Esordisce nel 1962 con un documentario contro la pena di morte. In seguito gira due film sullo stesso tema, rivedendo le proprie posizioni. Incrocia Alfred Hitchcock, improvvisa un musicarello con Sonny e Cher, conquista la fiducia di Harold Pinter. William Friedkin è il regista di successi epocali da Oscar come Il braccio violento della legge e L esorcista, ed è responsabile di alcuni dei fallimenti più costosi della storia di Hollywood. Dirige opere liriche, film a basso costo, telefilm. La sua carriera è unica, nel cinema americano e non solo. E unica è anche la sua autobiografia. "Mi chiedo che cosa mi attragga così ossessivamente verso temi inquietanti," dice di sé. Ma a differenza di tanti suoi colleghi, non coltiva il mito di una vocazione autoriale. Non che non sia cinefilo: dopo tutto è un ragazzo di Chicago folgorato da Quarto potere e dalla nouvelle vague. Ma in questa autobiografia mostra, con grande onestà intellettuale, che il cinema è un'impresa faticosa e spesso dominata dal caso. Errori grossolani si possono rivelare provvidenziali; mentre l'impulso di un attimo può compromettere mesi di lavoro. Più che celebrare i propri trionfi, Friedkin è interessato a svelare i retroscena, le occasioni perdute, le scelte sbagliate e le coincidenze fortuite, la follia propria e altrui. Riconosce la propria hybris, con la serenità di chi ha alle spalle una carriera avventurosa e imprevedibile, e ha saputo ogni volta ripartire da capo.
Vittorio De Sica raccontato dal figlio Manuel. Una autobiografia congiunta che rilegge la vita e la carriera artistica del regista di capolavori del cinema, rendendo omaggio alla figura dell'artista, dell'attore ma anche dell'uomo e del padre. Un De Sica dolorosamente diviso tra due famiglie, che dormiva una sera ai Parioli, nella casa in cui viveva con Giuditta Rissone e la figlia Emi, e una sera all'Aventino, con Maria Mercader e i figli Manuel e Christian. La vita sul set, il lavoro con gli attori, il sodalizio con Cesare Zavattini, l'omaggio dello star system hollywoodiano, il rapporto con i grandi autori e produttori si mescolano a ricordi d'infanzia e aneddoti di vita famigliare, restituendo il ritratto di un Vittorio De Sica privatissimo e segreto. II libro è arricchito da un personalissimo racconto per immagini curato dallo stesso autore.
Le migliori battute di "Tutti pazzi per amore" divise per argomenti: Amore, Amicizia, Sesso, Genitori e Figli, Essere Nonni, Omosessualità, Bambini, Sogni e Fantasie, La Dura Realtà, Uomini e Donne, Come trovare il partner sbagliato, Ex, Suocere, Adolescenti, Il peggio del sesso maschile, Il peggio del sesso femminile, il Primo Appuntamento, Come dirsi addio nel modo peggiore. Ma oltre a questo sillabario della commedia (sentimentale e non) contemporanea, anche un'antologia di battute organizzate per personaggi. A chiudere il volume, un'appendice con tutte le cinquantadue risposte date al pubblico televisivo dall'ormai mitico tuttologo, il dottor Freiss, l'espertone in tutto.
"Mean Streets", "Taxi Driver", "Toro scatenato", "L'ultima tentazione di Cristo", "Kundun", "The Departed", "The Aviator", "Shutter Island": sono solo alcuni dei film con cui Martin Scorsese ha reso grande il cinema americano. Acclamati dalla critica, hanno unito la sperimentazione al successo di pubblico. Questo libro consente di riviverli dall'interno, attraverso le parole e lo spirito del suo creatore. E le loro complesse vicende produttive diventano un'introduzione all'arte di realizzare un film. Richard Schickel ci guida attraverso la vita e l'opera di Scorsese: da ragazzo, negli anni Cinquanta, cercava di evadere dalla realtà di Little Italy grazie al grande schermo; e in seguito, da regista, ha modellato la propria ambizione su una conoscenza enciclopedica della storia del cinema. Scorsese rivela la base autobiografica di tanti suoi lavori, mostrando azzardi e scommesse. Parla dei suoi film che ormai sono diventati classici e di quelli meno noti, documentari compresi. Spiega il suo stile, l'attenzione al dettaglio, l'amore per i film di genere. E discute di ciò che la cinefilia gli ha insegnato a proposito di regia, recitazione, fotografia, montaggio e musica. Il risultato è un'illuminante storia della Hollywood moderna vista attraverso gli occhi di uno dei suoi protagonisti più coraggiosi. Scorsese mette a prova ogni volta le aspettative del pubblico, senza temere di affrontare temi controversi come la religione e la violenza istituzionalizzata.
