Come un Cicerone dalla sorprendente dottrina, affabile ma mai conciliante, Benedetto Croce fa scoprire al lettore il volto segreto della sua città: le vestigia della dominazione spagnola e le vite smodate dei soldati che vi furono di stanza; gli scomparsi "seggi" e l'epopea dei lazzari, fanaticamente devoti a san Gennaro e al re; il vocio assordante dei venditori; personaggi come il sacerdote archivista don Dima Ciappa, "religiosissimo uomo" che fece uccidere un giovane rivale in amore, e gemme come il palazzo Cellamare a Chiaia, dove si sedimentano secoli di storia, di vita artistica e letteraria. I saggi qui raccolti sono apparsi in origine tra la fine dell'Ottocento e gli anni Cinquanta.
Tutto comincia con una terrifica profezia pronunciata in un salotto di Mosca alla vigilia della Grande Guerra da un certo Ananchin: ciascuno dei presenti avrebbe assistito alla propria rovina e a quella della Russia, ciascuno avrebbe trovato una morte atroce e uno di loro, la bella Wera, avrebbe messo al mondo un demonio. Vent'anni dopo il conte Chlodowski, che allora stava per sposare la donna, ha visto realizzarsi ogni cosa: il vecchio mondo è stato travolto, lui è ridotto in miseria e a nulla è valso che Wera rinunciasse alle nozze e si facesse suora: la guerra e la rivoluzione l'hanno strappata al convento e spinta nelle steppe dell'Asia dove, violata da un assassino, ha avuto quel figlio che Chlodowski cerca ora di tenere lontano da sé.
Da qualsiasi angolo provengano - dalle sale borsa o dai laboratori di ricerca, dagli studi dei giuristi o dalle pagine di internet - le descrizioni della scena contemporanea concordano nel tratteggiare una situazione che si sottrae a qualsiasi forma di controllo. Forse per questo, paradossalmente, il diritto produce leggi a un ritmo senza precedenti nella storia conosciuta. E forse per questo dove il diritto viene disatteso si invoca il rimedio dell'etica. Ma diritto ed etica possono molto poco per arginare comportamenti che ovunque assumono sempre più spesso le forme di un'illegalità diffusa e diffusamente accettata. In questo libro l'autore ricerca una possibile via d'uscita dal labirinto in cui sembrano intrappolate le società in cui viviamo.
Nel 1528 un pugno di spagnoli, scampati a una spedizione nata sotto una cattiva stella, approda sul litorale del Golfo del Messico. Uno di questi è Nuñez Cabeza de Vaca. Nel corso di otto anni egli guiderà attraverso l'intero continente altri due spagnoli e un moro in un viaggio di inauditi patimenti che si rivelerà, alla fine, un itinerario salvifico. Piegati da una natura inclemente, ridotti dagli indiani a bestie da soma, perverranno alla più totale nudità interiore e scopriranno in sé un nuovo potere, che ci porta a dare pur non avendo più nulla da dare. Di tutto questo Cabeza de Vaca scrisse una relazione al suo re, che Long traspone in un racconto per immagini, nella sua lucida fantasia.
"La primavera di Cosroe" era un meraviglioso tappeto, ricamato di smeraldi, che il re persiano Cosroe II faceva distendere nella sala della sua reggia, per ricordare le gioie della primavera quando le nevi e le noie dell'inverno lo assillavano. Anche questo libro è un tappeto, tessuto di parole invece che di pietre preziose. L'artigiano che l'ha composto racconta la costruzione della città di Persepoli, storie di re luminosi e nascosti, di re benigni e crudeli. Dal culto del fuoco alle "Mille e una notte": un viaggio attraverso la civiltà iranica.
Nata nel 1911 e scomparsa nel 1979, Elizabeth Bishop è considerata una delle grandi figure della poesia del Novecento. Questo volume comprende quasi tutta la sua produzione poetica (sono escluse soltanto alcune prove giovanili). Il suo mondo poetico, composto di parole familiari, domestiche, spoglie, illuminanti, crea un gioco di iridescenze, un prisma di lacrime, di squame, di chiazze di benzina, miracolo che si schiude dalla finestra della pagina, una delle tante "gabbie per l'infinità".
