Monferrato, 1943. Lisa Vita Finzi ed Enrico Levi, zio del futuro scrittore Primo, fuggiti da Genova in campagna allo scoppio della guerra, dopo l'8 settembre capiscono di non essere più al sicuro tra le mura del palazzo dei Martinenghi dove si erano trasferiti all'inizio del 1941. Con una coppia di amici cercano rifugio a Lerma nell'antico santuario della Rocchetta, dove da qualche anno è approdato uno strano prete, don Luigi Mazzarello. Intelligente, affascinante e dal passato turbolento, don Luigi riuscirà con abilità a resistere alle intimidazioni dei nazifascisti e a salvare la vita dei suoi protetti ebrei, mentre nei monti circostanti infuria una delle peggiori stragi nazifasciste del nostro paese, l'eccidio della "Benedicta", che portò all'uccisione di 147 partigiani e alla deportazione in Germania di molti altri giovani. "Quattro ore nelle tenebre" ricostruisce questa vicenda drammatica, una delle tante piccole luci che si accesero nel momento più cupo della storia.
Verso la fine del 1945 a Lele d'Amico fu diagnosticata una grave forma di tubercolosi, e il giovane aspirante musicologo fu costretto al ricovero in una clinica svizzera, dove avrebbe trascorso sedici mesi. Sua moglie Suso rimase sola con due figli piccoli. Decisa a cavarsela da sola, si impegnò in lavoretti precari prima di trovare uno sbocco partecipando a delle sceneggiature cinematografiche, con un successo al quale lei stessa stentò a credere. Intanto seguiva la crescita e i progressi della prole, e cercava di tenere alto il morale del marito lontano. Gli scrisse tutti i giorni, lettere allegre e dettagliatissime in cui riscaldandolo col proprio affetto e con quello dei figli lo aggiornava sui suoi amici del mondo della musica (Rota, Casella, Petrassi, Previtali) e sulla cerchia degli intellettuali nell'orbita dei rispettivi genitori, Silvio d'Amico e Emilio Cecchi. Inoltre gli descriveva la propria nuova attività, che la metteva in contatto con tutta una schiera di brillanti cineasti vecchi e nuovi (Castellani, Zampa, Ponti, Soldati, Flaiano, cui presto sarebbero seguiti Visconti, Zavattini, De Sica). Ma soprattutto in questo diario a beneficio di un solo lettore c'è la cronaca del risveglio di una città come Roma, ferita ma proiettata con alacre entusiasmo verso il futuro.
Carlo Verdone si racconta per la prima volta in un flusso di ricordi ricco, sorprendente, tenero ed esilarante. Si parte dalla giovinezza e dal vissuto nella mitica casa paterna, grande protagonista del libro: l'incontro con Vittorio De Sica, il rapporto con i genitori e i fratelli, gli scherzi (tanti, fulminanti), le prime esperienze sentimentali ma anche i drammi famigliari. E poi il cinema: i primi passi al Centro Sperimentale sotto la guida di Roberto Rossellini, la genesi dei film, i retroscena, gli aneddoti più inediti e divertenti, il rapporto con gli attori. Quindi le amicizie che hanno segnato la sua vita: Sergio Leone, Federico Fellini e Massimo Troisi. E senza tralasciare il grande amore di Carlo per la musica: i primi concerti di Beatles e Who, gli incontri con David Bowie, David Gilmour e Led Zeppelin. Un libro per scoprire un "privato" inedito e i molteplici aspetti di un regista, attore, autore che ha ammaliato, divertito, fatto riflettere generazioni di italiani. Un artista che - attraverso la sua trentennale carriera - ha tracciato un formidabile, lucido, disincantato e talvolta spietato ritratto del nostro paese.
"Non intendo rinnegare le preghiere tradizionali che ho detto per tutta la vita; ma le dico e non le sento... Vorrei scrivere una preghiera bellissima". Questo diario personale di Flannery O'Connor, scritto tra il 1946 e il 1947 ai tempi dell'università in Iowa e di recente ritrovato tra le sue carte in Georgia, è molto più di una raccolta di preghiere: è un singolare dialogo con Dio, il colloquio silenzioso e appassionato di una giovane donna intelligente alla ricerca della propria strada e determinata a metterla al servizio di una causa superiore. Una finestra sull'interiorità di una delle maggiori narratrici americane del secolo passato. Scavando nel profondo dei propri sentimenti e paure - di essere mediocre, stupida, presuntuosa - Flannery O'Connor si esercita in un costante confronto con la fede cattolica e i maestri che la ispirano come Freud, Proust e Rousseau. In questo documento, arricchito dalla riproduzione anastatica delle pagine del diario, già emerge l'umiltà e la sensibilità priva di retorica di un'autrice le cui ambizioni e valore letterari si intrecciano con una incessante tensione verso il divino e la grazia. Prefazione di Mariapia Veladiano.
