"L'oltrepassamento della metafisica" e "L'essenza del nichilismo" sono due opere heideggeriane scritte tra il 1938 e il 1948. I due testi raccolti in questo volume, pur non essendo né temporalmente né formalmente accomunabili, portano avanti la medesima tesi da due diversi punti di vista. Per il filosofo tedesco, infatti, all'interno della storia dell'essere la metafisica ricopre un ruolo fondativo, ponendosi all'origine del nichilismo. Se da una parte la metafisica è l'assenza dell'essere dal pensiero occidentale moderno, dall'altra la ricaduta del nichilismo è il superamento della metafisica verso una nuova ontologia.
Tenuto nel 1932 e dedicato all'interpretazione di Anassimandro e Parmenide - insieme a Eraclito i «pensatori iniziali» della filosofia occidentale -, questo corso universitario rappresenta una vera e propria cesura nel percorso di Heidegger dopo Essere e tempo, e si inserisce nella celebre «svolta» inaugurata dal saggio del 1930 sull'Essenza della verità. Compito della filosofia è ormai per Heidegger, impegnato nella ricerca di tale essenza, quello di rievocare la forza delle parole più elementari del pensiero delle origini - phy?sis, alétheia, noûs, lógos - mediante una comprensione prefilosofica, cioè preplatonica e prearistotelica, del fenomeno della verità. Si tratta cioè di compiere quel passo indietro che permette di ripensare in modo ancora più iniziale l'inizio del pensiero occidentale, prima della soglia che dà accesso alla storia della metafisica: non già per operare una ricostruzione filologica e storiografica, ma nella prospettiva che tale «inizio più iniziale» possa essere «ripetuto» e, soprattutto, trasformato in un nuovo inizio, promosso da un'umanità futura in modo ancora più originario. Sicché, conclude Heidegger, «l'inizio non sta più dietro di noi, alle nostre spalle, bensì sta davanti a noi in quanto compito essenziale della nostra più propria essenza».
«Grazie alla traduzione di Francesco Alfieri, sono ora disponibili al lettore italiano le lettere dei fratelli Martin e Fritz Heidegger degli anni 1930-1949, in cui si trattano soprattutto questioni politiche e sociali. Il desiderio di mio nonno di rendere accessibili i suoi testi in forma leggibile, ma senza commenti, è rispettato anche in questa edizione, a parte poche note irrinunciabili per la comprensione dei testi o della traduzione. La speranza è che questo carteggio contribuisca a chiarire molte questioni ancora aperte.» (dalla Premessa di Arnulf Heidegger)
Il corso Introduzione all'indagine fenomenologica (1923/24) è il primo tenuto da Heidegger a Marburgo. Vi viene presentata un'approfondita analisi della fenomenologia che da una parte afferma per la prima volta il distacco del pensiero heideggeriano da Husserl e dall'altra espone nei suoi tratti fondamentali il carattere ermeneutico che caratterizzerà la stessa ontologia fondamentale. Ciò accade in particolare mediante l'introduzione in funzione dominante del concetto di cura, il quale viene a determinare lo stesso essere dell'esserci e così il modo originario per l'uomo di essere nel mondo. Infine il distacco da Husserl e dalla sua concezione della filosofia si compie sul percorso di un attento confronto con Descartes, il più esteso che si ritrova nell'opera heideggeriana
«Come Nietzsche aveva riconosciuto in Wagner il suo unico antagonista esistente e con ciò gli aveva tributato il più grande onore, così Heidegger ha dedicato a Nietzsche il suo scritto più articolato che tratti di un pensatore moderno, anche se in questo caso cronicamente inattuale, dandogli il supremo onore di definirlo “l'ultimo metafisico dell'Occidente”. E come Nietzsche si distacca in tutto dagli oppositori di Wagner, così Heidegger non ha molto a che fare con tutte le generazioni di critici e biasimatori di Nietzsche – è molto di più, è l'unico che risponda a Nietzsche».
Dei sette trattati inediti - compresi nella terza sezione dell'edizione tedesca delle opere di Martin Heidegger - "L'evento" è il testo che, dopo i "Contributi alla filosofia" (2007) con cui è stata inaugurata la pubblicazione dei trattati, introduce nel cuore pulsante della riflessione heideggeriana. In questo scritto, composto tra il 1941 e il 1942 attorno alla parola-guida Ereignis ("evento"), Heidegger ripercorre e approfondisce, attraverso un percorso vertiginoso, non lineare ma potentemente evocativo, temi, questioni e figure che sono al centro della sua filosofia a partire dalla metà degli anni Trenta: il pensiero della storia dell'essere, il primo e l'altro inizio del pensiero, la questione della verità, la differenza tra essere ed ente, la critica della metafisica e della modernità, il destino dell'Occidente e dell'Europa, il ruolo e il compito dell'uomo, e, infine, il rapporto tra la filosofia e il pensiero e tra il pensiero e la poesia.
