Una rilettura innovativa del capolavoro di Raffaello a 500 anni dalla sua morte, in un libro riccamente illustrato. Per gli appassionati di arte in generale; per chi vuole approfondire - attraverso l'arte - alcuni degli elementi chiave della fede cristiana. Ben leggibile e divulgativo. "La più bella, la più celebrata, la più divina": così Giorgio Vasari già a metà del Cinquecento definiva la "Trasfigurazione" di Raffaello, il vertice della produzione dell'artista scomparso nel 1520, a soli 37 anni. Su di essa negli ultimi cinque secoli si sono versati i proverbiali fiumi di inchiostro, per decifrarne la complessità compositiva e tematica. Il saggio di Dohna Schlobitten rilegge il capolavoro di Raffaello in modo innovativo, concentrandosi sul ruolo unico e decisivo nella sfera della fede e della spiritualità che l'artista attribuisce alla donna, simboleggiata nella figura che campeggia al centro del dipinto e che l'autrice identifica con la Maddalena.
Il nome di Michelangelo è sinonimo di genio e di artista per eccellenza. Pochi lo conoscono come poeta. Raramente si fa riferimento alla sua fede. Eppure la fede fu il caso serio della sua esistenza, e l’intera opera del maestro può essere letta come una poderosa testimonianza cristiana. La Pietà Rondanini, a cui Michelangelo ottantanovenne stava ancora lavorando quando morì, è una meditatio mortis, un testamentum vitae, una professio fidei nella Risurrezione scolpito nella pietra. Lungi dal presentarsi come opera incompiuta, si lascia intendere come estrema parola della sua speranza pasquale. Attraverso queste pagine, talvolta incisive come i colpi di scalpello, l’autore ci propone una lettura teologica dell’ultima opera michelangiolesca, che diventa scultorea interpretazione del mistero pasquale.
Per interpretare un capolavoro come la Vergine delle Rocce, opera del genio rivoluzionario di Leonardo da Vinci (1452-1519), occorre essere molto discreti e prudenti. La Vergine delle Rocce è da sempre considerato un dipinto tanto affascinante quanto di difficile lettura, in cui il soggetto tematico si presenta in modo sfuggente. Di che cosa parla realmente? Che cosa sta comunicando? Qual è il suo segreto? Andrea Dall'Asta, teologo, critico e storico dell'arte, ne propone un'interpretazione innovativa, a partire da un dettaglio apparentemente sfuggito a decine di commentatori: che cosa indica davvero la mano dell'angelo? Scopriremo, al termine di una lettura originale e accurata dell'opera, che quel dito puntato ci indica il luogo oscuro e misterioso che ha accolto il Figlio di Dio, al cuore del segreto del mondo.Una rilettura originale e innovativa di uno dei dipinti più enigmatici di Leonardo, a partire da un dettaglio decisivo: che cosa indica davvero la mano dell'angelo?
«Artista, scienziato, architetto, filosofo, eretico, dedito all'esoterismo, massone. Ogni epoca ha sottolineato (spesso falsandolo) un volto del poliedrico genio di Vinci. Parlare di Leonardo teologo è corretto o è una forzatura? L'autore di questo saggio, attingendo con rigore agli scritti e alle opere di Leonardo (lasciando invece cadere ogni leggenda o interpretazione arbitraria), mostra come «negli scritti di Leonardo troviamo frequenti riflessioni sul rapporto che intercorre tra l'arte della pittura e Dio. Inoltre la maggior parte delle opere che di lui possediamo è di tema indubitabilmente sacro: creazione, incarnazione, redenzione. Leonardo è teologo per la sua capacità di rappresentare la totalità. Tutta la sua produzione pittorica è un grande inno al Creatore.» (dalla prefazione).
Riflettere sui vizi capitali è come fare un viaggio dentro il mistero dell'uomo, un'esplorazione nell'«abisso del cuore» di cui parla il Salmo, dove bene e male si confrontano. E quale guida migliore dell'arte? Questo libro riccamente illustrato racconta come artisti di varie epoche abbiano interpretato i sette vizi capitali. Attraverso gli occhi dell'arte e soprattutto dell'arte di ispirazione cristiana - che ha prospettato per immagini i grandi temi della vita dell'uomo con il costante riferimento alle Sacre Scritture - ogni vizio capitale viene indagato grazie alle opere di grandi maestri come Giotto, Dürer, Correggio e di autori poco noti al grande pubblico, ma non per questo meno interessanti e stimolanti.
