Parliamo di chiese, quelle affascinanti testimonianze della Tradizione cristiana. Il volume è concepito innanzitutto come un corso, che pretende di offrire una trattazione organica e interdisciplinare sulla natura degli edifici di culto cristiani. Questo è un libro di Teologia: gli edifici di culto sono studiati alla luce del Mistero di Dio rivelato in Cristo. Ma questo è anche un libro di Architettura. L'Architettura è il modo per mezzo del quale lo spazio liturgico si è "incarnato" nella Storia, diventando materia, forma, luce, arte, bellezza.
"Nell'anno europeo del patrimonio culturale, il dipartimento dei beni culturali del Pontificio Consiglio della Cultura, in collaborazione con l'Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l'edilizia di culto della Conferenza Episcopale Italiana e la Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana, ha voluto convocare un convegno con due tematiche attuali e ampiamente discusse: la dismissione di chiese e la gestione integrata dei beni culturali. [...] Puntare l'attenzione sul fenomeno della nuova destinazione d'uso di antichi luoghi di culto si inserisce nella questione della gestione integrata dei beni culturali della Chiesa. L'ampia proporzione del problema è trasversale e sensibilizza non soltanto le comunità cristiane, ma anche l'opinione pubblica, in virtù della valenza simbolica e rappresentativa delle chiese nel tessuto urbano e paesaggistico." (dall'introduzione generale)
Questo volume intende colmare una vistosa lacuna nell'ambito degli studi berniniani e offrire un contributo inedito alla definizione critica della figura dominante del Barocco romano. Molto si è scritto su Gian Lorenzo Bernini, ma alla fama di questo artista non hanno contribuito solo le penne dei suoi sostenitori e detrattori, ma anche la circolazione delle stampe coeve, una sorta di "istantanee del passato" in grado di raggiungere «le più lontane nazioni»: incisori italiani e stranieri si sono confrontati con le opere del maestro, dando alla luce un gran numero di riproduzioni che le botteghe calcografiche romane, spesso in competizione tra loro, producevano con ritmi serrati per soddisfare le richieste di un vasto pubblico. La fortuna grafica delle opere del Bernini è documentata dall'ampio catalogo, che conta oltre cinquecento incisioni: una sorta di "Galleria Berniniana", circoscritta agli anni in cui l'artista è ancora in vita e ai decenni successivi. Il volume Bernini tradotto costituisce un repertorio insostituibile rivolto a tutti gli studiosi del Barocco e del suo più grande interprete. Presentazione di Tommaso Montanari e prefazione di Barbara Jatta.
Il volume prende le mosse dal convegno organizzato dalla Sovrintendenza Capitolina presso il Museo di Roma (Palazzo Braschi) nel dicembre 2014 con il titolo "I sogni nel cassetto. Metafora del viaggio e viaggi reali". Il cassetto è la "cassela" del pantoscopio, il popolare strumento con il quale, attraverso una funicella, si facevano scorrere le stampe ottiche per offrire agli spettatori l'opportunità di vedere luoghi sconosciuti, compiendo un viaggio immaginario. Da quelle giornate di studio sono derivati gli approfondimenti e i contributi oggetto di questo libro che affronta i diversi aspetti legati al tema del viaggio: dalla cartografia alla letteratura, dalle vedute ottiche ai diorami, ai panorami, alla fotografia, fino alle soglie del cinema. Le immagini che illustrano questo complesso percorso - esso stesso articolato come un viaggio - provengono dalle collezioni grafiche-fotografiche-pittoriche del Museo di Roma, del Museo di Roma in Trastevere, del Museo Napoleonico, del Museo del gioco e del giocattolo presso la Centrale Montemartini. La presentazione di un ricco apparato: iconografico, in gran parte inedito, rappresenta l'occasione per far conoscere a un più vasto pubblico la ricchezza delle raccolte comunali.
