Durante il Concilio Vaticano II, i padri conciliari, nell’atto di interessarsi alla formazione sacerdotale, hanno espresso la consapevolezza "che l'auspicato rinnovamento di tutta la Chiesa dipende in gran parte dal ministero sacerdotale animato dallo spirito di Cristo" (Optatam Totius, Proemio). Pertanto, la riflessione teologica, come servizio alla comprensione del sacerdozio, in un tempo in cui il cristianesimo sembra vivere una notevole crisi, assume una certa rilevanza. Tale consapevolezza sta al cuore di questo nostro lavoro. Occorre domandarsi seriamente se si possa andare oltre ai due riduzionismi teologici che spesso hanno condotto ad una comprensione ridotta del sacerdozio ministeriale; ovverosia quello cristomonista e quello ecclesiominista. Partendo dallo studio dei testi di J. Ratzinger e di E. Schillebeeckx queste pagine vogliono provare a formulare una risposta che possa tenere conto di entrambe le scuole di pensiero. Tale strada e stata percorsa assumendo le poco praticate prospettive escatologica e quella biblica di "testimonianza" offerta dagli Atti degli Apostoli (1,7).
Giuseppe Fazio (Cosenza, 1992), nel 2010 ha conseguito la maturità classica presso il Seminario Minore della Diocesi di San Marco Argentano. Dal 2010 al 2020 è stato alunno dell’Almo Collegio Capranica e della Pontificia Università Gregoriana dove ha conseguito i baccellierati in filosofia (2012) e teologia (2015), la licenza (2017) e il dottorato (2021) in teologia dogmatica. Nel 2018 è stato ordinato presbitero.
Attualmente è docente incaricato di teologia sacramentaria presso I’Istituto Teologico Calabro e di Cristologia e trinitaria presso la scuola diocesana di formazione per laici. Ha pubblicato Il sacerdozio in J. Ratzinger: un'identita in relazione, in Rivista di Teologia dell'evangelizzazione, 47 (2020), 157 -1706.
«Il volume qui pubblicato trova il suo nucleo generatore nella relazione tra ministero di guida e corresponsabilità/partecipazione dei fedeli laici nella figura del discernimento ecclesiale, proiettandosi su una riconfigurazione complessiva dell'azione ecclesiale. La questione non è stata soltanto analizzata, valutata e progettata da chi scrive, ma anche verificata nel suo effettivo svolgimento, grazie a una puntuale ricostruzione che l'autore fa di un'interessante esperienza da lui stesso messa in campo nella sua diocesi, a partire dai criteri e dalla prospettiva qui presentata e articolata. Il lavoro rende conto di un serio itinerario di elaborazione attuando il metodo del discernimento comunitario di Sergio Lanza e coinvolgendo, sotto la presidenza intelligente ed equilibrata del vescovo del tempo, l'intera diocesi e il suo territorio di appartenenza. La "presidenza del discernimento comunitario" come figura caratterizzante il ministero di guida della comunità ecclesiale: è questo il punto di arrivo di tutto il percorso di Angelo Auletta in orizzonte sinodale di mistero di comunione e missione. Altri - è auspicabile - lo seguiranno, portando frutti per il buon servizio della teologia e per l'edificazione della Chiesa (dalla Prefazione di Paolo Asolan).
«Tra i principali doveri dei vescovi eccelle la predicazione del Vangelo. I vescovi, infatti, sono gli araldi della fede che portano a Cristo nuovi discepoli; sono dottori autentici, cioè rivestiti dell’autorità di Cristo». Così la Lumen Gentium descrive un dovere, quello del magistero, che è funzione profetica. In un tempo in cui il fare catechesi conosce una profonda crisi, l’itinerario proposto da Maurizio Gervasoni si presenta in chiave profetica come un’ampia rilettura della realtà alla luce della Parola di Dio, del magistero della Chiesa e delle istanze della cultura. Non una comunicazione denotativa e immediata dei contenuti della fede, come lascerebbe intendere un’accezione “tradizionale” del termine catechesi, ma una serie di provocazioni che coinvolgono il vissuto di ogni giorno, invitando il lettore ad accogliere le domande di senso che l’autore lascia volutamente aperte, talora quasi insolute, come insoluta è spesso la quotidianità nella quale spendiamo la nostra esistenza.
