Il richiamo alla "crociata" è prepotentemente riemerso nel dibattito politico e culturale dell'Occidente in seguito al terrorismo islamista. Perché, da tempo finite le spedizioni militari per la liberazione della Terrasanta, ritorna questa categoria? Per alcuni la sacralizzazione della violenza è elemento costitutivo della nostra civiltà. Per altri ogni "crociata" ha caratteri determinati dalle specifiche e irripetibili contingenze in cui si produce. Il libro fornisce una risposta diversa. La suggerisce una puntuale ricostruzione delle tappe che dalla Rivoluzione francese a papa Francesco hanno posto il richiamo alla crociata al centro dei momenti nodali della storia contemporanea. Dipanando il vario intreccio della politicizzazione del religioso con la sacralizzazione del politico che caratterizza quelle vicende, si coglie infatti come i profondi mutamenti semantici nell'uso della categoria si inseriscono all'interno di una continuità di cui la cultura cattolica, almeno fino a Bergoglio, si è fatta garante.
I secoli X-XII sono quelli del massimo splendore e della massima egemonia del monachesimo benedettino. Le esperienze monastiche si moltiplicano e danno origine a esperimenti di lunghissima durata. Cluniacensi, Cassinesi, Camaldolesi, Avellaniti, Vallombrosani e Cistercensi, pur animati dal comune desiderio di conciliare la fuga dal mondo con la presenza nel mondo, percorsero strade tra loro diverse. Questi monaci del pieno medioevo contribuirono al progresso della civiltà europea non solo sul piano culturale e spirituale ma pure per la loro capacità di organizzare la vita religiosa attraverso innovative sperimentazioni che arricchirono la cultura istituzionale dell'Occidente. A tale patrimonio attinsero anche i detentori del potere politico, interlocutori privilegiati di monaci inseriti nel mondo al punto che il loro rapporto con le gerarchie ecclesiastiche e con i sistemi di potere laico finì per condizionare tanto le une quanto gli altri e naturalmente ne fu condizionato. In quei secoli il monachesimo, nelle sue varie forme, fu uno dei grandi motori della civiltà occidentale: le recenti ricerche sulla vita monastica, i suoi spazi, le sue osservanze e i suoi diversi codici linguistici sono i percorsi del libro.
Che cos'è il carisma e da cosa lo si percepisce in un leader? Con quali strategie si scredita un avversario? In quanti modi un candidato "mostra i muscoli" o seduce gli elettori? Il libro rivela come attraverso la comunicazione multimodale - smorfie, occhiate, frasi, posture - dittatori e leader democratici influenzano l'audience, pavoneggiandosi oppure sminuendo e ridicolizzando gli oppositori. Adottando metodologie di pragmatica e di psicologia sociale, il testo indaga i processi cognitivi, sociali e retorici con cui le persone, nei dibattiti politici come nella vita quotidiana, usano la mente, il corpo e le parole per gestire il potere e influenzare gli altri, in modi evidenti o impliciti: gli studi osservativi insegnano a vedere oltre l'apparenza di ciò che dicono le frasi, le mani, il viso e quelli sperimentali ne verificano gli effetti persuasivi. Ripercorrendo momenti significativi remoti e recenti della comunicazione politica italiana e non solo, le ricerche presentate svelano i meccanismi della persuasione multimodale utilizzati in televisione e nei social: dai segnali di dominanza al carisma, dalla macchina del fango agli insulti, dall'ironia al ridicolo e alla parodia.
Questa storia dell'estetica occidentale, la più completa disponibile in lingua italiana, dal solido impianto storico-critico e ricca di informazioni, è destinata agli studenti delle università e delle accademie, agli insegnanti e a un pubblico colto in genere. Si presenta ora in una versione radicalmente rinnovata, alla quale hanno collaborato giovani e affermati studiosi come Andrea Mecacci e Mariagrazia Portera. Il primo con nuove significative voci novecentesche della riflessione estetica (da Michelstaedter a Gramsci, da Ortega y Gasset a María Zambrano, da Dorfles a Bense) e con filoni del dibattito contemporaneo, come la Everyday Aesthetics. La seconda con voci significative dell'estetica moderna (da Hogarth ad Alison per il Settecento; da Marx ed Engels a Emerson e Thoreau per l'Ottocento) e contemporanea (con un articolato aggiornamento sulle nuove frontiere della ricerca estetica nell'ambito delle neuroscienze, delle scienze cognitive e della psicobiologia).
Partendo da Omero e viaggiando con Alessandro Magno, Danielle Jouanna ci accompagna alla scoperta di un mondo, il nostro, attraverso l'immagine che ne avevano i Greci. È l'alternanza di terra e mare, l'esplorazione di luoghi sempre più lontani e fantastici, mentre gli scienziati tentano le prime misurazioni. Dal paese degli Iperborei alle Colonne d'Ercole, con descrizioni dettagliate e racconti immaginari, i Greci cirivelano una volta di più il fascino della nostra piccola Terra.
Il volume si fonda sulla consapevolezza che non esiste una storia del cinema bensì una pluralità di storie, del cinema o di ciò in cui il cinema si è trasformato dopo le rivoluzioni (tecnologiche, culturali, politiche, economiche) avvenute tra la fine del vecchio e l'inizio del nuovo millennio. Da qui l'idea di un racconto - in cui la prospettiva storica si intrecci con quella teorica - affidato a una serie di studiosi di generazioni diverse e di primissimo piano sia a livello nazionale che internazionale. Partendo dall'oggi per un percorso à rebours, il manuale è scandito da undici capitoli ciascuno dei quali, a propria volta, è anticipato e seguito da "contesti" e "controstorie": apparati nei quali si forniscono al lettore le coordinate storiche, politiche, sociali in cui si collocano i fenomeni cinematografici affrontati nei capitoli, così come brevi ma dense riflessioni mirate a problematizzare alcune questioni cruciali riguardanti la settima arte. Sfruttando questo impianto originale, l'obiettivo del libro è dare vita alla trama omogenea di una storia globale, costruita sul fitto intreccio delle tante narrazioni che la compongono.