La prima parte di questo volume è dedicata alla teologia dell'immagine, con i contributi di Franc?ois Boespflug, Le manteau des saints, ou comment le concile de Trente a placé les images sous leur protection; di Michelina Tenace, All'origine del Decreto sulle immagini di Trento, il Concilio Nicea II, e di Alessandra Bartolomei Romagnoli, Rappresentazioni della santità mistica prima e dopo il Concilio di Trento. La seconda parte riguarda, invece, l'identità e la genesi del decreto, a cominciare dal contributo di Paolo Prodi, Storia, natura e pietà: il problema della disciplina delle immagini nell'età tridentina. Altri tre saggi sono incentrati sulla presenza al concilio del teologo gesuita Diego Laínez e sul suo ruolo nella genesi del decreto sulle immagini: Paul Oberholzer SJ, Diego Laínez come teologo del Concilio e la presenza gesuita nel concetto della sua identità; Lydia Salviucci Insolera, La formulazione del Decreto sulle immagini nei manoscritti di p. Diego Laínez, e Mirella Saulini, Diego Laínez e l'elaborazione della scrittura del Decreto. La terza parte riguarda la ricezione del decreto, con alcuni esempi storici e artistici chiarificatori: Roberto Pancheri, La raffigurazione del concilio di Trento come "historia sacra"; Cristina Mandosi, Istruzione del cardinale Gabriele Paleotti per la Costruzione delle Cappelle nei Palazzi, e Anna Eleanor Signorini, Le cappelle gentilizie a Roma dalle norme tridentine ai primi trattati di fine '500: il caso dell'agostiniana Cappella Cavalletti (1603-1605). L'ultima parte è dedicata alla pala d'altare dell'Assunzione della Vergine di Scipione Pulzone nella cappella Bandini, in S. Silvestro al Quirinale, la cui iconografia deriva da una consultazione avuta dai committenti direttamente con il cardinale Gabriele Paleotti. L'analisi di questa famosa pala serve a rimarcare la complessità dell'incontro concreto tra il significato teologico dell'immagine e la sua effettiva elaborazione in un'opera d'arte. I contributi sono di Luigi Mezzadri CM, San Silvestro al Quirinale fra rinascimenti e riforme; di Lydia Salviucci Insolera, L'Assunzione della Vergine di Scipione Pulzone tra stile e teologia, e di Cristiana Bigari, Gli stucchi cinquecenteschi e la pala d'altare della cappella Bandini in S. Silvestro al Quirinale. In appendice, a cura di Mirella Saulini, le trascrizioni latine e le relative traduzioni del decreto tridentino, con una selezione di brani di p. Laínez.
Il volume è la prima monografia generale su Monte Mario, articolata nei vari aspetti storici, artistici e architettonici dal medioevo fino alle idee di parco novecentesche, nell'ambito della piacentiniana "corona dei colli" che si prolunga nel misterioso itinerario dantesco ideato di Raffaele de Vico. Si ritiene che sul monte si trovasse la villa di Marziale con la spettacolosa vista sui sette Colli: una postazione che diverrà meta costante di osservazioni e di mirabili vedute panoramiche. Successivamente il Monte verrà caratterizzato dalla presenza di ville, edifici religiosi e apprestamenti difensivi Il nome "Mario" si deve finalmente al "magnifico" Mario Melimi con la sua splendida Villa-Accademia-Museo. La peculiarità del Monte è quella di un punto di vista "esterno", per chi arriva a osservare la città con un sentimento di conquista e di dominio visivo: dall'estasi dei pellegrini fino all'emozione dei viaggiatori del Grand Tour al cospetto della Città Eterna. Contributi di Aldo Altamore, Roberto Banchini, Sandro Bari, Giuseppe Bonaccorso, Vincenzo Cazzato, Simonetta Ceccarelli, Anna Maria Cerioni, Annarosa Cerutti Fusco, Pier Andrea De Rosa, Marina De Santis, Massimo De Vico Fallani, Francesca Di Castro, Francesco Paolo Di Teodoro, Marco Faccini, Marcello Fagiolo, Franca Fedeli Bernardini, Luciana Frapiselli, Maria Barbara Guerrieri Borsoi, Claudio Impiglia, Carolina Marconi, Alessandro Mazza, Francesco Poppi, Elisabetta Precida, Simone Quilici, Sandro Santolini.