Come è stato rappresentato l'Altro nei classici dell'antropologia e dell'etnografia? Quale immagini hanno costruito la nostra idea di alterità, di selvaggio di umanità nei libri di Lévi-Strauss, Bateson, Margaret Maed? Dai materiali esotici filmati da William Heise per Edison, ai film di Flaherty e Schoedsack e Cooper, dai film di Paul Fejos nei suoi anni post hollywoodiani ai materiali di studio di Lévi-Strauss in Brasile e di Bateson e Mead a Bali, sino alla trama post neorealista di Jean Rouch e al lavoro in India di Rossellni. Il volume traccia una genealogia delle immagini irrisolte dell'alterità, dell'ambiguità e della necessita delle rappresentazioni, del conflitto tra set e analisi sul campo, tra grammatiche dello spettacolo e progetti di conoscenza, tra flagranza del filmato e pratica di documentazione e testimonianza, salvage antropologico e messa in scena filmica di un mondo primitivo e a-storico, nelle forme e nei generi che il film e il cinema costituiscono nel novecento.
Un testo inedito ovunque, trascurato, quasi dimenticato negli archivi Lilly dell'Indiana University e riemerso solo grazie a un labile indizio bibliografico, che ha segnato un punto d'incontro tra due straordinari artisti del Ventesimo secolo. Siamo nel pieno della seconda guerra mondiale, Orson Welles è in crisi, ormai relegato ai margini della grande cinematografia. Ma il suo cervello continua a lavorare, e il progetto per un film tratto da questa storia incantata che l'ha folgorato sta per prendere forma. Addirittura pensa a una collaborazione con Walt Disney, per effettuare alcune sequenze a cartoni animati. Non vanno d'accordo, due geni sono troppi, e alla fine Welles rinuncia alla realizzazione del film. Ci rimane questa occasione di rilettura in chiave cinematografica, ancorché inattuata, di una storia che ormai appartiene a ogni generazione. Prefazione di Enrico Ghezzi.
Un maestro del cinema contemporaneo, premio Oscar nel 1990 con "Nuovo cinema paradiso", racconta la passione e la professionalità che si nascondono dietro la macchina da presa. Da Kurosawa a Fellini, da Truffaut a Pasolini, i maestri del grande schermo prendono vita in una grande conversazione sull'arte dei sogni di celluloide, un percorso attraverso film e protagonisti che hanno acceso le emozioni di intere generazioni.
“Sto preparando nella mia mente e anche sulla carta la formazione di nulla meno che un romanzo. Il protagonista dovrebbe essere un ragazzo della mia età (17 anni), [...] i tipi fondamentali li ho già trovati e sono gente che ho conosciuto e osservato. [...] ci vorrà un anno e più; ma sono sicuro che quando l’avrò finito avrò fatto qualche cosa di buono.”