Da Matrix a Star Wars, da Harry Potter al Trono di spade: i grandi successi dell'entertainment contemporaneo si basano sempre più sulla creazione di esperienze di fruizione unificate e trasversali, che hanno il proprio fulcro in storie e mondi narrativi che si espandono e si dispiegano su molteplici canali mediali. Si parla a riguardo di transmedialità: una logica ormai centrale nelle produzioni mediali contemporanee, ma anche un modo coordinato di organizzare i contenuti che negli ultimi anni si è diffuso negli ambiti più diversi, dal marketing all'informazione, dal documentario all'educazione, fino a permeare il nostro stesso modo quotidiano di comunicare.
A sette secoli dalla sua morte Dante sorprende ancora per l'originalità e la complessità della sua opera, né cessa di attirare lettori e studiosi. Le sue opere, che si affermano e rimangono come straordinari unica nella nostra tradizione culturale, rifondono in una dimensione al tempo stesso autobiografica e universale certezze e contraddizioni dell'uomo medievale. Ma la ragione prima del fascino e della perdurante attualità dell'invenzione dantesca sta nella sua prodigiosa capacità di trascendere tale alterità e imporsi nella coscienza del lettore di ogni tempo. Scritti da alcuni dei massimi specialisti nell'ambito della filologia e della critica dantesca, i saggi compresi nel volume presentano sia una lettura incisiva e autorevole di ognuna delle opere di Dante, dalle Rime alla Commedia, sia un attraversamento critico delle principali questioni e delle tradizioni culturali che ne sono a fondamento. Nell'insieme il volume disegna quindi, e rende accessibile a tutti i lettori, un quadro ampio e rigoroso dei migliori risultati degli attuali studi danteschi.
Negli anni Settanta del II secolo d.C. nasceva a Emesa, piccola città della Siria, una fanciulla che avrebbe segnato per più di un ventennio la storia dell'Impero romano. Il suo nome era Giulia Domna. L'ambizioso padre, che ricopriva il ruolo di gran sacerdote del dio Sole, la diede in sposa, poco più che adolescente, a un uomo molto più anziano di lei, di nome Settimio Severo, destinato a divenire imperatore di Roma. Giulia Domna abbandonò patria, parenti, amici e andò incontro alla sua nuova vita; una vita che le riservò molti onori ma anche grandi dolori, ai quali reagì sempre con forza e determinazione. Seppe destreggiarsi fra intrighi di palazzo, congiure, vendette e punizioni, riuscendo ogni volta a contrastare le avversità, ora rifugiandosi nei suoi amati studi, ora giocando la carta di un ruolo pubblico che nessuno poteva mettere in discussione: la fanciulla cresciuta nei fasti di una fiorente città dell'Oriente era infatti divenuta la capostipite di una dinastia che, fra alterne vicende, resse il potere per più di cinquant'anni. Attraverso una paziente collazione di fonti letterarie, epigrafiche e monumentali, il volume racconta la sua storia, fino al tragico epilogo.
Nascosto dietro il paravento del dialogo, abile nello sfruttare diversi registri espositivi - dall'argomentazione all'uso del mito e della parola poetica - Platone presenta al lettore una raccolta di scritti di straordinaria profondità, ma largamente indipendenti tra loro, e senza fornire in modo esplicito le coordinate di un progetto unitario. Laddove il lettore vorrebbe trovare un disegno, trova spesso parti slegate, diverse trattazioni degli stessi temi, dottrine esposte una volta sola, talvolta anche vere e proprie contraddizioni. Proporre un profilo complessivo della filosofia di Platone impegna dunque al massimo grado la responsabilità dell'interprete - più o meno nello stesso modo in cui il dialogo platonico coinvolge interlocutori e lettori. I tratti salienti dell'immagine qui proposta sono quelli di un Platone filosofo schiettamente metafisico (da un lato) e tuttavia ben consapevole dei limiti della ragione umana (dall'altro). Sostegno principale di questa immagine, opinabile come tutte le interpretazioni di Platone, è la sua coerenza di fondo, la sua capacità di risolvere in un quadro armonico e plausibile le numerose e differenti tensioni che attraversano il pensiero del grande filosofo ateniese.
Il volume presenta una visione sintetica e unitaria del Novecento europeo. Al centro dell'attenzione sono i processi economici, sociali, politici, culturali che hanno influenzato lo sviluppo storico generale del vecchio continente, inclusi i fattori di origine extraeuropea che si sono riverberati su di esso e le ripercussioni delle vicende europee nel resto del mondo. Lo sguardo si estende a tutto il continente, evitando punti di osservazione che ne restituiscano visioni solo parziali e incomplete. La storia dell'Europa è vista non come accostamento di tante storie nazionali giustapposte e parallele, ma come un processo che abbraccia lo spazio continentale nella sua interezza, in un continuo e reciproco condizionamento di svolgimenti nazionali e di fenomeni transnazionali. La narrazione è stata suddivisa in tre parti, ciascuna affidata a un autore diverso. A scandire la periodizzazione sono lo scoppio del secondo conflitto mondiale nel passaggio dalla prima alla seconda parte e la crisi degli anni Settanta nel passaggio alla terza. In appendice si offre una panoramica sui primi tempi dell'Europa post-novecentesca, fino al 2015.