Théâtre de l'Equipe, Algeri 1938; Théâtre Antoine, Parigi 1959. Due date incorniciano il fitto dialogo tra Camus e Dostoevskij, che inizia quando a 25 anni Camus interpretava Ivan Karamazov nell'adattamento di Jacques Copeau e che si completa con la messinscena dei Demoni. Se una lettura in movimento è un punto di partenza per l'aspirante scrittore, la creazione di un testo in azione diventa un'inafferrabile sfida per Camus. Eppure la questione dell'influenza è sempre un problema delicato da trattare perché non si sa dove comincia né dove finisce. È vero infatti che al di fuori dalla finzione del teatro, gli echi dostoevskijani si confondono in tutta l'opera di Camus e risuonano all'infinito come i segni di un mito antico: allora per catturarne il senso, senza arrestarne il dinamico movimento, occorre proprio tornare al teatro, luogo di verità per Camus per i limiti materiali e morali che impone. Alla base di questo libro c'è l'intenzione di rileggere in una prospettiva teatrale il rapporto tra i due scrittori, per mostrare che ciò che Camus amava in Dostoevskij era quel materiale paradossale, ibrido, informe, ricco di un'infinità di voci e di volti, di luci, suoni, silenzi, gesti e movimenti. Il libro si avvale di una sezione documentaria che include, oltre al materiale iconografico, quattro testi di Camus mai tradotti in italiano, tra cui uno ancora inedito in Francia.
Osservare le società significa ripercorrere la strada che gli studiosi di scienze sociali e gli antropologi in particolare hanno intrapreso per la conoscenza delle culture altre. Significa inoltre acquisire una maggiore consapevolezza della necessità di interpretazione di un mondo globale, delle nuove forme di interazione sociale e del rapporto sempre più prevalente fra identità e alterità. Storia del pensiero e temi relativi all'antropologia culturale, problemi connessi alla socialità e nuove prospettive di ricerca stimolano l'interesse di chi si trova ad affrontare una realtà vicina e lontana, che si configura in modelli comunitari e nei multiformi aspetti della tarda modernità. Muovendo dalla premessa che la ricerca antropologica necessita oggi di un ampliamento concettuale e di una nuova definizione del proprio campo di osservazione, questo volume vuole introdurre ad una disciplina che, fino dalle sue origini, si è dimostrata capace di guidare la conoscenza alla complessità dei riferimenti culturali presenti nelle diverse società.
Le grandi tradizioni teatrali dell'India, della Cina e del Giappone hanno tramandato il loro sapere, pratico e teorico, relativo alle arti dello spettacolo in tre fondamentali raccolte testuali: il "Natasastra", "Il Libro della Musica (Yueji)" e "I Trattati di Zeami". In esse è racchiuso un vasto patrimonio di pensiero teatrale e di insegnamenti pratici, immerso in un complesso tessuto di particolarità storiche linguistiche e culturali, che non è possibile ignorare. I saggi raccolti in questo volume offrono una proposta di lettura e un approccio orientativo ai tre monumenti del pensiero del teatro e sul teatro, che sono stati determinanti nelle rispettive culture così come la Poetica di Aristotele lo è stata per il teatro occidentale. Si ripercorrono i nodi principali di un intreccio che, nella indagine sul teatro e le leggi della performance, ci aiuta ad articolare un linguaggio interculturale e a rinnovare, al di fuori di ogni tentazione comparativistica, il dialogo con quanto espresso dalla cultura classica occidentale in materia di danza e teatro.
Si suol dire che viviamo immersi in un mondo di segni; la semiosociologia, disciplina fino ad oggi del tutto inesplorata, alla quale però Zambardi ha già dedicato tre suoi precedenti libri, rileva tali segni e li interpreta sociologicamente. Il suo campo d'azione è illimitato: letteratura, economia, politica, diritto, antropologia, religioni, ecc. Zambardi, naturalmente, come scrittore, pensa ad una semiosociologia letteraria. "Con questo libro - egli afferma - che vuol essere soprattutto una rassegna generale delle problematiche sociali, senza entrare nel merito di specifiche questioni letterarie, sono stato a scuola di vita quotidiana, ho cercato, cioè, di interpretare i segni, i mutamenti, i dinamismi che si verificano nella vita di ogni giorno e che ritroviamo, opportunamente elaborati, anche nell'opera artistica. La ricerca che ho compiuto costituisce per me la base per eventuali elaborazioni di nuovi testi creativi. L'autore, infatti, nel "creare", trasfigura sempre un fatto reale in un fatto estetico, consegnando, al lettore una comunicazione ricca di senso secondo l'accezione di Lotman; egli può servirsi di molteplici forme espressive: simboliche, fantastiche, surreali; usare simboli, figure, immagini, ecc., ma il dono di "creare" gli deriva comunque da una realtà che egli rivive nella propria coscienza come memoria o aspirazione, per cui la conoscenza della vita reale è essenziale".