Alberto Moravia, lettera ad Amelia Rosselli del maggio 1925
Alberto Moravia era legato per nascita ai fratelli Rosselli: Carlo e Nello, assassinati in Francia su mandato del fascismo italiano. Con loro, suoi cugini, e con tutta la famiglia Rosselli, in particolare con la zia Amelia, Moravia intratteneva un costante carteggio, qui raccolto con circa 60 lettere: Amelia Rosselli (1870-1954) svolse un ruolo decisivo nella formazione umana e intellettuale del giovane scrittore. Molte lettere sono state scritte da Moravia durante la degenza al sanatorio di Cortina e testimoniano della sua sensibilità di adolescente e della formazione letteraria e culturale nel periodo della lunga convalescenza. Quel che ne emerge, insieme ad altre lettere familiari e ai primi esercizi poetici, è un vero e proprio ritratto dello scrittore da giovane – quando già letture e interessi facevano presagire il futuro di grande scrittore che di lì a poco lo aspettava. Le lettere registrano infatti la crescente minaccia del regime, che sin dagli anni Venti si abbatte con violenza sui Rosselli, protagonisti della lotta antifascista, e negli anni Trenta in modi più circospetti anche sul loro cugino, divenuto ormai l’autore famoso degli Indifferenti. Il rapporto tra Moravia e i Rosselli prosegue oltre la morte di Carlo e Nello e presiede nel ’50 al discusso romanzo Il conformista. Un capitolo ineludibile del Novecento italiano.
Nel buio della sala, irrompe sullo schermo l'immagine della Monument Valley, con la sua distesa di sabbia e di arbusti, le montagne squadrate di arenaria e le rocce rosse, la Sentinel Mesa e i West Mitten. Che cos'è questa visione che appare così forte e così instabile, con i suoi colori e la sua impalpabilità, che cos'è l'immagine filmica? Una finestra aperta sul mondo o una forma prodotta artificialmente, il mondo stesso o un simulacro? È uno specchio in cui possiamo riconoscerci attraverso l'immagine dell'altro, o una superficie che ci mostra vedenti e visibili al tempo stesso, o una scena in cui si sviluppa un racconto che ci aiuta a comprendere la nostra esistenza? È una rappresentazione realistica o è il risultato di un lavoro di simulazione? È un'immagine meramente riproduttiva o ha una forza intellettuale e simbolica o ci permette di visualizzare i fantasmi psichici e le figure dell'inconscio? Il libro si sviluppa attorno a queste domande, che riflettono la volontà di interpretare l'immagine filmica nella sua ricchezza significante e nella sua molteplicità, grazie anche all'analisi di film di Hitchcock e di Welles, di Lang e di Bufñuel, di Ford e di Godard, di Kubrick e di Warhol, di Lynch e di Stone. Attraverso un confronto con la riflessione di Nietzsche e di Heidegger, di Merleau-Ponty e di Deleuze, di Derrida, di Lyotard e di Ricoeur, il saggio cerca di comprendere il cinema attraverso il pensiero e di allargare il pensiero grazie ai concetti prodotti dall'immagine filmica.
Curi intende dimostrare come il cinema riesca nella straordinaria impresa di rendere visibile l'intellegibile, di tradurre cioè il pensiero in immagini. Il cinema, o meglio i film sono testi ricchi di significato, di motivi filosofici e sono l'oggetto proprio del libro. Non, quindi, una aporetica teoria del cinema, o un'ennesima teoria estetica su ciò che è bello e ciò che è brutto. Vengono analizzati una ventina di film comparsi nell'ultimo triennio per saggiare in quali forme e con quali esiti la produzione cinematografica corrisponda ai grandi interrogativi di oggi. Il volume è organizzato per temi: la figura dello straniero; il rapporto amore-morte; l'ambivalenza della violenza; l'enigma del tempo.
A partire dai segni più evidenti del cambiamento in atto (la perdita dell'egemonia dello sguardo nei processi di percezione sensibile, la rottura del legame ontologico tra immagine filmica e realtà, l'affermarsi sempre più marcato di un "regime di simulazione" nei modi di produzione del visivo), il volume studia la crisi della forma che investe tanto il cinema contemporaneo come un sintomo di lucidità ermeneutica e diagnostica, e individua nelle due grandi serie di "Alien" e "Batman" il territorio privilegiato per indagare la mutazione che sta cambiando in profondità non solo il cinema, ma anche la forma del mondo che lo produce e lo consuma.