Una casa. Una famiglia. Tutto ciò che June Reid ha di più caro le viene strappato da uno spaventoso incidente a cui lei sola sopravvive. Ed ecco che le decorazioni di fiori pronte per la festa di nozze della figlia diventano corone, l'aspettativa per il nuovo inizio si fa lutto, il futuro si trasforma in un passato prossimo ingombrante e doloroso. June volta le spalle a tutto questo e fugge. Si fermerà solo sulla riva dell'oceano, alla fine di un viaggio alla cieca che la conduce nel luogo in cui una giovane coppia si è promessa felicità e un'altra coppia la felicità se l'è presa e la coltiva nella vita di ogni giorno. Proprio come quella di June, tutte le voci che animano questo romanzo parlano di verità da disseppellire e perdite o assenze con cui convivere. È una storia costruita alla rovescia: l'epilogo ci è chiaro fin dalle prime pagine, e poi andiamo a ritroso nel tempo, seguendo i fili di ciascun racconto, per arrivare ai nodi, all'essenza complicata di tutte le famiglie del mondo.
La caduta degli ottomani fu un evento epocale: per oltre sei secoli avevano rappresentato il più grande impero islamico al mondo. Negli anni precedenti il 1914 l'impero ottomano si trovò a dover fronteggiare gravi minacce, interne ed esterne, che lo indebolirono; fra queste, le mire espansionistiche russe minavano apertamente la sua sopravvivenza. Furono queste le premesse che spinsero gli ottomani a cercare la salvezza nell'alleanza con una potenza europea, una ricerca che li avrebbe attirati dritti dentro la Grande guerra. Con gli ottomani alleati degli imperi centrali, e lo stallo sul fronte occidentale, inglesi, francesi e russi escogitarono un piano audace per distruggere l'anello debole della Triplice alleanza e ottenere una veloce vittoria dell'Intesa: un'invasione senza precedenti della penisola di Gallipoli. Il nuovo libro di Eugene Rogan ricrea uno dei fronti più importanti ma spesso meno analizzati e compresi della Prima guerra mondiale, per restituirgli finalmente il posto che gli spetta nella storia del conflitto e del moderno Medio Oriente. Attraverso resoconti dettagliati e avvincenti delle principali battaglie, combattute nelle condizioni climatiche più brutali - dagli aridi deserti al ghiaccio e alla neve del Caucaso - prende vita tra le pagine un teatro di guerra che si dimostrò più crudele di ogni altro.
Nella letteratura di tutti i tempi, da Omero a Virgilio, da Ariosto a Tasso, due figure interpretano variazioni di una stessa danza: si inseguono, si avvicinano, si corteggiano, si tradiscono, si abbandonano. L'eroe, l'uomo responsabile delle vite altrui, chiamato dal destino a compiere grandi imprese, si lascia salvare dalla bellezza, cullandosi nel piacere sottile della stasi. La maga lo accoglie e lo ama, rendendolo temporaneamente sordo al richiamo imperioso del mondo. Ma l'eroe non decide nulla per sé, obbedisce a un volere superiore, e la maga, dopo essersi presa il meglio di lui e averlo blandito e vezzeggiato, è condannata a lasciarlo andare. La solitudine per tutti e due è la fine della storia: l'eroe sarà costretto ad abbandonare l'amore per non tradire il destino, eppure la maga continuerà a illudersi "di poter chiudere il vento in una rete, la forza in un giardino."
Sicilia, 1949. Il giovane commerciante di bovini Peppino Maiorana affronta una meravigliosa impresa: fornire diecimila muli alla Grecia come risarcimento dei danni di guerra. Dovrà trovare le bestie in tutta l'isola, farle arrivare a Messina, sottoporle all'esame di una commissione e imbarcarle per il Pireo, centocinquanta alla volta, anticipando le spese con denaro che non possiede. Prodigiosamente l'avventura impossibile prende il via. Davanti al mare si anima una città provvisoria di contadini, mercanti, sensali, spie e prostitute, una folla di personaggi disperati, comici, soli, che cercano con molta immaginazione e senza troppi scrupoli di reinventarsi un'esistenza sulle macerie della guerra finita da poco. Maiorana si ritrova a fronteggiare due ostacoli enormi, la sua famiglia e la mafia, ma prosegue ostinato, zigzagando tra dubbi e minacce, convinto che il tempo delle antiche soggezioni sia finito per sempre e che quella sia l'occasione della sua vita. Troverà un singolare alleato in Giulio Saitta, commissario di polizia segnato da un lutto che alimenta il suo desiderio di vendetta. Le indagini solitarie di Saitta si allargano alla strisciante sovversione neofascista e s'intrecciano con le vicende degli omicidi impuniti di cinquanta sindacalisti capi contadini, della guerriglia di Salvatore Giuliano, delle stragi - prima fra tutte quella di Portella della Ginestra - che rischiano di trasformare la Sicilia in un lago di sangue.
