Il testo descrive l’azione di sperimentazione del Cooperative Learning secondo i principi della didattica metacognitiva, che costituisce un interessante campo di ricerca soprattutto se questo connubio viene praticato con i bambini della scuola dell’infanzia di quattro-cinque anni. Viene qui evidenziata anche una riflessione sullo stato della ricerca riguardante l’applicazione della metacognizione nella didattica e l’uso del Cooperative Learning non soltanto come strategia inclusiva, ma anche come strumento di promozione di una reale costruzione della conoscenza condivisa e socializzata. Il Cooperative Learning è progettato, praticato e verificato in unione alle strategie proprie della didattica metacognitiva. L’autrice sperimenta per la prima volta in Italia questa nuova metodologia composita nel contesto della scuola dell’infanzia. Ciò ha comportato l’indagine di un ambito complesso, le cui numerose variabili sono portate a conoscenza dello studioso: dalla rilevazione delle funzioni metacognitive dei bambini alla promozione della motivazione all’apprendimento; dalla rilevazione di eventuali criticità nell’apprendimento alla progettazione di interventi didattici metacooperativi di supporto, dalla preparazione degli insegnanti a usare, in ottica metacognitiva, il Cooperative Learning alla strutturazione di attività ludiformi, rispondenti agli obiettivi della ricerca. Vengono, infine, descritte alcune attività didattiche da un punto di vista metacooperativo, riproducibili nei diversi contesti organizzativi della scuola dell’infanzia e applicabili ai vari campi di esperienza.
Il volume vuole offrire un supporto utile agli studenti di scienze della formazione primaria e ai docenti già in servizio in merito ai concetti fondanti della Storia e della Geografia in relazione all’Educazione alla cittadinanza ma anche all’educazione ambientale e interculturale per cui le due discipline sono un validissimo strumento. Il testo propone in modo semplice e chiaro un percorso che muove dalle caratteristiche epistemologiche della storia e della geografia per poi addentrarsi nelle modalità di progettazione, fino a fornire una panoramica degli strumenti utilizzabili fin dalla scuola dell’infanzia per promuovere la maturazione delle competenze disciplinari in una logica verticale. La trattazione è arricchita da alcuni esempi di unità di apprendimento di carattere geo-storico.
«L’incidenza della Legge circa lo svincolarsi della libertà dallo stato di mera potenzialità» e «il rapporto causale che intercorre tra due libertà situate a gradi diversi di attuazione» sono i due plessi vitali su cui Edda Ducci riflette nelle pagine di questo attualissimo libretto. Essi rappresentano «tratti di un lento camminare, in cui avvertire una crescente sensazione d’ignoranza, proporzionata all’approfondirsi e all’esistenzializzarsi dell’analisi». Il compito affinché ci si possa direzionare verso il cammino che porta alla Libertà, l’autrice lo delega all’educazione, ad una «forza debole», attraverso cui può passare l’umanazione e senza cui può dilagare la disumanazione. Sono pagine che non hanno la pretesa di essere esaustive, che non intendono essere il resoconto di un’indagine; pretendono molto meno, «essere un “brogliaccio” di future riflessioni per chi legge», come lo sono state per la stessa autrice. Il loro fine è quello di far sentire e comprendere come il limite sia essenziale ad ogni superamento, ad ogni ipotesi di trasgressione, ad ogni crescita del potenziale, di quel misterioso potenziale umano «dicibile come il diventare l’io che si è».
In Maria Montessori, pedagogista e scienziata, personaggio complesso e sui generis, si intersecano positivamente interesse e pratica della scienza, ispirata allo "spirito scientifico" e aperta ai più moderni sviluppi del sapere; spiritualità, legata a un cattolicesimo interpretato a suo modo e alle posizioni della teosofia; azione sociale: a difesa dei carcerati, dei bambini disabili, della donna, dell'infanzia mortificata. Tutto ciò raccordato nella centralità della fiducia nelle infinite potenzialità del bambino, all'insegna dell'ottimismo e della libertà e sostenuto da un'educazione discreta, con un ambiente e materiali appositi, che ne sviluppi l'autonomia.
Tutto quel che riguarda l’educativo, il suo essere in sé ma anche quanto a lui si riferisce o con lui si collega, ha una storia parzialmente ripetitiva, che è facile rilevare. L'educativo è una realtà che si coglie immediatamente, quotidianamente. Implica ogni soggetto umano senza nessuna distinzione. Si intranea in tutti gli eventi umani, perché tutto ciò che ha significanza umana a lui si riferisce direttamente o indirettamente. Nessuno, al sentirlo nominare, pensa che sia cosa non saputa, o che, tanto meno, esiga specifiche informazioni o una particolare cultura. Chi però si ferma a riflettervi, chi non è distratto di fronte a esiti positivi o ad esiti negativi (sovente tragici), chi tenta di approfondire anche un elemento minimo di quelli essenziali, prende coscienza di una personale ignoranza, che sembra allargarsi man mano che qualcosa viene acquisito.
