Come le società umane si sono trasformate da piccoli gruppi di cacciatori-raccoglitori strettamente imparentati in grandi strutture moderne basate sulla cooperazione tra anonimi? In che modo le religioni dei "Grandi Dei" - le massime fedi monoteiste e politeiste - si sono diffuse conquistando la maggior parte delle menti nel mondo? Secondo Norenzayan, quando gli esseri umani concepirono per la prima volta l'esistenza di entità sovrannaturali innescarono cambiamenti che finirono per dare origine alle grandi società con Grandi Dei - divinità potenti, onniscienti e intente a controllare il comportamento morale delle persone. Ma in che modo? "Chi è sorvegliato si comporta bene", pertanto le persone agiscono correttamente quando sospettano che i Grandi Dei stiano vigilando, anche se nessun altro è presente. Eppure, questa fede sincera nei Grandi Dei ha prodotto una nuova fonte di conflitto tra gruppi in competizione. In alcuni luoghi del mondo, come l'Europa settentrionale, le istituzioni laiche hanno determinato un declino della religiosità, usurpando la capacità della religione di incentivare la costruzione di comunità. "Grandi Dei" ci aiuta anche a comprendere un'altra transizione sociale più recente: l'emergenza delle società cooperative di non credenti.
La trilogia "Sfere", opera maggiore di Peter Sloterdijk, propone una storia filosofica delle culture umane attraverso una figura, la sfera, che rappresenta il cuore del progetto di razionalizzazione dell'immagine del mondo e dell'uomo nella filosofia classica. Le sfere al centro del progetto indicano più di semplici figure geometriche. La capacità di creare forme sferiche implica sin dalle origini della civiltà umana la possibilità di accedere a costruzioni di senso capaci di orientare l'intera esperienza dell'uomo, nella dimensione dell'intimità e in quella definita dagli orizzonti della civilizzazione. In tale prospettiva, "Sfere" esprime il tentativo di definire una visione della storia umana e della condizione contemporanea a partire da una teoria dello spazio animato. Il primo volume, "Bolle", elabora una filosofia dell'intimità, contrapponendo all'immagine autosufficiente dell'individuo il concetto di diade originaria. Si presenta, in questo modo, come un esperimento "micro-sferologico", teso a decifrare i piccoli mondi del vincolo di coppia o della partecipazione simbiotica, ovvero a disegnare figure di animazione che, pur non potendo avere forma sferica in termini geometrici, sono assimilate a sfere metaforiche, cioè appunto a bolle. Con un saggio introduttivo di Bruno Accarino.
Il secondo volume della trilogia "Sfere" indaga le dinamiche di passaggio dalle microsfere (bolle) alle macrosfere (globi): sotto i riflettori sono Dio e il mondo, e con essi tutte le figure "macrosferologiche", di natura sia politica sia metafisica, che hanno dato vita a costruzioni simboliche e istituzionali di grandi dimensioni. Sloterdijk traccia un itinerario che, partendo dalle città mesopotamiche, arriva fino alle società contemporanee, interpretando tali costruzioni come dispositivi "immunitari" mediante i quali i collettivi umani erigono difese contro l'insensatezza e l'esteriorità del mondo. Il volume si chiude con un'ampia teoria della globalizzazione, presentata come un monito contro le semplificazioni imperanti nel dibattito contemporaneo: è impossibile comprendere la globalizzazione terrestre moderna, sostiene Sloterdijk, ignorando il fatto che è stata preceduta dalle globalizzazioni metafisiche di matematici, filosofi e teologi, a partire da quella che ha dato vita, con la figura del cosmo, alla prima geometrizzazione filosofica dell'universo.
"Psiconcologia" è stato scritto per aiutare oncologi, medici, psichiatri e altri professionisti della salute mentale nel supporto psicologico e spirituale, nella comprensione dei bisogni di quei soggetti - più di un terzo della popolazione - che nella loro vita riceveranno una diagnosi di cancro. Ricevere la notizia della diagnosi, sottoporsi a trattamenti che salvano la vita ma sono invasivi e possono trasformare il corpo, vivere con la minaccia di una recidiva, spiegare la malattia agli altri: sono alcuni dei problemi dei pazienti oncologici trattati in questo innovativo volume. Una cura a tutto campo del cancro richiede di tener conto dei differenti aspetti psicosociali nella valutazione e nel trattamento. "Psiconcologia" risponde direttamente a questo bisogno di comprensione e informazione dando indicazioni per trattare efficacemente pazienti in condizioni di sofferenza non solo fisica.
