Una ventata progressista scuote il Vaticano. Un piccolo gruppo di religiosi opera in sordina per rinnovare la Chiesa, liberarla dal rigido conservatorismo elitario che la immobilizza e la tiene lontana dai bisogni della gente: due giovani preti e una sorella laica, che sotto l'insegna di "Chiesa rinata" favoriscono contro tutti l'elezione di papa Roncalli e la spinta riformatrice del Concilio Vaticano II. Ma la loro impresa è ostacolata negli anni dalle forze oscure che albergano nella Chiesa. Decennio dopo decennio Marco, Michel, Catherine, e in seguito anche Patrick, un sacerdote americano che ha conosciuto l'abominio della pedofilia, vedranno il Vaticano avvinto dalle spire della finanza deviata, della corruzione politica, della massoneria e della malavita organizzata. Assisteranno a crimini e delitti, tra cui quello clamoroso, e fallito, di papa Wojtyla. Un giornalista incaricato di seguirne le indagini, tra Roma, Istanbul e Sofia, incrocerà il loro cammino e, ugualmente sgomento, dovrà divincolarsi tra ricatti, depistaggi, spie e cospirazioni internazionali. Per scoprire, in fondo all'inchiesta, che come spesso accade la verità, quando è troppo vicina, rischia di sfuggire.
Una manifestazione antifascista che riuniva partiti e sigle sindacali. Una bomba nascosta in un cestino portarifiuti e un fiume di gente tutt'intorno. L'esplosione, dissero i sopravvissuti, fu "una specie di vento". Il bilancio: otto vittime e centodue feriti. Poi indagini, depistaggi, omissioni, mezze verità, cinque istruttorie, tredici dibattimenti e due condanne definitive arrivate nel giugno 2017. Quarantatré anni dopo. Marco Archetti, scrittore bresciano, avvalendosi di documenti storici e testimonianze di prima mano, compone un romanzo toccante e prezioso che ridà vita alle otto vittime della strage. Evitando ogni retorica e concentrandosi sulle loro vicende umane, le fa affiorare dal buio ed entrare in scena come in un film. Un atto d'amore e di memoria. E per la prima volta i caduti della strage non sono solo nomi su una lapide commemorativa, ma vengono raccontati come uomini e donne in carne e ossa, "né santi né eroi", in una Spoon River luminosa, scandita dalla voce di Redento Peroni. Quella mattina si trovava a pochi passi dalla bomba ma il destino volle che il piccolo gesto di uno sconosciuto gli salvasse la vita. Così il suo racconto guida la narrazione e testimonia fatalmente un'epoca della nostra storia recente, anni bui, di piombo ma anche di umanità, tenerezza e legami profondi che hanno molto da dire a ciascuno dia noi. Una storia che è un canto di vita: la morte in ritardo di duecento pagine.
"Quasi niente" ha il sapore antico delle storie narrate un tempo davanti al focolare. Storie che intrattenevano liberando sapienze semplici ed essenziali, di cui oggi si sente la mancanza. In quest'epoca frenetica dominata dai miti del successo, della vittoria a ogni costo e dell'arricchimento, Corona e Maieron portano un contributo diverso e spiazzante. Parlano di sconfitta, fragilità, desiderio, pace interiore, lealtà, radici, silenzio, senso del limite, amore, rievocando personaggi leggendari come Anna, Silvio, Menin, Tituta, Tacus, Orlandin, Cecilia, Tin, il trio Pakai e molti altri. Uomini e donne che non hanno trovato spazio nei libri di storia ma hanno saputo lasciare un messaggio illuminante, che può trasformare le nostre vite. "Quasi niente" nasce dall'incontro tra due grandi amici che, in una conversazione appassionata e godibilissima, alternano delicatamente storie, aneddoti, riflessioni e citazioni regalandoci un piccolo e prezioso gioiello. Una filosofia minima e pratica che al linguaggio gridato preferisce l'arte di sussurrare, in cui l'etica del fare ha sempre la meglio sull'estetica dell'apparire. Una filosofia che proviene da un passato rievocato senza nostalgie. Un tempo in cui i valori erano vissuti concretamente non per moralismo ma perché aiutavano a stare meglio. È l'ultima traccia di un mondo ben diverso da quello in cui viviamo oggi. Un mondo duro, feroce, ma che ha ancora molto da insegnarci.
