La prima edizione di 'Le poesie' di Tommaso Campanella, fu pubblicata da Einaudi a Torino, nel 1998. Esaurita da tempo viene sostituita da questa nuova edizione, che la accresce notevolmente con aggiunte che il curatore ha tratto da propri lavori successivi e con altre aggiunte inedite.
La terza parte dell'opera completa di Giovanni Testori, dal 1977 al 1993.
Con "La regina delle fate", Edmund Spenser intese dare all'Inghilterra il poema epico che ancora le mancava; lo fece quando, sul trono, sedeva Elisabetta I Tudor, figlia di quell'Enrico VIII che, con lo scisma da Roma e la fondazione della Chiesa Anglicana, diede al paese una forte impronta nazionalistica. E celebrazione della rinnovata Inghilterra protestante è il poema di Spenser, come è celebrazione di Elisabetta, cantata sotto il nome di Gloriana, regina dell'immaginaria terra fatata che è, insieme, proiezione della realtà storica e spazio utopico di una nostalgia per una passata età dell'oro. Spenser progettò un poema immenso: dodici libri di dodici canti ciascuno. Ne portò a compimento solo sei; ma questi sei, più il frammento di un ipotetico libro settimo, danno un'idea compiuta della grandezza poetica di Spenser, della magia della sua lingua, della ricchezza delle sue conoscenze e aspirazioni. Questa è la prima traduzione integrale in italiano de "La regina delle fate". La sua presentazione vuole colmare una lacuna della cultura italiana, presso la quale Spenser poca fortuna ha goduto; quando invece continuo è stato il dialogo da lui intessuto con i nostri Petrarca, Ariosto, Tasso, Trissino, Castiglione, Guazzo.
Il poeta si trasforma in tutte le motociclette e in una supercar. Scrive questo poemetto che si legge come un racconto che va a trecento all'ora. "L'Italia è morta, io sono l'Italia" è un viaggio dentro e sopra il corpo di una donna da amare, venerare, possedere. È bellissima e massacrata; è stuprata e vergine. Contempla tutte le città, l'arte; anticipa lo scandalo di calciopoli, deride e provoca i politici nani e gli assessori cocainomani. Esalta gli antichi guerrieri e disprezza la stupidità dei nostri giorni conformisti. Il poeta "Ducati-Maserati" corre per lo Stivale zozzo di fango e dunque morto. Ma la bellezza dell'Italia risorge come un amore con "il capo biondo, assassina l'anima per soffrire di più e morire di più". "L'Italia è morta, io sono l'Italia" è la storia del nostro Paese che si legge in mezz'ora. Provoca e fa ridere. Ti droga senza droga. Ci siamo tutti: dalla A alla Z. Con un saggio di Luca Doninelli.
"Marcisce anche il pensiero" è uno spaccato temporale - l'ultima mezz'ora della sua vita - del filosofo Immanuel Kant. Un grande evento per un'opera letteraria insolita e forte, come il suo autore. Sgalambro si misura con un linguaggio dai mille strati, memore della potenza dantesca. I suoi versi sono intrisi di citazioni letterarie, filosofiche, storiche, di frasi e vocaboli classici e stranieri, e in apparente contraddizione, di azioni, gesti e comportamenti quanto mai quotidiani, di dotte terminologie sposate a un turpiloquio drammatico, per dire e ridire tragicamente il male e il bene, l'alto e il basso, il nobile e l'ignobile, che sono il luogo dell'umano, quel luogo descritto o anche solo sfiorato in cui si agisce, si sente, si vive e, troppe volte, si sopravvive. Sgalambro è poesia oggi.
"Vita imperfetta" è il racconto in prima persona di una donna che sette anni prima ha perso il grande amore della sua vita, ma non per questo sente di aver interrotto il rapporto che la legava a lui. Si trova quindi a vivere in un assurdo presente, imprigionata da ricordi che le impediscono di guardare con fiducia al futuro. Il distacco dagli amici più stretti e il pericoloso pensiero di porre fine alle sofferenze sembrano insuperabili, ma un nuovo anno porterà una rinnovata vitalità nella vita della protagonista.
Ritornare ai greci e al loro patrimonio poetico, cinquant'anni dopo Quasimodo, è stata la scommessa e anche l'azzardo cui si sono accinti ottantasette tra scrittori, poeti, filosofi e artisti di oggi, quasi a voler restituire nel multiforme caleidoscopio delle loro voci un intatto deposito di idee e di forme, di passioni intellettuali e di tensioni espressive, altrimenti irriducibili a un'unica, sebbene sapiente e raffinata intonazione. Dagli Inni Omerici a Saffo, Archiloco, Alceo, Pindaro fino ad Agazia e Romano il Melode; un affresco inedito di dieci secoli di canto che ripropone tutto il fascino dell'ambiguità e frammentarietà del mondo greco, dall'apogeo alla decadenza, in un serrato confronto tra poesia classica e sensibilità e linguaggio moderni.
Un libro che accompagna il lettore con una scelta di citazioni sull'essenza della vita selezionati da uno degli scrittori più amati del nostro tempo, Paulo Coelho.
L'amore per Emily Dickinson è la grande legge interna, indifferente alle vicissitudini minori, capace di capovolgerne il significato. Le poesie d'amore formano un gruppo cospicuo dell'intera opera dickinsoniana, e Massimo Bacigalupo, studioso e curatore dell'opera della grande poetessa americana, raccoglie in questo volume il meglio della sua produzione.
Amore, mai sentimento è stato così tanto indagato, cantato, narrato. E banalizzato. Ma la figura di questa passione universale, di questo vero e proprio motore del mondo, cambia col passare del tempo? La scommessa di Marcoaldi è tutta qui. Si, l'Amore cambia. Si sposta, si complica, si arricchisce. Si fa più incerto, intermittente, nascosto, solitario. Per questo è necessario, oggi, provare a scrivere un nuovo canzoniere che, fin dal titolo, "Amore non Amore", sappia dar conto della intrinseca equivocità, della ambivalenza assunta da questo sentimento; un canzoniere, dunque, capace di essere al contempo romantico e ironico, appassionato e lucido, tenero e sarcastico, evitando qualunque rischio di proclama pomposo e solenne.
Questa antologia ripropone in nuova versione "Kubla Khan" di Coleridge e "Tintern Abbey" di Wordsworth, "Ozymandias" di Shelley e "So we'll go no-more a roving" di Byron, accompagnati da composizioni poco note o assolutamente sconosciute. I poeti antologizzati in questi due volumi sono trentadue, per oltre tredicimila versi con testo a fronte, a dimostrazione che i "minori" da quelli di grande nome come Walter Scott e T.L. Peacock, a quelli da riscoprire in toto come Thomas Moore e Felicia Hemans - furono quanto mai vitali. L'opera è corredata da apparati critici e bibliografici.
Le liriche di Houellebecq inseguono l'inafferrabile, la vita, il sesso, l'amore, la frenesia del lavoro, le luci al neon di metropolitane in corsa e le buste di plastica dei supermercati affollati. Malinconiche nel rievocare il tempo dell'infanzia e dell'amore, spietate nell'affermare che questo tempo non ritornerà: quello che rimane a noi, oggi, è poco più di un cassetto vuoto o di un lembo di moquette consunta. Con una postfazione di Aldo Nove.