Una riflessione approfondita sulla vita come 'vocazione' attraverso alcune opere d'arte. I capitoli hanno uno sviluppo simmetrico: un testo biblico accostato a un'opera d'arte, poi il commento artistico/teologico e alcune provocazioni per la riflessione.
Dice drago, l'uomo del Medioevo, e dice orrore: simbolo di malvagità, creatura delle tenebre, bestia immonda contro cui non ce scampo né salvezza, se non invocando la protezione celeste. L'arcangelo Michele, a capo delle schiere celesti, combatte contro «il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana» nel celebre racconto dell'Apocalisse. Una lotta rinnovata, sulla terra, da san Giorgio, modello per tutti i cavalieri cristiani. Ma anche da un religioso come papa Silvestro, o da eroine come Marta di Betania e Margherita d'Antiochia... Storie e leggende che fanno parte dell'immaginario medievale. Insieme a quelle che parlano del grifone, della chimera, del basilisco, attingendo alle Sacre Scritture e rielaborando i miti antichi. Un mondo fantastico, illustrato nei codici miniati, scolpito nei chiostri monastici, dipinto a vivaci colori sulle pareti delle chiese.
La luce fa emergere un'esperienza originaria dell'uomo, individuando gli oggetti, creando tra loro relazioni, dando loro volume e profondità, facendo vivere forme e colori. Tuttavia, in una costante dialettica tra vita e morte, gloria e dramma, da sempre la luce è un potente simbolo della presenza del divino che illumina la storia umana. Dall'età paleocristiana a quella gotica, dal Rinascimento al Barocco, con un'attenzione particolare ad artisti come Piero della Francesca, Tiziano, Caravaggio o Vermeer..., in un'interdisciplinarietà tra arte e architettura, teologia e filosofia, l'autore delinea un'inedita e originale "storia" della luce, centrale per comprendere la nostra contemporanea visione del mondo occidentale. In un progressivo passaggio nei secoli da una luce teologica a una luce fisica che sarà poi indagata dagli Impressionisti, questo suggestivo racconto diventa riconoscimento della bellezza del mondo e di Dio, interrogazione sul senso più profondo del mistero della vita.
La cintura non è solo uno dei più semplici e pratici capi di abbigliamento, ma è anche un simbolo antico, a partire dalle cinture che compaiono nei primi capitoli del libro della Genesi. Gli autori ripercorrono in questo saggio, tra storia dell'arte, esegesi biblica e antropologia culturale, la lunga storia della cintura come simbolo di seduzione, sacrificio e potere al femminile, che culmina nella devozione alla "Madonna della Cintola", diffusa soprattutto in area toscana.
Il libro è un estratto di "Caravaggio. La luce e le tenebre". Il bagliore e la tenebra, l’ombra e la luce. Il nostro occhio, sorpreso, meravigliato, al primo impatto non sa dove posarsi, in questa Vocazione di san Matteo del Caravaggio. Scivola sulle giubbe ricamate, sfiora una piuma in cima a un cappello, s’impiglia nelle pieghe di una veste. Evita, per ora, come per un istintivo pudore, l’intensità degli sguardi, il gesticolare nervoso delle mani. E dopo un attimo di esitazione, si sofferma infine sulle monete sparse sul tavolo, lucenti d’argento. Come dice quel detto? «Il denaro è lo sterco del diavolo». Già. Ma dal letame possono nascere fiori…
Il Cenacolo di Leonardo da Vinci è uno dei vertici della pittura di tutti i tempi. Il maestro del Rinascimento italiano lo dipinse negli ultimi anni del Quattrocento, nel refettorio del convento domenicano di Santa Maria delle Grazie a Milano. E fu una vera rivoluzione. Nonostante il rapido e irreversibile degrado, infatti, nulla è riuscito a distruggere il fascino di quest’opera unica e straordinaria: Rubens, quasi a nome di tutti gli artisti “moderni”, sentenziò che essa aveva raggiunto «un tale grado di perfezione» che gli sembrava impossibile parlarne in termini adeguati, «e tantomeno imitarla». Ma questa Ultima cena è innanzitutto una vibrante icona spirituale, scaturita dalla sensibilità di un talento profondamente religioso, che mettendo in scena il drammatico istante dell’annuncio del tradimento, porta lo spettatore al cuore del mistero eucaristico, e quindi della fede cristiana.
Un classico sulla spiritualità dell'iconografia orientale. Un commento ispirato alla 'Trinità' di Rublev.