Prima edizione critica del testo originale tedesco e traduzione italiana di due corsi universitari tenuti da Schelling in un periodo decisivo del suo ultimo pensiero, quello dell'elaborazione del rapporto fra filosofia negativa e positiva (1839-1842). "Sui principi sommi" è la trascrizione di G. M. Mittermair d'un corso tenuto nel 1839 a Monaco di Baviera. Dopo un'accurata esposizione della dottrina dei principi sommi e un'originale filosofia della natura, presenta la prima formulazione del passaggio fra filosofia negativa e positiva. Il secondo è la trascrizione pubblicata da H.E.G. Paulus nel 1843 del primo corso svolto a Berlino, nel semestre 1841/42, dedicato alla Filosofia della rivelazione: una versione originaria e sintetica del testo delle "Opere complete", ricca di approfondimenti, con acute trattazioni di teoria delle potenze, storia della filosofia moderna, dottrina trinitaria, mitologie, misteri greci e rivelazione cristiana. Ad essa è premessa la Prima lezione di Berlino. Quale monografia introduttiva viene riproposto, in veste rinnovata, il lavoro di F. Tomatis: "Kenosis del logo. Ragione e rivelazione nell'ultimo Schelling", con prefazione di X. Tilliette, il maggior studioso d'ogni tempo di Schelling. Dedicato all'ultima lunga, evolventesi e articolata fase della sua filosofia (1821-1854), riguarda in particolare il tema del passaggio fra filosofia negativa e positiva.
Il corso "Dell'essenza della libertà umana", tenuto a Friburgo nel 1930, è il primo esplicito confronto di Martin Heidegger con il tema della libertà. Essa viene posta in questione tanto nei termini di libertà negativa e libertà positiva quanto in quelli di libertà trascendentale e libertà pratica. Kant infatti è l'autore di riferimento, sebbene l'interrogazione sia diretta alla messa in luce del pensiero dell'essere, di cui la libertà si dimostra fondamento. Un'introduzione alla filosofia dunque come sguardo sull'intero di ciò che è, a partire dalla questione sulla libertà, ma ancor di più quale aggressione all'individuo che pone la questione, tale che lo costringe a decidere della propria essenza.
Nel mondo nuovo ognuno di noi è "indaffarato": sia nell'ansioso tentativo di restare sempre connesso sia nel condividere, nello scambiarsi qualcosa. La cultura umanistica, ridotta a materia per specialisti è tradita da se stessa per aver giustificato la barbarie, interroga oggi la nostra concreta esistenza. La tradizione può tornare a parlare. Le sue parole, scritte sui muri della metropolitana e nello spazio immateriale della Rete, invocano di essere messe alla prova. Le nuove generazioni leggono poco, appaiono smemorate, fanno troppe cose simultaneamente e sono meno abili a manipolare la lingua, però chiedono alle idee di incarnarsi in pratiche di vita (altrimenti non vi si appassionano), e tentano di rideclinare il concetto di intelligenza (come coerenza tra ciò che uno dice e ciò che uno fa) e quello di impegno (legandolo al quotidiano, non all'ideologia). E almeno nelle minoranze più attive l'etica vissuta prevale sul "culturalismo" e sul sapere libresco, l'umanità tangibile su un umanesimo disincarnato, l'esempio concreto sulle idee astratte.
"Letteralmente: dal cielo alla terra, ovvero da Michelangelo a Caravaggio. Dal 'Giudizio universale' a 'I bari'. In pochi anni il mondo di tutte le perfezioni possibili si rovescia in un gruppo di giocatori, sporchi e ubriachi, all'osteria. La pittura della realtà, dunque. La fine di un modello ideale per poter, infine, puntare l'unico obiettivo degno del nostro sguardo: il vero. Non esercizi astratti sulle forme, quelli dei pittori toscani che guarderanno come a un miraggio a Michelangelo, primo fra tutti il Vasari, ma il confronto con una realtà, anche cruda, che attende di essere fedelmente riprodotta, e che una mente aperta la veda nitidamente e la stampi con assoluta evidenza. Dal tormento interiore di Rosso, Pontormo, Bronzino, Beccafumi, al lento riemergere della verità della natura in Vincenzo Campi, Moroni, Passerotti, Annibale Carracci. In questo percorso un posto a parte hanno i veneti, nell'indicare un sentimento profondo delle persone e delle cose: Tiziano, Lorenzo Lotto, Veronese, Tintoretto e, soprattutto, Bassano. Incamminati verso il vero i padani, lombardi ed emiliani, Moretto, Savoldo, Romanino, Dosso Dossi e Bastianino. Solitario e aristocratico Parmigianino. Un secolo di ricerche e sperimentazioni, dopo e oltre Raffaello. Cielo e terra, in diversi momenti e luoghi, si scambiano le parti, fino alla definitiva conquista del vero in Caravaggio". (Vittorio Sgarbi) Introduzione di Luca Doninelli.