Da qualche anno negli Stati Uniti chiunque aspiri a un impiego è sottoposto a test preventivi e le scuole controllano gli studenti con i metal detector. La quotidianità è diventata preda della paura e ogni cittadino viene trattato come un potenziale criminale. Simon sostiene che l'ossessione per la criminalità ha intaccato le fondamenta della società americana, spingendo verso un esercizio sempre più totalizzante dell'autorità esecutiva. Questo volume è destinato a catturare l'attenzione di chiunque voglia comprendere il presente e il futuro della logica di dominio, negli Stati Uniti e altrove.
La mancanza di pensiero, la ripetizione di verità diventate vuote e trite sembrano tra le principali caratteristiche del nostro tempo. Quello che l'autrice propone perciò è molto semplice: insegnare a pensare a ciò che facciamo. Una civiltà che ha cura di sé, e dunque tiene in massimo conto il valore della libertà, non può non dedicare risorse alla formazione di un pensiero autonomo. Per questo vanno organizzati adeguati contesti di apprendimento, che facciano acquisire pratica del come pensare senza prescrivere che cosa si debba pensare né quali verità debbano essere credute.
Qual è la definizione più adeguata di medicina? Possiamo parlare di una scienza medica, caratterizzata da un metodo specifico? Chi è medico? Quali sono i diritti e i doveri del medico e quali quelli del paziente? Che cosa intendiamo quando usiamo termini quali malattia e salute? Sono solo alcune delle domande che rivelano la complessa trama di temi epistemologici ed etici propria di quella forma di sapere nota come l'arte lunga, da sempre in bilico tra il rigore dei protocolli scientifici e la singolarità psicofisica del malato. Da Ippocrate a Galeno, da Georg Ernst Stahl a Claude Bernard, da Sigmund Freud e Karl Jaspers ai recenti dibattiti sul ragionamento in clinica, questo volume restituisce al lettore le pagine più significative della filosofia della medicina e dell'evoluzione del pensiero clinico-metodologico, affrontando i nodi concettuali attorno a cui "l'alleanza medico-paziente", stretta ufficialmente per la prima volta nel giuramento di Ippocrate, è andata sviluppandosi parallelamente alla crescita del sapere scientifico, delle moderne tecnologie e della consapevolezza dell'importanza delle istituzioni e delle strutture sanitarie.
Gran parte di ciò che oggi sappiamo sul cervello deriva dalla crescente capacità di tracciare delle mappe, vere e proprie carte topografiche, della corteccia cerebrale e delle strutture situate nella profondità dell'encefalo. Queste mappe ci permettono di conoscere dove ha inizio un'azione, quali nuclei sono alla base del linguaggio, quali sono le reti della memoria. Una geografia della mente che ci dischiude un mondo nuovo, diverso da come l'avevamo finora immaginato, in cui non è necessaria la presenza di un deus ex machina che faccia da interprete e tiri i fili del teatro mentale.
Il problema con i diritti degli animali è... farli rispettare dagli animali stessi. I meccanismi spietati della lotta per la vita risolvono drasticamente la faccenda, ma c'è una specie, Homo sapiens, a cui la logica della natura non basta. In passato le religioni occidentali abitualmente subordinavano le bestie agli esseri umani, oggi il trattamento che riserviamo agli animali è diventato oggetto di dibattiti etici. In questo pamphlet provocatorio Scruton fornisce ai profani occasioni di riflessione mentre non risparmia critiche feroci ai difensori a oltranza dei diritti degli animali.
È un luogo comune dire che la medicina è una scienza. Così non è. La medicina non è una scienza, è una pratica basata su scienze - la fisica, la chimica, la biologia, l'ecologia, l'economia - che differisce dalle altre tecniche perché il suo oggetto è un soggetto: l'uomo. L'autore ricostruisce storicamente il patrimonio scientifico di cui la medicina oggi dispone e considera tale patrimonio come il mezzo necessario per conseguire il fine dell'essere medico, cioè un uomo che cura i suoi simili con competenza e disponibilità.
Come possiamo capire meglio e curare i pazienti affetti da schizofrenia e psicosi maniaco-depressiva? Istituendo un dialogo coerente tra psicopatologia e filosofia e auspicando che la psichiatria possa diventare filosofia applicata, Giovanni Stanghellini mette l'accento sul modo in cui i pazienti stessi fanno esperienza dei propri disturbi. L'idea centrale è che coloro che chiamiamo schizofrenici presentano anomalie del senso comune, mentre la vulnerabilità alle psicosi maniaco-depressive è contraddistinta da un'identificazione eccessiva con i ruoli, le norme e i valori sanciti dalla società. Attraverso la nozione di "perdita del senso comune", questo libro, ricco di materiale clinico e concettualizzazioni, ci accompagna in un viaggio nel mondo delle psicosi gravi da cui gli psichiatri, ma anche i pazienti e chi si prende cura di loro, hanno molto da imparare.
Presentando un modo originale di concepire il ruolo del sogno nella psicologia umana, Ogden offre un punto di vista unico sulla psicoanalisi. A partire dal lavoro di Sigmund Freud, Melarne Klein, Donald Winnicott e Wilfred Bion, l'autore analizza l'idea che la psicopatologia sia legata al fallimento della capacità dell'individuo di sognare la propria esperienza. Con chiare esemplificazioni cliniche viene illustrato il ruolo che l'analista svolge nel partecipare psicologicamente ai sogni del paziente.
Gallerie di seta, rifugi di cera, meravigliose torri d'argilla: come fanno api e castori, roditori e termiti a costruire raffinate dimore che superano le opere di ingegneria realizzate dall'uomo? Davvero possiamo spiegare queste imprese come un semplice prodotto dell'istinto? Con descrizioni delle architetture di cui tutto il mondo animale abbonda, gli autori mostrano chiaramente l'esistenza di intelligenza e persine di senso estetico negli insetti e negli altri animali architetti.
Ci sono molte carenze, secondo Baron, nel modo in cui la bioetica viene oggi applicata. Manca, in particolare, una teoria che spinga nella giusta direzione una disciplina basata per ora su giudizi intuitivi. In alternativa, Baron chiede ai bioeticisti di fondare i loro giudizi etici su principi utilitaristici. Stando all'utilitarismo, l'opzione migliore è quella che procura il massimo bene atteso. Provvista di una tale teoria, la bioetica non porterebbe mai a decisioni che danneggiano coloro che sono coinvolti nelle scelte, come talvolta accade oggi.
La rivoluzione digitale non cessa di alimentare profezie sul futuro della politica. È in atto una mutazione di civiltà per cui le organizzazioni gerarchiche che hanno dominato le moderne società industriali stanno lasciando il posto a organizzazioni a rete (network) decentrate e orizzontali, analoghe agli organismi di democrazia diretta della Russia rivoluzionaria (i Soviet). Ma il sogno di un Web che si autogoverna rischia di sortire un esito imprevisto: a schiacciare i "cybersoviet", questa volta, non saranno le baionette bolsceviche ma il trionfo di un capitalismo rampante, ben incarnato oggi da Google.
Scavando nei ricordi del mondo dei migranti e in circa trent'anni di ricerche, l'autore affronta i molteplici aspetti che riguardano le emigrazioni e le immigrazioni. Grazie a continue incursioni in fatti storici poco noti e ad alcune biografie di personaggi emblematici, il volume diventa anche una gustosa narrazione delle ibridizzazioni proprie delle mobilità umane, senza perdere nulla del rigore scientifico.