La prassi quotidiana dell'operatore o dell'assistente sociale è costellata di aspetti burocratici che s'incarnano sempre in documenti scritti da elaborare per ogni occasione di rapporto con le istituzioni. Il libro di Floris e Mostardi si propone di aiutare gli addetti dei servizi sociali in questo lavoro di scrittura puntuale ed efficace. La prima parte del manuale è stata pensata come una guida per orientarsi nei procedimenti corretti di costruzione di un testo e affinare le competenze della pragmatica della comunicazione: dall'aspetto sintattico della frase, alla punteggiatura, dal registro linguistico appropriato, all'organizzazione dei diversi testi. La seconda parte invece è centrata sulle differenti tipologie testuali in uso nel lavoro pratico dei professionisti del sociale, con l'obiettivo di migliorare la scrittura argomentativa e informativa nelle comunicazioni formali con interlocutori diversi, oltre alla corretta stesura di progetti e documentazione degli interventi. Un'ultima parte è dedicata alle innovazioni tecnologiche delle intelligenze artificiali, come ChatGPT che ha aperto nuovi orizzonti e riflessioni nella scrittura.
La rivista Script, fondata nel 1992, era nata da un gruppo di sceneggiatori con l'ambizione di innovare e modernizzare il cinema italiano. Un cinema la cui presunta parte migliore - autori, critica, università - era ancora immersa nelle acque della Nouvelle Vague. Quella Nuova Onda, su cui avevano surfato i ragazzi degli anni Sessanta, spentasi nel resto del mondo, dopo trent'anni si era trasformata nel nostro paese in una palude. Quello che presentiamo è il secondo di tre volumetti che antologizzano il meglio di Script. Questo è dedicato alle strutture e alle forme della scrittura cinematografica. Il film è un racconto narrato per scene, tramite immagini. C'è l'autore che lo crea - lo sceneggiatore - e chi invece lo trasforma in immagini - il regista. Un film non può esistere senza la sceneggiatura, mentre la sceneggiatura esiste anche senza il film. Lo script può essere letto, raccontato, adattato e messo in scena per il teatro o restare lì, in attesa di una realizzazione cinematografica. Perché la storia scritta preesiste a qualunque rappresentazione. Ma come è fatta una sceneggiatura? Per quasi vent'anni la rivista Script si è occupata della questione con articoli e anche attraverso un Corso di formazione Script/Rai che ha creato una nuova generazione di sceneggiatori. Di tutto questo si parla nel volumetto che raccoglie i testi più significativi sull'argomento. Scrive Stefano Locatelli nella sua Introduzione: «[...] per dirla in maniera un po' sintetica, mi pare che la sostanza del lavoro, a volte vera e propria battaglia, fatta da Script, e spesso dall'attività editoriale di Dino Audino, sia questa: studiare e comprendere le fenomenologie, addirittura descrivere una fisiologia e anatomia della drammaturgia, non per farne dei modelli, ma per individuare principi di funzionamento, e principi che funzionano da almeno 2500 anni, che non possono che costituire anche la premessa di qualsiasi innovazione (sì, anche del teatro post-drammatico; ma già anche del teatro epico, come per altro ben evidenziava lo stesso Brecht) [...]».