Maurizio Gervasoni, ordinato sacerdote nella Diocesi di Bergamo l’11 giugno 1977, ha completato gli studi a Roma, presso il Pontificio Seminario Lombardo, conseguendo il Dottorato in Teologia alla Pontificia Università Gregoriana nel 1982, con una tesi sulla “poetica” nell’ermeneutica teologica di Paul Ricœur. Docente di Antropologia teologica nel Seminario Giovanni XXIII di Bergamo dal 1982 al 2012, ha insegnato anche Spiritualità del clero diocesano e Antropologia delle religioni e, all’Università degli Studi di Bergamo, Storia delle religioni. Dal 2013 è vescovo di Vigevano, delegato per la Pastorale giovanile e gli oratori, per la Pastorale del lavoro e per la Pastorale sociale e la formazione socio-politica presso la Conferenza episcopale lombarda.
Dalla "Teologia de1la Creazione" alla "Pastorale Della Creazione". E questo il passaggio che l'Autore si propone di evidenziare attraverso una riflessione sistematica ma allo stesso tempo scorrevole, immediata, diretta e propositiva, se non proprio creativa. Alla luce della Laudato si' di papa Francesco, attingendo dal ricco patrimonio biblico e teologico, passando per la tradizione francescana, fra Onofrio si propone di additare un nuovo filone teologico che trova nella vita cristiana ordinaria il suo più immediato riflesso. Non si tratta di una semplice azione, quanto, invece di stabilire una nuova connessione relazionale secondo una triplice direzione: con il Creatore, gli esseri umani e l'intera creazione che ci circonda.
In questo libro si vorrebbe riannodare alcuni fili, che corrono dalla problematica dei "segni dei tempi" al metodo pastorale del Vaticano II, per ribadire una svolta mai del tutto metabolizzata dalla Chiesa per la sua capacità, di destrutturare il comodo mondo garantito dall'alto.
L. Sartori scrisse: "Gaudium et spes è frutto del concilio, ma inevitabilmente acerbo,
Prematuro. Nel senso che attinge al senso della chiesa contemporanea di dover aprire un corso nuovo, di cambiare metodo, lasciando alle spalle gran parte dell'impianto ereditato dal medioevo per ciò che riguarda i rapporti con l'umanità; senza poter ancora individuare con chiarezza l'impianto futuro" .
In questo senso l'ispirazione conciliare è un'innovazione destabilizzante. Il doppio vincolo della fedeltà a Dio e all'uomo segnala un doppio percorso da intersecare, Dio non ha parlato solo nei tempi antichi e in Gesù Cristo ma parla anche oggi. La sua voce è legata ai "segni dei tempi", cioè agli eventi che ci sconcertano e in cui si avverte qualcosa che ci resiste e ci spinge oltre.
Umilmente vive chi è consapevole di essere sempre in cammino, disponibile a imparare alla scuola permanente della vita. Questo è lo stile che emerge da un grappolo di testi nati in tanti anni di vita tra gli universitari, condividendo l’avventura di studiare. Parole dense, intrise di attenzione, per accompagnare la maturazione di personalità solide animate da spirito di servizio e dalla carità dell’intelligenza.
Informazioni sull'autore
Ivo Sinico (1927-2015), presbitero della diocesi di Padova, nel 1963 ha fondato a Padova, e accompagnato per decenni, il Collegio Universitario Gregorianum, dedicando tutta la vita all’educazione dei giovani, alla promozione della cultura, della scuola e della catechesi.
«Il volume ci restituisce il senso profondo della dimensione penitenziale della vita cristiana e educa noi, adulti, donne e uomini di chiesa, a rivedere noi stessi come viviamo la confessione e a riconoscere quanto sia povera nella nostra vita cristiana la dimensione penitenziale che la dovrebbe caratterizzare. È quello che almeno ha provocato in me: non mi sono riconosciuto molto distante da questi preadolescenti. Un risultato salutare che invita a una serie di "riconciliazioni": tra magistero e teologia, tra teologia e pastorale, tra pastorale e spiritualità». (Enzo Biemmi, dalla Prefazione)
L’Istituto Teologico Marchigiano, nella sua sede di Fermo, e l’Istituto Superiore di Scienze Religiose «SS. Alessandro e Filippo» stanno da alcuni anni tentando di inserirsi nel dibattito culturale attuale e di diffondere una serie di approfondimenti biblici, teologici e pastorali che siano uno stimolo alla riflessione in genere e che possano rappresentare un significativo impulso alla vita ecclesiale locale e nazionale. Lo strumento che da quasi venti anni raccoglie i risultati di questa articolata operazione culturale è la rivista Firmana, che si propone come un «quaderno di teologia e pastorale»; un luogo, cioè, dove propiziare una riflessione rigorosa, alla luce della tradizione cristiana sulla complessità dell’agire pastorale odierno.