"Sì, ora ve lo dico, ma promettetemi che andrete avanti a leggere. Non fate scherzi. L'ho saputo da poco pure io, me l'ha detto mia mamma, perché è capitato, ma com'è andata lo leggerete più avanti. Dopo ha voluto parlarmi la psicologa e anche la dottoressa che mi conosce da quando sono nato (è parecchio seria la dottoressa ma anche parecchio simpatica e gentile). Mi chiamo Giovanni, ho dodici anni (quasi tredici) e sono nato con l'Hiv. Non lo sa nessuno, a scuola, alla polisportiva, all'oratorio, ma ho un gruppo di amici che lo sanno eccome e mi hanno istruito come in una piccola confraternita (sì, Star Wars l'ho visto tutto). Poi c'è mia mamma (mi vergogno un po' a dirlo ma sono sincero: amo mia mamma! wow, l'ho detto), mio papà che gli voglio bene anche se è impossibile batterlo a Fifa con la Play-Station (accidenti!), mia zia supercreativa e un po' scombinata (adesso si offende, lo so!) che mi porta a teatro e allo yoga della risata. Ho un desiderio e mi hanno detto che questo libro potrebbe aiutarmi a realizzarlo: vorrei parlare della mia malattia perché il silenzio mi fa sentire un po' solo (e a me la solitudine proprio non piace) e perché può aiutare anche chi non ce l'ha a non prendersela (questo me l'ha detto la dottoressa, eh). Allora buona lettura, Giovanni."
Enrica non è una ragazza qualunque. È avventata, vitale, imprevedibile. Senza certezze e senza paura. Ma ha un punto debole: tiene troppo al numero dei suoi follower. Nemmeno Bruno Brunori è uno qualunque, è un volto di punta della televisione, tanto che ha forti speranze di condurre il prossimo festival di Sanremo. Però anche lui ha un punto debole: il suo destino è legato indissolubilmente all'Auditel. Ma gli ascolti stanno crollando in maniera irreversibile. Quando Bruno capisce che dovrà dire addio ai suoi sogni e che perderà il lavoro, decide di manipolare i dati. Con la complicità di Pietro, un suo vecchio amico, riesce a mettere le mani sui segretissimi elenchi delle famiglie campione che con le loro scelte determinano il successo. I due si mettono in viaggio attraverso l'Italia a caccia di consensi. Hanno cinque giorni di tempo per salvarsi dal disastro. Vanno di casa in casa, di famiglia in famiglia, entrano in contatto con il ventre del paese. E incappano in Enrica, a cui la provincia va stretta, che per inquietudine si unirà a loro in quest'avventura dall'esito imprevedibile. E scoprirà a sue spese che nulla né in televisione né sul web è come appare. "A ciascuno i suoi santi" è un racconto on the road di un'Italia smarrita e vivace al tempo stesso. Franco Bernini ci accompagna in questo viaggio con uno sguardo a volte ironico, a volte amaro, sempre capace di stupirci. Un affresco spietato ma anche pieno di speranza.