La rivista Script, fondata nel 1992, era nata da un gruppo di sceneggiatori con l'ambizione di innovare e modernizzare il cinema italiano. Un cinema la cui presunta parte migliore - autori, critica, università - era ancora immersa nelle acque della Nouvelle Vague. Quella Nuova Onda, su cui avevano surfato i ragazzi degli anni Sessanta, spentasi nel resto del mondo, dopo trent'anni si era trasformata nel nostro paese in una palude. Quello che presentiamo è il primo di tre volumetti che antologizzano un'esperienza - durata quasi vent'anni - che ha influenzato una generazione non solo di scrittori ma, più in generale, di giovani professionisti del cinema. E ci piace pensare abbia fatto venire dubbi e ripensamenti a chi ha gestito la fallimentare politica culturale e industriale del nostro comparto audiovisivo. Scrive Andrea Minuz nella sua Introduzione: «Sfogliando la raccolta di articoli, saggi, interventi che avete tra le mani vi renderete subito conto, sin dalle prime pagine, perché Script è "una rivista che viene dal futuro". Se il primo volume si intitola Per una diversa idea di cinema è perché le idee che circolavano dentro Script erano davvero diverse rispetto a tutto quello che si leggeva e diceva nel mondo del cinema italiano di quegli anni. [...] Ci trovo dentro cose mai lette prima: l'idea che la regia è un iceberg e la parte importante sta sotto, la convinzione che gli sceneggiatori sono i veri creatori del film [...] che il cinema è uno sport di squadra e il film un prodotto pensato in funzione di un investimento e di un mercato, non il trastullo narcisistico di registi presuntuosi che giocano a fare Cassavetes con i fondi pubblici e così via. Sarebbe però riduttivo pensare a Script come a una rivista di critica cinematografica. In quelle pagine prendeva forma una precisa idea di politica culturale. C'erano diverse proposte concrete che ahimè all'epoca restarono lettera morta, salvo vederle messe in pratica poi un po' ovunque, e ora inseguite anche qui, tra mille difficoltà e vecchie resistenze ancora fortissime, col solito, tipico ritardo italiano, che non di rado diventa poi fatale».
Un boss mafioso si rivolge alla psicoterapia. Un serial killer uccide altri serial killer per soddisfare la propria sete di sangue. Un professore di chimica si scopre abilissimo nella produzione di droga. Sono Tony Soprano (I Soprano, HBO, 1999-2007), Dexter Morgan (Dexter, Showtime, 2006-2013) e Walter White (Breaking Bad, AMC, 2008-2013), personaggi moralmente riprovevoli a cui la "nuova serialità" ha affidato il ruolo di protagonista. Ma su di loro grava un pesante interrogativo: come può lo spettatore apprezzare personaggi che violano costantemente i nostri principi morali? Figure che, nella vita reale, condannerebbe senz'appello? «Il libro di Margrethe Bruun Vaage, tradotto qui per la prima volta in italiano, intercetta questo dibattito, rilanciandolo in modo polemico. Mentre fino agli anni Novanta le narrazioni seriali erano per lo più dominate da strutture manichee, la televisione della "terza golden age" punta su strutture complesse e modali, abitate da personaggi difficili, intricati e moralmente ambigui. [...] Il libro è un invito a operare un aggiornamento della cassetta degli attrezzi al fine di comprendere, tramite uno svelamento dei meccanismi di funzionamento testuale e psicologico dell'antieroe, perché la serialità complessa ha preso il sopravvento nell'immaginario del nostro tempo» (Dalla Prefazione di Damiano Garofalo).
Se chiedete a un giornalista, affermato o meno, perché abbia scelto di scrivere per guadagnarsi da vivere, la risposta che vi darà, proverbialmente, sarà: «Fare il giornalista è sempre meglio che lavorare».
La realtà è che saper scrivere è ben più che un talento o una dote, e che per arrivare a lavorare in un giornale sono fondamentali sì l’abilità nel raccontare storie e la passione per la comunicazione ma soprattutto il costante aggiornamento personale e un continuo esercizio sulla scrittura.
Questo libro non è un semplice manuale di tecnica. È, piuttosto, un lungo viaggio compiuto “testi alla mano” attraverso tutti i generi giornalistici, analizzando per ciascuno di essi i pezzi più decisivi degli ultimi anni in una sorta di autopsia della struttura, della forma e delle tecniche più efficaci sperimentate da giornalisti e scrittori dei principali giornali italiani.
Obiettivo: insegnare al lettore che è possibile provare a scrivere come un reporter, un commentatore o un intervistatore sia per diletto che per esercitare la propria passione per la notizia o, più ambiziosamente, per imparare dalle grandi firme del passato e dai professionisti di oggi a raccontare “per mestiere” la società in cui viviamo.