Un carrello ferroviario fuori controllo corre verso cinque uomini che sono legati sui binari: se non sarà fermato li ucciderà tutti e cinque. Vi trovate su un cavalcavia e osservate la tragedia imminente. Tuttavia, un uomo molto grasso, un estraneo, è in piedi accanto a voi: se lo spingete facendolo cadere sui binari, la notevole stazza del suo corpo fermerà il carrello, salvando cinque vite, anche se lui morirà. Voi uccidereste l'uomo grasso? La domanda può sembrare bizzarra ma ha impegnato i filosofi morali per oltre mezzo secolo. David Edmonds racconta qui la storia curiosa di come gli studiosi hanno lottato con questo dilemma etico, proponendo un avvincente viaggio attraverso la storia della filosofia morale. Molti pensano che sia sbagliato uccidere l'uomo grasso. Ma perché? Come mostra Edmonds, rispondere alla domanda è molto più complesso di quanto appaia in un primo momento. Di fatto, il modo in cui rispondiamo ci dice molto su ciò che consideriamo giusto o sbagliato. Leggere questo libro potrebbe cambiare, divertendovi, il vostro modo di pensare e fare di voi una persona migliore.
Da dove provengono e come si governano i nostri pensieri, le nostre emozioni e i nostri sogni? La mente umana è davvero così intelligente da comprendere la propria stessa esistenza? Per millenni filosofi e scienziati sono stati disorientati dall'enigma dell'esperienza cosciente. Ma Stanislas Dehaene ci invita nel suo laboratorio per farci constatare come sia oggi possibile analizzare le basi biologiche della coscienza, usando le migliori teorie disponibili, a cominciare dall'evoluzionismo neodarwiniano, ma anche tutti gli apparati di ricerca per il cervello, dalla MRI funzionale alla elettroencefalografia. L'autore mostra come si possano determinare i marcatori fisiologici che rivelano massicce variazioni quando un soggetto diventa consapevole di un'immagine visiva, oppure di una parola o di un suono, e mira a scandagliare "firme della coscienza" persino nel buio del coma. Una nuova disciplina scientifica potrà giovare ai pazienti paralizzati ma coscienti o a coloro che sono caduti nel cosiddetto stato vegetativo? La risposta, dice Dehaene, "è un esitante e incerto sì". Ma nella prospettiva di un serio illuminismo scientifico, possiamo scommettere che le neurotecnologie del futuro cambieranno radicalmente il trattamento clinico dei disturbi della coscienza.
In "Thalassa" Sándor Ferenczi affronta i "problemi della sessualità" avvalendosi di una singolare opzione metodologica, la "bioanalisi": applicare alcuni modelli psicoanalitici allo studio della fisiologia degli organi, delle loro parti e dei tessuti e, viceversa, utilizzare conoscenze tratte dal campo della biologia per far luce sui fenomeni psichici. Dando prova di una grande capacità nel decifrare i problematici nessi tra corpo e psiche, lo psicoanalista ungherese traccia in quest'opera il profilo di una teoria psico-bio-analitica della genitalità, che prefigura alcune delle più recenti ipotesi sulla "complessità" della materia vivente. "Thalassa" possiede dunque tutte le caratteristiche per affermarsi quale contributo ante litteram all'attuale dibattito sugli sviluppi della biologia e delle neuroscienze, con particolare riferimento alle esigenze della "complessità" più propriamente umana.
Raggiunta l'età in cui succede che qualcuno sul metrò si alzi per cedergli il posto, Marc Augé scava nei propri ricordi personali per sviluppare una riflessione, acuta e delicata, sul tempo che passa. "Conosco la mia età, posso dichiararla, ma non ci credo", scrive il grande antropologo per evidenziare la differenza tra il tempo e l'età. Perché sono gli altri a dire che siamo vecchi, a definirci secondo luoghi comuni, ma questa etichetta resta superficiale e lontana da quel che avvertiamo dentro di noi... Dunque, la vecchiaia non esiste. Certo, i corpi si logorano ma la soggettività resta, in qualche modo, fuori dal tempo ed è così che, come scrive Augé alla fine di questo libro, "tutti muoiono giovani".