Firmana esce con cadenza semestrale e propone numeri di natura monografica o composita. Accanto alla Rivista vera e propria, esiste una collana di «Supplementi di Firmana», che offre ai lettori saggi monografici su singoli temi di interesse teologico.
Saggi di:
Armando Matteo Il Dio mite. Una teologia per il nostro tempo • Gianfilippo Giustozzi Il «viottolo» di don Vinicio: ricerca di Dio e lotta all’emarginazione • Luciano Manicardi Gesù e gli stranieri • Viviana De Marco Ecumenismo, canto e musica tra Oriente e Occidente. La riforma protestante, la centralità della parola di Dio
e la nascita del corale • Luciano Zappella Raccontare Dio: l’arte del racconto biblico • Daniele Gianotti Verso un’ecclesiologia dell’amicizia
Buona attesa è un modo di vivere, possibile e desiderabile. Lo si può apprendere fin da bambini se aiutati e educati. Lo si può imparare in ogni età. È scoperta e dono. Esperienza di vita contro la frenesia, l'accelerazione, il "tutto e subito", l'"in fretta", il "tutto pronto", solo "immediatamente" o "mai più". È avere lo sguardo che penetra in sé e cerca un senso. È volgere lo sguardo all'altro, all'Altro, al Tu che è il Buon Dio (Padre, Figlio, Spirito Santo), a Gesù. È sapere e voler volgere lo sguardo attorno, cogliere che mentre camminiamo ci costruiamo e abbiamo una esperienza di reciprocità dei doni divini dei quali possiamo usufruire. Siamo così aiutati ad avere lo sguardo di Gesù: sguardo differente, penetrante, benevolo, oltre. Possiamo accettare di non mettere mai il punto e basta; continuiamo a pensare, ad amare, lieti che dopo di noi si pensi meglio e si ami ancor di più.
"Il cuore del Buon Pastore non è soltanto il Cuore che ha misericordia di noi, ma è la misericordia stessa. Li splende l'amore del Padre, li mi sento sicuro di essere accolto e compreso come sono, li, con tutti i miei limiti e i miei peccati, gusto la certezza di essere scelto e amato" (Dall'omelia di Papa Francesco, nel Giubileo dei sacerdoti). Questo studio mette in evidenza come tali parole trovino un'applicazione esemplare nell'esperienza e nell'insegnamento dell'apostolo Paolo e di tanti Pastori santi del nostro tempo, trai quali spiccano le figure di Don Carlo Gnocchi, don Secondo Pollo, Padre Igino Lega, don Pino Puglisi, don Primo Mazzolari, don Andrea Santoro, mons. Luigi Padovese e il cardinale Francois Xavier Nguyen van Thuan.
Un'insufficiente teologia della famiglia genera un'insufficiente pastorale della famiglia. Nonostante i pronunciamenti del magistero, continua a permanere una scarsa valorizzazione della "Chiesa domestica" nella vita delle comunità ecclesiali e dei movimenti, centrati più sull'individuo che sulla coppia-famiglia. La teologia della comunità domestica è data per scontata e non è mai diventata "lo snodo obbligato per rifare il tessuto delle comunità ecclesiali e della società" (DPF, 22). Ricuperare la soggettualità della famiglia nella Chiesa e nella società è un fattore di crescita e di maturità. La soggettività ecclesiale della famiglia porta a rivalutare il sacramento del matrimonio. Questa soggettività è essenziale per superare il tarlo roditore dell'individualismo. "Il bene della persona e della società umana e cristiana è strettamente connesso con una felice situazione della comunità coniugale e familiare" (GS, 47).
Da una giornata di studio promossa dai docenti delle Scienze Umane dell'Istituto di Scienze Religiose di Assisi per il Biennio di Specializzazione Pedagogico-Didattico, nasce questo contributo multidisciplinare, per offrire in particolare agli insegnanti della Religione Cattolica, a genitori ed educatori uno spazio di riflessione sul compito educativo della scuola e alcuni strumenti per accompagnare lo sviluppo della dimensione religiosa dei ragazzi a loro affidati. La fede, don che si trasmette attraverso relazioni e incontri significativi, ha bisogno di narrazione. Narrare significa infatti interpretare, superando la tentazione di cestinare i vissuti nel "gran bidone dell'indifferenziato". Narrare significa cercare il senso e dare il senso. Cioè una direzione. La sociologia, la pedagogia, la psicologia e la didattica si confrontano per tracciare sentieri di narrazione della fede ad una "generazione incredula" soprattutto di futuro.