«Conosciamo le regole del calcio, ma non abbiamo una padronanza nemmeno paragonabile delle regole del discutere, un gioco molto più vitale. E mentre sappiamo giudicare di testa nostra le prestazioni in campo di un calciatore, non sappiamo valutare, con altrettanta autonomia di giudizio, le prestazioni di due che discutono. Una volta tanto, facciamo diventare oggetto di dibattito il dibattito stesso. Riflettiamo sulle sue mosse e le sue regole». A vent'anni dall'uscita di Botta e risposta torna, in un'edizione aggiornata, il libro di culto che ha reintrodotto l'arte della disputa nel nostro Paese. Una lettura agile e brillante che non si limita a definire cosa sia un dibattito regolamentato, ma suggerisce schemi argomentativi tipici, mosse prevalenti (nel duplice senso di più frequenti e più forti) e criteri di valutazione utili per mettere in difficoltà l'interlocutore e difendersi dagli attacchi verbali.
Negli ultimi vent'anni si è affermata una nuova generazione di direttori della fotografia. L'avvento del digitale e l'attuale tecnologia dei corpi illuminanti hanno supportato delle scelte artistiche di illuminazione che, solo alla fine del secolo scorso, non si potevano nemmeno immaginare. È in questo quadro che si inserisce il Laboratorio di fotografia cinematografica, dieci lezioni che, tramite lo studio degli strumenti e delle tecniche usate per "impressionare la pellicola", rivelano tutti i segreti necessari a conoscere e approfondire la costruzione dell'immagine del film. La scelta dei corpi illuminanti, delle ottiche, della macchina da presa, il rapporto con la propria squadra e con la troupe, la palette di colori e i motivi di alcune decisioni artistiche vengono presentati alla luce di determinate scene selezionate ad hoc. Partendo dalla sceneggiatura, passando per il piano di produzione, fino alla valutazione delle inquadrature e dei materiali per realizzarle, il libro conduce un'accurata analisi delle lavorazioni, esaminando anche i principali generi narrativi visti con gli occhi del "DOP". Un'ampia proposta di esercitazioni pratiche conclude il percorso, e offre ulteriori elementi per contribuire alla formazione di nuovi direttori della fotografia o, anche, per rispondere a tutte le curiosità che sorgono attorno a uno dei ruoli più affascinanti del mondo del cinema.
Guardare è un processo attivo. A dispetto della sensazione che proviamo, la percezione è un percorso esplorativo che si organizza attorno a dei centri di attenzione. L'occhio si muove rapidamente dal locale al globale (e viceversa) per carpire al mondo nuove informazioni e, grazie a "tante inquadrature", elaborare un'immagine della realtà unitaria e significativa. Anche un film è il risultato di molte inquadrature, montate in una successione. E montare un film significa (anzitutto) predeterminare un percorso di visione che guidi lo spettatore a recepire l'interezza della pellicola in maniera congruente e comunicativa. Ma come funziona questa arte? E con quali principi? Avvalendosi della lunga pratica messa in atto da registi e montatori nel corso della storia del cinema, Inquadratura, scena, sequenza spiega i fondamenti, i criteri, gli espedienti (ma anche le convenzioni) che sorreggono il lavoro che l'occhio dell'autore fa per lo spettatore; ed esplora le forme di linguaggio che ogni prodotto audiovisivo (sia esso di finzione, di informazione, di promozione, di osservazione) possiede. Scritto a quattro mani da due autori professionalmente impegnati come montatori, forte della selezione di oltre 400 fotogrammi analizzati e commentati in maniera mirata, il libro è pensato per chi insegna e per chi studia, ma è anche una guida per chi desidera intraprendere in concreto questa straordinaria professione.
