a un certo punto si mette alla "ricerca delle proprie tracce". Il passato riemerge lentamente ed è lacerante: tutta la sapienza dell'autore sembra concentrarsi in questo itinerario di ricerca assolutamente angosciante.
Come in un incubo, sin dall'inizio Joseph perde il controllo della situazione e viene travolto da eventi il cui senso gli è oscuro: prima la fuga da Parigi insieme a Charlotte, la compagna che, "in nome dell'Idea", ha ucciso l'uomo che era stato il suo amante. E che rifiutava di darle il denaro per finanziare il loro giornaletto anarchico. Poi, l'imbarco a bordo di una nave di contrabbandieri, il precipitare in "un universo incoerente, buio e fradicio", l'arrivo in una miniera d'oro colombiana, tra ragni, cimici e ratti, fino a Tahiti, dove Joseph incontrerà il suo destino...
L'autore di "La leggenda di Redenta Tiria" narra la storia di un amore che vive al di là della morte e di una feroce vendetta. Sin dalla prima pagina il lettore si trova immerso in un mondo arcaico e crudele, quello della Barbagia fra le due guerre. È qui che Mintonia e Micheddu si conoscono e si amano con la necessità prepotente ed esclusiva che è propria degli amori infantili. E continueranno ad amarsi anche quando Micheddu dovrà darsi alla macchia, anche quando Mintonia, "femmina malasortata", dovrà vederlo solo di nascosto e passare ore di angoscia a pensarlo braccato.