È il 1960 e alcuni giovani italiani di buone letture decidono di snobbare le Olimpiadi di Roma e di visitare invece Olimpia e gli altri luoghi della grecità mitica, in un viaggio di formazione che anticipa il turismo di massa. I leggendari monumenti vengono percorsi da un'instancabile café society milanese e francese che si è formata soprattutto sulle Elene ed Elettre ed Ecube e Antigoni rifrescate da Giraudoux, Cocteau, Stravinskij, Anouilh, Poulenc, Sartre... Ecco quindi una "conversation pièce" d'epoca - allora "sofisticata" oggi forse archeologica - fra il Partenone, Olimpia, Delfi, Micene e Mikonos...
Per chiedere a Claire di sposarlo, l'ingegnere Nicholas Marlow non avrebbe dovuto scegliere il giorno in cui la sua ditta gli comunica il licenziamento. E prima di accettare un nuovo posto sul Continente avrebbe dovuto chiarire alcuni punti. Di quale lavoro si trattasse. Perché il suo predecessore fosse stato ucciso, se fossero da considerare parte del misterioso incarico le telefonate intercettate, la posta aperta, i movimenti controllati. Ma Nicholas è giovane e innocente, e decide comunque di partire. Nonostante sia il 1938, e l'Europa si trovi sull'orlo di una guerra. E nonostante la città grigia, fumosa e deserta in cui si addentri abbia un nome così strano e inquietante: Milano.
Con questo quarto volume Adelphi prosegue la pubblicazione della nuova edizione dei "Frammenti postumi" di Nietzsche, in una versione interamente riveduta, con apparati aggiornati e con l'inserimento di alcuni preziosi inediti. I primi due volumi sono apparsi nel 2004.
Il secondo volume dei "Romanzi" di Anna Maria Ortese è dedicato a quella trilogia fantastica ("L'Iguana", "Il cardillo addololorato", "Alonso e i visionari") che fonda uno dei più enigmatici bestiari del Novecento - dalla "bestiola verdissima e alta quanto un bambino, dall'apparente aspetto di una lucertola gigante, ma vestita da donna" sino al piccolo puma dell'Arizona oggetto di un odio irragionevole o di un amore inerme - e insieme delinea una dottrina, un'etica (o forse una mistica) dove il male è il "dolore recato all'altro" e l'amore, suo antidoto, "solidarietà cieca". Il volume contiene note ai testi che ricostruiscono la formazione dei romanzi.
In versi che scivolano uno sull'altro come onde, il poema dispiega lento i suoi temi, come un romanzo. Parla della silenziosa preghiera dell'arte, della memoria che stinge come il colore dei dipinti. E dell'esilio, emblema di quel senso di estraneità che alcuni si portano dentro ovunque, in ogni istante. Come Walcott (Nobel per la letteratura 1992) e il suo conterraneo Pissarro, separati da cento anni di storia, ma appartenenti entrambi a minoranze etniche e religiose, metodista il primo, sefardita il secondo. Due esuli volontari, che hanno scelto i climi freddi di New York e di Parigi. Due artigiani dalle vocazioni parallele, devoti allo studio del paesaggio e della luce.
Quando apparve per la prima volta, nel 1931, questo saggio si impose subito come un'opera in grado di gettare nuova luce su alcuni passaggi decisivi dell'arte medioevale in Occidente. E non mancò di sbalordire l'"occhio assoluto" che rivelava il suo giovane autore, nonché la sua capacità di individuare nel groviglio dei corpi, nell'esplosione del mostruoso, nell'oltranza antirealistica della plastica dei secoli XI e XII la segreta immanenza di un ristretto numero di schemi lineari fissi. Dietro l'apparente disordine e le violente sproporzioni della scultura romanica, Baltrusaitis intuisce così per primo la dialettica fra necessità architettoniche e una sorta di ossessione geometrica, di implacabile rigore formale.