Mirta è una giovane donna moldava trapiantata a Roma in cerca di lavoro. Alle spalle si è lasciata un mondo di miseria e sofferenza, e soprattutto Ilie, il suo bambino, tutto quello che ha di bello e le dà sostegno in questa vita di nuovi sacrifici e umiliazioni. Per primo Nunzio poi la signora Mazzanti, "che si era spenta una notte di dicembre, sotto Natale, ma la famiglia non aveva rinunciato all'albero ai regali e al panettone", poi Olivia e adesso Eleonora. Tutte persone vinte dall'esistenza e dagli anni, spesso abbandonate dai loro stessi familiari. Ad accudirle c'è lei, Mirta, che non le conosce ma le accompagna alla morte condividendo con loro un'intimità fatta di cure e piccole attenzioni quotidiane. Ecco quello che siamo, sembra dirci Manzini in questo romanzo sorprendente e rivelatore con al centro un personaggio femminile di grande forza e bellezza, in lotta contro un destino spietato: il suo, che non le dà tregua, e quello delle persone che deve accudire, sole e votate alla fine. "Nella disperazione siamo uguali" dice Eleonora, ricca e con alle spalle una vita di bellezza, a Mirta, protesa con tutte le energie di cui dispone a costruirsi un futuro di serenità per sé e per il figlio, nell'ultimo, intenso e contraddittorio rapporto fra due donne che, sole e in fondo al barile, finiscono per somigliarsi. Dagli occhi e dalle parole di Mirta il ritratto di una società che sembra non conoscere più la tenerezza.
Non finisce mai la voglia di Dario Fo di confrontarsi con il sapere e la storia per capire meglio l'uomo e il suo mondo. In questo caso per capire da dove veniamo e superare tutti i pregiudizi che abbiamo in testa, dettati dall'ignoranza. Ecco una risposta semplice, documentata e divertita a chi ancora oggi sostiene il creazionismo in polemica con Darwin e la teoria dell'evoluzione. Vale la pena leggere queste pagine su un grande scienziato e viaggiatore instancabile, che dedicò la sua vita a scoprire come è fatto il mondo in cui viviamo e perché siamo così. Anni passati in mare e in terre lontane a raccogliere conchiglie, coleotteri, crostacei, a studiare la vita degli insetti (soprattutto le formiche e la loro incredibile capacità organizzativa) e in genere di tutti gli animali considerati come nostri fratelli. Da lì noi veniamo, come possiamo maltrattarli? Strano: un teologo che diventa scienziato confutando le teorie deterministe della Bibbia, che dimostra che noi tutti siamo discendenti dello stesso ominide, siamo tutti uguali, e per questo combatte la tratta degli schiavi. Era troppo allora (subì attacchi violentissimi non solo dalla Chiesa), ma anche adesso Darwin dà fastidio e la sua teoria è contrastata, soprattutto in certi ambienti scolastici. Una favola vera, di più di duecento anni fa, attualissima.
Un romanzo sulla nostra identità perduta, sul lavoro come valore fondante che rinnova una tradizione che sembrava ormai persa, quella di una letteratura civile che racconta la vita, le lotte e il sangue versato dai lavoratori. Angelo Ferracuti, non nuovo al genere del romanzo-verità in presa diretta sulla società in cambiamento, ambienta il nuovo libro in una zona della Sardegna che in passato dava lavoro a migliaia di persone e che adesso è praticamente abbandonata. Siamo nel Sulcis-Iglesiente, terra di miniere e dell'epica operaia, e ora provincia più povera d'Europa con i suoi 30.000 disoccupati su 130.000 abitanti e 40.000 pensionati spesso usciti dal mondo del lavoro dopo aver contratto malattie terribili come la silicosi. Ecco la crisi di un mondo in disfacimento, legata a un modello di organizzazione del lavoro novecentesco e ormai ossidato come il ferro dei castelli degli ascensori abbandonati di Carbonia. Ferracuti viaggia tra queste terre avvelenate e incontra una popolazione vinta, malata, povera ma piena di dignità, in una condizione che riassume tutte le contraddizioni del presente, come quella tra salute e lavoro, mentre le multinazionali dell'alluminio delocalizzano in Islanda e in Arabia Saudita. Qui è finito il Novecento ed è iniziato non si sa che cosa. Rimane la nostalgia e un buco nero a tratti rischiarato dall'assistenza dello Stato che tutti aspettano come unica salvezza.