Testo complesso e radicale, Essere e tempo (1927) non è solo il libro cui si deve principalmente la fama di Martin Heidegger, maestro dell'esistenzialismo, ma è soprattutto una delle opere più importanti della filosofia del Novecento: si propone infatti una reimpostazione di tutta la ricerca filosofica, dalla nascita stessa della filosofia fino al tempo presente. Poiché la domanda sull'essere è tipica dell'uomo e solo l'uomo se la pone, si tratta per Heidegger di analizzare in primo luogo l'"esserci" dell'uomo, con l'effetto di approdare a una riconcettualizzazione dell'intero lessico ereditato dalla tradizione filosofica, da Platone a Hegel.
In questo testo, che raccoglie il corso del semestre invernale 1919/20, Martin Heidegger - giovane docente presso la facoltà di Filosofia dell'Università di Friburgo - espone, per la prima volta, in modo esteso e puntuale, la struttura portante e i concetti chiave della sua prima dottrina fenomenologica, che si pone l'obiettivo di proporre una scienza filosofica in grado di cogliere la vita nella sua originarietà e radicale concretezza: il fenomeno della vita nel suo «essere di fatto» - così lo definisce precisamente Heidegger. In aperta contrapposizione alle tendenze filosofiche e scientifiche del tempo, che cercavano in genere di "oggettivare" il fenomeno della vita, inquadrandolo in una qualche rigida cornice epistemologica, Heidegger propone invece una modalità d'accesso esattamente opposta: penetrare la vita nella sua «fatticità» e nelle sue effettive manifestazioni - come vita che si presenta da sé nel mondo-ambiente, nel mondo collettivo e nel mondo-del-sé - evitando a ogni costo di renderla "oggetto" di studio; coglierla nella sua pulsante vitalità, riuscendo così a restituirla, sul piano conoscitivo, senza alcuna alterazione. Si delinea, in tal modo, l'enorme posta in gioco del tentativo filosofico condotto in questo corso friburghese, che per Heidegger dovrebbe aprire la strada a una «fenomenologia come scienza originaria della vita in sé»: come elaborare un afferramento conoscitivo della vita che, lungi dal ridurla a oggetto, sappia accompagnarla nella sua vitalità fino al punto di coglierla intatta nella sua figura originaria, nel suo «mysterium tremendum»? Svolta decisiva nel cammino speculativo del giovane Heidegger, questo corso - di cui si offre qui la prima edizione italiana integrale - non è soltanto uno strumento indispensabile per ricostruire la genesi di quel pensiero che, nel 1927, confluirà in Essere e tempo. Nell'opus magnum, infatti, non tutti i sentieri aperti in questa prima esplorazione potranno trovare adeguato sviluppo. Proprio la centralità della vita, anzi, sarà messa parzialmente in ombra, per fare spazio alla nuova analitica del Dasein. Dai "sentieri interrotti" di questi esperimenti giovanili, possono emergere, così, delle potenzialità ancora inesplorate, in grado di incidere in modo del tutto originale sul pensiero contemporaneo.
L'interesse di Heidegger per Aristotele, testimoniato da questo corso universitario che il filosofo tenne nel 1924, si colloca nel periodo cruciale dell'elaborazione dell'analitica ontologico-esistenziale di Essere e tempo. In particolare, nell'analisi della Retorica aristotelica compaiono già, in nuce, alcuni 'concetti fondamentali della filosofia heideggeriana' - come "Dasein" (esserci) , "In-der-Welt-sein" (essere nel mondo) e "Befindlichkeit" (il sentirsi situato, la situatività, e anche la situazione emotiva) - destinati a lasciare un segno indelebile nella filosofia del Novecento. Ma, soprattutto, Heidegger si impegna qui - come raramente in seguito - in una brillante fenomenologia dei "pàthe", delle «passioni», e del ruolo determinante che esse svolgono nella vita e nell'esistenza dell'uomo. La messa in questione del tradizionale privilegio accordato agli atti intellettivi superiori che questo implica suggerisce l'idea che siano costitutivi dell'uomo, allo stesso titolo della ragione, anche gli elementi 'inferiori', quali la sensibilità, le affezioni e le passioni.
I Quaderni neri presentano una forma che, secondo le sue caratteristiche, risulta oltremodo singolare non solo per Heidegger, bensì in generale per la filosofia del XX secolo. Tra i generi testuali di cui solitamente si fa uso i Quaderni sarebbero anzitutto da paragonare a quello del “diario filosofico”. In essi gli eventi del tempo vengono sottoposti a considerazioni critiche e messi continuamente in relazione con la “storia dell’Essere”. Dal “tentativo” di Heidegger di riconoscere la “storia dell’Essere” nei suoi segni quotidiani nasce un manoscritto che, dall’inizio degli anni trenta fino all’inizio degli anni settanta, interpreta anche i due decenni più oscuri della storia tedesca e l’eco che ne seguì.