Il dialogare è una realtà antica come l’uomo. Tutti ne sanno, perché tutti lo sperimentano in bene o in male. Di tanto in tanto, però, qualcuno ne riparla, perché ha un motivo o più motivi per farlo. Qui i motivi sembrano vari. C’è l’idea non comune di considerare il dialogo un approdo, ossia vederlo come l’attraccare a un punto che è fermo rispetto a un andare insicuro, in solidarietà, in bilico sul naufragio. Eppure il dialogare è per natura dialettico, chiede movimento non staticità. C’è un filo di presunzione nel voler parlare concretamente di dialogo, come accenna il dire il tema con un verbo; ma si parla di dialogo minore: il dialogo che tutti gli uomini, consapevoli o no, bramano; a cui tutti hanno diritto; a cui l’educazione potrebbe preparare e avviare sì da prevenire tanto soffrire e tanta solitudine. Si parla di un dialogo minore per farne risaltare la bellezza folgorante. Perché il dialogo minore, al riparo dagli accademismi e dalla retorica, si muove sulle sicure coordinate della stima per l’uomo, per la sua verità, e dell’amore par l’uomo, per la sua bella perfezione. Il dialogo minore impedisce al dialogare di scadere a strumento. Sul tema del dialogare c’è l’intento di percepire i ritmi del canto fermo, quelli che permangono nei millenni. Questo vuole un affinamento: dell’udito e del gusto interiore. E qui viene avanzata l’ipotesi che ciò possa annoverarsi tra i compiti della filosofia dell’educazione. Si tratta di finalizzarne le analisi non soltanto a un dire rigoroso circa il dialogo per trovar posto in un sistema teorico, ma alla sensibilizzazione di chi è impegnato nell’educazione di altri o nell’educazione di sé. Forse è un compito insolito per la filosofia dell’educazione. A qualcuno potrebbe risultare estraneo e impugnarne la validità scientifica. Ma l’ambito scientificamente rigoroso, senza pensare affatto che ciò sminuisca il suo rigore, ammette la geometria euclidea e le geometrie non euclidee.
Giocare-senza-giocattoli non è uno slogan né una moda del momento, ma la proposta del recupero del gioco libero e spontaneo dei bambini mediato da non-giocatti ossia da elementi naturali o oggetti della quotidianità che non sono stati progettati originariamente per giocare. L'esperienza del cestino dei tesori, del gioco euristico, degli adventure playground e della playbox costituiscono alcune delle proposte per la rivalutazione delle attività ludiche che non richiedono uso di giocattoli preconfezionati, prodotti dell'industria specializzata del giocattolo, ma si riferiscono a materiale "povero", quotidiano e all'esperienza dell'outdour education. Un aspetto particolare del gioco senza giocattoli è rappresentato dalla mindfulness che viene proposta come attività ludica per favorire l'attenzione selettiva, la concentrazione e il silenzio anche con bambini piccoli. Esperienze e ricerche compiute con educatrici ed insegnanti connotano le proposte presentate per giocare senza giocattoli.
Se Alberto Manzi fosse ancora tra noi, nel 2024 avrebbe festeggiato il centenario della sua nascita. Il maestro considerava l'alfabetizzazione come la chiave fondamentale per accedere a tutte le forme di libertà, un irrinunciabile strumento per comunicare e aprire nuove opportunità. Questo libro è un viaggio nel suo impegno di educatore, attraverso un alfabeto di idee, valori, ispirazioni e suggestioni. Che già conosciamo Alberto Manzi o no, che il nostro approccio sia più da studiosi o da curiosi, poco importa. Questo alfabeto valoriale ci offrirà un percorso agile e aperto per scoprire i valori fondamentali del suo approccio pedagogico e umanistico. Dalla A di "accesso" alla Z di "zitti", passando per la G di "gioco" e la T di "tensione cognitiva", il testo ci guiderà alla scoperta delle lezioni del maestro, mostrandoci ciò che ancora possiamo imparare da lui.
La malia che sempre esercita un’edizione critica recente (la Leonina), la lusinga di inserire un pensatore autorevole (Tommaso d’Aquino) in una collana seria, sono le occasioni per la presente edizione del de magistro.
Le motivazioni di fondo, che spiegano la riproposta, si raccolgono in una, nella convinzione cioè, che il testo non rappresenta un reperto archeologico, e neanche un documento storico datato, anzi di impone per la vigorosa presas d’atto di istanze inamovibili e mai risolte circa il rapporto dell’uomo alla realtà, alla comunicazione giusta, alla verità, e circa il più squisito evento umano: la trasmissione da mano a mano, da generazione a generazione dei vertici raggiunti.
Per il testo a fronte, oltre ai motivi che solitamwente inducono l’editore, c’è un motivo proprio affidato allo stile della traduzione: rendere invogliante e gustoso il passaggio alla lingua in cui il soggetto é stato pensato e detto, perché l’eterno problema del rapporto maestro discepolo si avvale dell’apporto prezioso di sfumature delicatissime.
Se la sua attività pedagogica è universalmente nota, non può dirsi altrettanto della vita di Maria Montessori, donna all'avanguardia, libera e indipendente, che ha attraversato due guerre mondiali e una guerra civile. Secondo lei, il modo migliore di contribuire alla pace sociale è di prendersi cura dell'inizio della vita: l'infanzia.