La polemica è una discussione tra sordi? Di fronte ai conflitti sopra le righe e le contese urlate dei talk show televisivi, la polemica sembra uno sforzo finalizzato solo alla prevaricazione dell'altro. Ma le cose non stanno così. "Viva la polemica viva" per la prima volta mette sul piatto della bilancia le caratteristiche positive della polemica e mostra che è sì un conflitto, ma tutto particolare, perché quando si tenta di confutare l'altro ciò che viene messo alla prova è anzitutto la tenuta delle proprie opinioni. Non solo: polemizzando si realizza la dimensione razionale e sociale che caratterizza ogni essere umano, e si genera comprensione della realtà attraverso il confronto. La difficoltà, quindi, è saper fare polemica per rispondere alla sfida della democrazia: legittimare il dissenso e non porre fine alle controversie. In queste pagine il lettore viene condotto in una palestra dove allenare le proprie capacità polemiche: attraverso principi, strategie e correttivi, imparerà ad affrontare ogni discussione dando ragione delle proprie ragioni. L'obiettivo è che in ogni dibattito polemico vinca la ragione migliore, senza mascherare divergenze e contrasti. Indirizzato agli insegnanti delle scuole superiori, un manuale per tutti quelli che, su una qualunque tematica, vogliano intraprendere una "corsa agli armamenti" di tipo comunicativo. Prefazione di Adelino Cattani.
Si può inventare una storia vera? È questa la sfida del documentario narrativo, quel film che documenta la realtà coinvolgendo lo spettatore in un racconto. Per vincere la sfida il film focalizza l'attenzione sulla vicenda vissuta da uno o più personaggi, e segue l'evoluzione della loro storia. Ma basta questo per mettere la vita in forma di racconto? È sufficiente accumulare ore e ore di girato per restituire la verità umana di una persona? E come fare a rendere queste esperienze emozionanti non solo per chi le vive ma anche per chi vorrà guardarle? Come "far uscire" le storie dalla vita? Il documentario narrativo risponde a queste e alle altre domande che si pone chi vuole fare cinema della realtà. E lo fa per mezzo di un percorso metodologico e didattico, attraversando casi diversi, sondando come i principi della drammaturgia di finzione possano essere applicati al documentario. Una cassetta degli attrezzi obbligatoria per chi vuole praticare l'arte del documentario oggi, indispensabile per gli studenti di cinema e dedicata a tutti quelli che vogliono imparare a gestire il delicato rapporto tra mimesi e mondo reale.
Letteratura e cinema, in ambito accademico, sono due mondi sostanzialmente separati. Questo libro si propone di gettare un ponte. Non solo perché, nella pratica, sono moltissimi i film che sono stati tratti da romanzi, o perché spesso chi scrive romanzi scrive anche film, ma soprattutto in ragione della natura intrinseca di queste due forme d'arte, che sono essenzialmente due forme di espressione narrativa. Entrambe lavorano infatti su storie, personaggi, ambienti, conflitti e risoluzioni. Una riflessione teorica, dunque, ma anche un pratico libro-guida sia per chi vuole comprendere e studiare il fenomeno da un punto di vista concettuale che per giovani sceneggiatori che desiderano lavorare a progetti di adattamento da romanzi a film. In questo primo volume si esamina l'adattamento non solo da classici o grandi successi letterari, ma anche da "piccoli" romanzi (come il caso di Forrest Gump), da fumetti (il mondo Marvel e DC Comics) o da opere teatrali (Neverland, Il discorso del re). Si guarda inoltre alla trasformazione di romanzi in serie televisive, esaminando classici come Guerra e pace sia testi più contemporanei.
Quali sono gli strumenti teorici e pratici che bisogna padroneggiare per rendere efficace un racconto audiovisivo? I due volumi che compongono "Gli strumenti della regia" illustrano le basi teoriche che è necessario conoscere, sia per chi studia cinema (in particolare gli studenti delle scuole superiori con indirizzo audiovisivo e quelli del primo anno delle facoltà universitarie di Cinema) che per il film-maker autodidatta. Le spiegazioni teoriche sono affiancate da un ricco apparato di esercitazioni pratiche, frutto dell'esperienza pluriennale dell'autore in ambito didattico, grazie al quale il lettore potrà verificare quanto appreso. Questo primo volume, "Le basi della messa in scena", fornisce gli strumenti teorici e pratici per gestire nel miglior modo possibile le inquadrature, per orchestrare adeguatamente i principi della narrazione per immagini, per inscenare varie forme di dialogo e per acquisire nozioni indispensabili per valorizzare l'utilizzo della camera con la quale si gira.