Lui è Johann Trollmann (1907-1943), pugile sinti nella Germania nazista, il più bravo di tutti, ma c'è un particolare: è uno zingaro. La vita di Johann comincia subito di corsa, da quando, bambino, scopre la boxe e sale sul ring portando con sé i valori e la tradizione della sua gente, e guadagnando strepitose vittorie, una più emozionante dell'altra, con il pubblico (soprattutto femminile) in visibilio. Ma uno zingaro non è come gli altri tedeschi: come può rappresentare la grande Germania alle Olimpiadi del 1928? Le strade del successo ben presto gli vengono sbarrate, il clima politico peggiora, il nazismo travolge tutto, anche la sua vita e quella della sua famiglia. Non importa che Johann sia il più bravo, il titolo di campione dei pesi mediomassimi gli verrà negato, nonostante la vittoria sul ring. Da quel momento la sua vita diventa impossibile: prima il divorzio cui è costretto per salvare la moglie e la figlia, poi la sterilizzazione, la guerra cui partecipa come soldato e infine il campo di concentramento e l'ultima sfida, quella decisiva, contro il kapò, che vincerà, e per questo sarà punito. Con la morte. Dario Fo, grazie a una ricerca di Paolo Cagna Ninchi, ancora una volta recupera una vicenda vera e dimenticata. Solo di recente la Germania ha riconosciuto il valore e l'autenticità di questa storia consegnando alla famiglia Trollmann la corona di campione dei pesi mediomassimi negata a Johann ottant'anni prima.
Quasi una vita, momento per momento, quelli più intensi che nel tempo acquistano ancora più vigore e ritornano in tutta la loro vividezza. Tanti incontri qui offerti nella forma del racconto, ognuno dei quali ha una luce, un'atmosfera e dei personaggi indimenticabili che hanno segnato soprattutto la giovinezza e l'adolescenza di Camilleri. Alcuni conosciuti negli anni più maturi, durante la sua carriera di regista teatrale e televisivo, molti altri sconosciuti, che ci riportano ai tempi del fascismo, della guerra, momenti segnati da storie che nei loro risvolti più umani e sinceri acquistano un tratto epico e la magia del ricordo assoluto perché unico nel costituire una tappa, una svolta nella formazione dello scrittore. L'anarchica, invincibile indifferenza di Antonio, insensibile ai richiami militari e agli orrori della guerra; la bellezza sorprendente dell'incontro con un vescovo libero nella mente e nel cuore; l'indelebile ricordo di quella notte di burrasca quando il padre di Camilleri andò a salvare l'eroico comandante Campanella, dato per disperso; il coraggio della "Sarduzza" e la determinazione nel difenderla dal tenente tedesco; l'ultimo saluto a "Foffa", prostituta per necessità, sola nella vita e negli affetti. Intermezzati gli uni con gli altri ecco l'incontro con Primo Levi e i suoi silenzi, la stravaganza di Gadda e la suscettibilità di D'Arrigo, il franco scontro con Pasolini riguardo alla regia di una sua opera teatrale, poco prima della sua morte...
Uomini e donne disposti a vendersi l'anima, il cuore, il sonno per una fotografia o un passaggio televisivo, un amore o un tradimento da rotocalco, un ingaggio o un'aragosta, un grammo di cocaina o uno di potere. Il mondo dei soldi e del cinema in un romanzo crudo e coinvolgente.
Manu ha quindici anni e mezzo, non è bella, si considera un po' sfigata, non si trucca, non porta minigonne e fa parte, insieme ai genitori, di un gruppo cattolico carismatico e intransigente che a volte le va stretto, ma è sempre meglio del mondo che c'è fuori. Manu non è come molte sue coetanee, che sanno cosa vogliono e come si fa a stare con i ragazzi. Lei no. Un pomeriggio apre un cassetto di suo padre e trova una confezione di preservativi. Comincia allora a spiarlo, scoprendo la sua vita segreta. Ecco com'è il vero mondo degli adulti. Manu smette di credere nelle parole vuote di don Ettore, negli insegnamenti finti di suo padre Amedeo, nelle impacciate dimostrazioni d'affetto della madre Sara, nel rovinoso tentativo d'amore con Sam. Meglio l'irriverenza della sorella Valeria o la superficialità simpatica e sgangherata della compagna di classe Linda. Soprattutto quando un evento imprevisto rimescola ulteriormente le carte.