Che le tecnologie digitali stiano cambiando il nostro cervello, i nostri gusti e i nostri comportamenti è un dato acquisito. Se questo però ci renda più stupidi o più intelligenti, resta un problema aperto. Pietro Montani lo affronta qui in chiave estetica, interrogando da filosofo gli effetti delle nuove tecnologie sulla sensibilità e sulla percezione, l'immaginazione e l'interattività. Il saggio esplora questi effetti dal punto di vista del consumo e della produzione di immagini e li esemplifica riferendosi alle prospettive aperte dalla "realtà aumentata" e dalle "tecnologie indossabili" (per esempio i Google Glass). L'approccio originale adottato da Montani mette l'accento sull'importanza dei processi interattivi e prospetta la possibilità di un innalzamento della loro capacità di dar luogo a fenomeni in senso ampio creativi. È in questo quadro che l'autore propone, da ultimo, un'interpretazione innovativa della sperimentazione artistica.
In questa sintesi del suo pensiero, John Dewey, il più importante filosofo dell'educazione del Novecento, contrappone la sua posizione a quella dei conservatori, che criticavano le "scuole nuove" ispirate dal suo credo e auspicavano il ritorno alla tradizione e al principio di autorità come fondamento pedagogico. Secondo Dewey, l'esperienza è il banco di prova di ogni teoria pedagogica e, allo stesso tempo, è ciò che permette di educare ogni uomo alla responsabilità, alla partecipazione, alla soluzione di "problemi di tutti" in una società fondata sull'integrazione e non sull'esclusione. Già nella forma polemica, oltre che nel contenuto, "Esperienza e educazione", che brilla per chiarezza, sintesi e profondità, è di grande attualità e riesce ancora oggi, nella confusione del dibattito sulla scuola, a mettere a nudo le differenze fondamentali tra chi vuole un'educazione autoritaria e chi immagina e vuole mettere in pratica una comunità educante.
David Le Breton affronta qui l'indicibile della sofferenza. Mostra come il dolore sia una sensazione certamente reale, ma anche un'emozione, una percezione, una maniera di decifrare se stessi, e non il semplice ricalco di un'alterazione somatica o una vicenda che interessa soltanto il sistema nervoso. Sappiamo che esiste la tortura, forma di violenza assoluta mirata a produrre un dolore impossibile da contenere, conosciamo la malattia, con i suoi attacchi intollerabili. Ma l'individuo che soffre, ricorda l'autore, vive un'esperienza che lo spoglia dell'essenziale, in cui la frontiera tra interno ed esterno si dissolve fino ad annullare la soglia che consente di sentirsi persona. Attingendo a una vasta gamma di testi letterari, filosofici, storici e antropologici, Le Breton ci aiuta a penetrare in ciò che, dentro di noi, vi è di più complesso e ambivalente e, insieme, a riflettere sui meandri più misteriosi e segreti della nostra storia di vita.
Quotidianità, straordinarietà, uguaglianza, soggettività: quattro termini che la psicoanalisi ha sovvertito facendo vedere i legami strettissimi che li uniscono. Chi contrappone la straordinarietà alla quotidianità o l'uguaglianza alla soggettività nega la complessità dell'animo umano, adattandosi al tentativo in corso di ridurre l'individuo a macchina biologica o sociale. Questo libro restituisce il senso dell'impresa psicoanalitica, un'impresa letteralmente rivoluzionaria, che ha dischiuso all'umanità prospettive realistiche di emancipazione e libertà. Contro il buonismo dell'analista comprensivo e accogliente o l'implicito catastrofismo di chi vede psicosi dappertutto. Con molti esempi clinici tratti dalla pratica quotidiana, Semi mostra l'inesauribile ricchezza dell'inconscio e la sua alterità irriducibile e selvaggia, presenti in ciascuno di noi. Negare questa dimensione dell'animo umano significa prestarsi a creare un nuovo tipo di schiavo.