Questo libro, scaturito da un'intensa e pluriennale attività di ricerca, mostra come i valori morali, compresi quelli religiosi, si costruiscono all'interno delle relazioni sociali e del sistema religioso ad essi connesso, benché per una sorta di rovesciamento vengano presentati come il loro fondamento. Esso è dedicato, in particolare, ai valori religiosi della Santería o Regla Ocha, una religione cubana di origine africana, frutto di un complesso processo di sincretizzazione con il cattolicesimo, la quale oggi suscita l'interesse di individui appartenenti a società e culture diverse, che sembrano trovare in essa la risposta a quesiti filosofici, esistenziali, psicologici. Per questa ragione attualmente la Regla Ocha ha fedeli in varie parti del mondo come l'Italia, la Germania, la Spagna, gli Stati Uniti.
La storia del teatro ha ormai da qualche tempo conquistato una sua autonomia disciplinare che le ha consentito di distaccarsi definitivamente dai limitativi vincoli di filiazione nei confronti della storia letteraria, come di quella delle arti figurative. Configurandosi nella duplice e complementare vicenda della drammaturgia e dello spettacolo teatrale (complicata quest'ultima dall'intreccio di una molteplicità di linguaggi e di apporti culturali eterogenei), la nuova storia del teatro si propone agli studiosi come un campo per ora ben poco esplorato, privo, per conseguenza, di una ricca tradizione a cui attingere, sia pure con prudenza, i dati e le informazioni su cui sviluppare l'attività critica. Alla ricerca delle fonti originali, quindi, degli elementi autentici da riscoprire negli archivi, nei manoscritti, nei documenti d'ogni epoca e d'ogni provenienza, negli scaffali delle biblioteche, nelle pagine dei periodici, nelle opere pittoriche, negli spartiti musicali, nelle fotografie, nelle videoregistrazioni, ovunque, insomma, siano rimaste le tracce dell'attività "teatrale", intesa nel senso più ampio del termine, tendono tutti gli studi - intenzionalmente diversi fra loro per impostazione, metodologia e oggetto - che troveranno posto nella presente collana. Essa intende, infatti, fornire un contributo agli studi teatrologici, senza preconcette limitazioni, allo scopo di riportare alla luce, entro prospettive storicamente e criticamente definite, le fonti dello spettacolo teatrale...
Dopo "Il corpo creativo" e "Mistero e Teatro", Maricla Boggio, prosecutrice del metodo mimico ideato dal Maestro, propone un approfondimento del lavoro costiano attraverso queste "lezioni". Nel 1991 Orazio Costa tornò a insegnare all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio D'Amico", lasciata per alcuni anni dopo un trentennio in cui vi aveva formato attori e registi. Nelle lezioni il Maestro indica le modalità di lavoro per raggiungere una capacità interpretativa libera da condizionamenti gestuali, regole mnemoniche, trucchi o prescrizioni, sollecitando nell'attore le sue potenzialità creative per metterle al servizio del testo, secondo il percorso ideato dall'autore nel realizzare la sua opera. Costa suggerisce di sollecitare in sé questa creatività, risollevandola da una piattezza di cui sono responsabili soprattutto le modalità livellatrici indotte, a partire dall'età scolare, da comandi uniformanti: dopo un'infanzia ricca di espansione inventiva, i ragazzi vengono obbligati a obbedire a regole comportamentali ritenute socialmente più adeguate e civili e perdono la capacità di creare, prerogativa che permane soltanto negli artisti. Rivendicando a ogni uomo, prima ancora che all'attore, questo dono, Costa insegna "segnando dentro": è un insegnare che lascia il segno addentrandosi nella profondità dell'essere umano, in continuo scambio e confronto con gli allievi. Completano il libro un "glossario" in cui sono raccolte le definizioni, talvolta insolite, che il Maestro offre...
Il volume è costituito da un saggio introduttivo che enuclea alcune problematiche che trovano come trait-d'union la figura attoriale attraverso i secoli, e da una serie di colloqui con alcuni fra i più significativi personaggi del teatro contemporaneo, accomunati da un'alta coscienza professionale e portatori di una mozione autentica al di là delle esperienze diverse. Lo spirito della riforma universitaria, che impone moduli sintetici ma non superficiali, consente una ricerca tematica in prospettiva storica che si affianchi ai manuali cronologici, senza la pretesa di sostituirli. Permane nell'autore la speranza di stimolare le riflessioni autonome del lettore, che domani sarà fruitore del più alto atto di testimonianza che possa offrire una civiltà: la rappresentazione di spettacolo come memoria che si guarda vivere.