"Raramente come nel libro di De Luca si capisce perché Raffaello è sul serio un sommo pittore, Michelangelo un artista prodigioso e ipercreativo, Perugino e Pintoricchio dei magnifici edificatori di testi pittorici dominati con una sapienza ed una scaltrezza di fronte alle quali non c'è che da cadere ammirati. De Luca è uno dei nostri maggiori specialisti e come tale si pone in questo libro non tanto e non solo come un poderoso e intelligente divulgatore ma come un coerente e amabile narratore che sa tradurre in descrizione e spiegazione innumerevoli aspetti che il normale osservatore dell'opera d'arte neanche nota e che il lettore di questo libro comprende essere non importanti ma determinanti. Chi vuole imparare a leggere il linguaggio raffaellesco potrà trarre da queste pagine più insegnamenti di quelli contenuti in monografie di immane mole e profondissima dottrina. È il libro di De Luca il 'saper vedere' dei nostri tempi. Un umanista, che è nel contempo un formidabile tecnico, ci guida attraverso la propria esperienza di scrutatore e operatore su questi giganti dell'arte. Visti da vicino, dunque, e vedendoli da vicino siamo messi nelle migliori condizioni di capirli, con una conseguente e notevole conclusione: che la conoscenza dell'arte possa essere divulgata purché il divulgatore sappia parlare con le mani e l'intelletto insieme. L'arte figurativa è questo, e la cognizione della tecnica e del restauro non è un orpello. È indispensabile." (Dalla Presentazione di Claudio Strinati)
Calvino, Gadda, Landolfi, Levi, Malerba, Manganelli, Moravia, Pasolini. Di questi, solo Moravia è romano: "Non mi sono mai mosso da Roma, ma dentro Roma sì che mi sono mosso" (dice uno dei tanti personaggi dei Racconti romani). Gli altri hanno voluto che Roma ospitasse le loro esistenze, e che le loro esistenze ospitassero Roma. Calvino viene a viverci stabilmente solo nel 1980 (un anno dopo l'uscita di Se una notte d'inverno un viaggiatore), Gadda vi si trasferisce nel 1925, Landolfi si aggira per Roma fin dai primi decenni del Novecento (nel 1913-14 frequenta la prima elementare), Levi arriva nel 1945 (quando viene chiamato a dirigere "Italia libera"), Malerba "migra" nel 1950 (dopo aver fondato la rivista "Sequenze"), Manganelli fugge a Roma nel 1953 (lasciandosi alle spalle qualche storia d'amore), Pasolini - nel 1950 - vede nella città eterna un'occasione ideale per liberarsi del suo passato. "Solo la lettura ama l'opera - scriveva Barthes - e mantiene con essa un rapporto di desiderio". Tenendo sempre a mente queste parole, è stato possibile dialogare con questi scrittori, vederli passeggiare per le strade di Roma, incontrarli per caso in un caffè del centro, osservarli mentre allungano il passo per tornare a casa perché hanno lasciato un libro in sospeso. Postfazione di Filippo La Porta.
Figura con cui il teatro, le arti e gli studi non hanno mai smesso di confrontarsi, Don Giovanni è stato rappresentato da Maurizio Scaparro in tre diverse versioni sceniche. La prima, in una rielaborazione che testimonia l'incontro del Burlador de Sevilla di Tirso de Molina con i Comici dell'Arte, alle origini della diffusione del mito; la seconda, dedicata al capolavoro di Mozart; la terza, alla visione romantica di Zorrilla. Realizzato dal 2001 al 2003 in Italia, Francia, Spagna, nei più importanti teatri, il progetto di Scaparro è il risultato di un impegno che ha coniugato le esigenze di una personale ricerca artistica con il bisogno di stabilire proficui rapporti all'interno della scena europea.