A partire dalla sua personale esperienza di vita e di ministero – è a capo di una onlus che si occupa di disabili e anziani – l'autore, prete milanese, riflette sul tema della fragilità. Queste pagine, che hanno il ritmo di un racconto il cui unico scopo è la testimonianza, si rivolgono a tutti, in particolare a coloro che si sono trovati a fare i conti in modo diretto con la fragilità e la disabilità, per poter riconoscere in questa esperienza un'opportunità e un'occasione di crescita.
Sommario
Introduzione. I. Lucrezia: scoprire la fragilità. II. Fede e Luce: condividere la fragilità. III. La formazione permanente: sostenere la fragilità. IV. La parrocchia: portare la fragilità. V. Sacra Famiglia: rispondere alla fragilità. VI. Epilogo: abbracciare la fragilità. Postfazione.
Marco Bove, presbitero milanese, è presidente della Fondazione Istituto Sacra Famiglia onlus e assistente spirituale internazione di Fede e Luce. Si è occupato della formazione permanente del clero ed è stato parroco a San Nicolao della Flue e a San Lorenzo in Monluè, a Milano. Tra le sue pubblicazioni recenti: Venite a mangiare. Il cibo, la vita e le sue stagioni (EDB 2015), La vita consacrata tra conflitti e affetti. Incontri di formazione (Ancora 2017) e Le spalle di Dio. L’esperienza spirituale dei cercatori di Dio (Àncora 2019).
Come farsi compagni di viaggio dei detenuti? Come stare loro accanto senza la presunzione del giudicare, senza rinfacciare il male commesso? Come stare in mezzo a loro quando non ti vogliono e non cercano il tuo aiuto? La profezia dei gesti, la parola del silenzio, la presenza consolante sono le risposte che emergono con forza nelle interviste raccolte in questo libro, che nel titolo ricorda un’opera teatrale di Eduardo De Filippo.
Ci sono uomini e donne che fanno da «ponte» tra il dentro e il fuori di un carcere; sono raccoglitori di storie; vasi pieni di quella speranza che non muore mai anche in detenzione. Don Franco Esposito, Suor Maria Lidia Schettino, Don Raffaele Grimaldi, Antonio Spagnoli, Giuseppe Ferraro, Antonio Sgambati sono tra i tanti volti che traghettano mondi diversi che spesso non si incrociano mai. Sono quegli uomini e quelle donne che vivono l’esperienza di accompagnare il dolore, la solitudine, il rimorso di chi vive dietro le sbarre e guarda con diffidenza chi vi entra per motivi che non riguardano la delinquenza.
Sommario
Prefazione (Francesco Asti). I. Le voci di dentro come sentinelle della speranza. II. Riscoprire l’umanità per essere liberi di volare. Una conversazione con don Franco Esposito. III. La nostalgia di un mondo diverso. A colloquio con suor Maria Lidia Schettino. IV. Oltrepassare la soglia del carcere. Dialogando con Antonio Spagnoli. V. Essere «servi inutili». Risposte da don Raffaele Grimaldi. VI. Un filosofo in carcere, ovvero sentire attraverso gli occhi. Dialogando di libertà con Giuseppe Ferraro. VII. Un altro punto di vista. Intervista ad Antonio Sgambati.
Note sull'autore
Anna Maria Caiazzo, laureata in Scienze religiose, partecipa in qualità di esperta alle attività di ricerca promosse dall’Istituto di Scienze pastorali della Facoltà Teologica di Napoli, Sezione San Tommaso d’Aquino, e con l’Associazione di volontariato carcerario “Liberi di volare”. È docente al corso di formazione “Perdono responsabile e giustizia riparativa: uno sguardo profetico”. Collabora con la rivista di storia e di scienze religiose Capys e ha pubblicato il saggio «Ero in carcere e siete venuti a trovarmi». Aspetti della pedagogia carceraria come prassi di accoglienza e di misericordia (2016).
Il canto di Marino accompagna i bambini ad accostarsi alterna della disabilità, con un'attenzione particolare all'autismo infantile. Un racconto delicato, nato da una storia vera, per educare i bambini a vedere oltre la diversità, e imparare a conoscere attraverso la creatività e l'immaginazione. Età di lettura: da 8 anni.
Negli ultimi anni del Settecento, nel dipartimento francese dell'Aveyron, un gruppo di cacciatori trova e cattura in una foresta un bambino abbandonato. Nudo e dall'aspetto sudicio, viene tenuto prigioniero, esibito alla curiosità della gente e portato a Parigi. Il medico Jean Itard, rifiutando la tesi dei colleghi che reputano il «selvaggio» un ritardato mentale irrecuperabile, decide di approfondire lo studio e tenta di educarlo. Il bambino viene così condotto a casa del medico, che inizierà a prendersene cura cercando di reinserirlo nella vita sociale. La vicenda, narrata anche in un celebre film di François Truffaut, divenne il punto di riferimento per la ricerca sugli handicap ed è il filo conduttore di questo libro, incentrato sul rapporto tra disabilità, identità ed educazione.
Sin dall’inizio del suo pontificato papa Francesco ha sorpreso tutti per i suoi gesti inaspettati nei confronti delle persone disabili. Il desiderio di costruire ponti verso chi vive in condizione di fragilità ha fatto dell’attenzione e della tenerezza gli atteggiamenti privilegiati per guardare il modo nuovo il limite e la sofferenza.
La raccolta di parole e discorsi di Bergoglio lascia intravvedere una lettura pastorale innovativa, non più solo orientata a guardare la malattia o il deficit, ma la persona, con i suoi diritti, i suoi desideri e le sue attese.
Note sulla curatrice Veronica Donatello, francescana alcantarina, è responsabile del settore per la catechesi alle persone disabili dell’Ufficio Catechistico Nazionale della CEI. Per EDB ha pubblicato Un cammino per tutti. Percorsi di inclusione per persone con disabilità sensoriale e pluridisabilità (con Rosina Giuseppetti, Luca Lamano, Fiorenza Pestelli 2014) e Buona notizia disabili (con Paolo Sartor e Andrea Ciucci 2013).
Nella fase terminale della malattia il paziente, spaventato e inerme, privato dell'autonomia e della dignità, ha bisogno di medici ma ancor più della presenza di persone amorevoli e comprensive, di un'assistenza ricca di umana compassione, oltre che professionalmente qualificata. Le storie raccolte nel volume raccontano di relazioni efficaci tra medici, volontari e ammalati accolti all'hospice "Il gabbiano", inaugurato nel 2007 in provincia di Pordenone. E assumono involontariamente la forma di "testamenti etici" che cercano caparbiamente un senso all'esistenza anche quando la vita sfugge inesorabilmente. La parte finale del volume propone gli elaborati di studenti liceali che hanno svolto percorsi di studio su tematiche bioetiche, sul significato esistenziale e religioso della morte e sulla letteratura che affronta il tema della vita al suo termine.
Il libro racconta le storie, le avventure e le speranze dei senza fissa dimora in una media città di provincia. Storie di "amici della strada", come li definiscono i membri della Comunità di Sant'Egidio, che ha tra i propri carismi l'amore e il servizio per i poveri. Civitavecchia è il porto di Roma, il primo nel Mediterraneo per numero di crocieristi. E ogni giorno, come in tante città di mare, c'è un grande movimento di residenti e viaggiatori. Nella folla vive e si confonde anche un piccolo popolo di persone estremamente povere che vivono per la strada, alla ricerca di un po' di accoglienza e di un clima più mite. Un popolo variegato, formato da uomini e donne, italiani e stranieri di diverse nazionalità e diverse età. Sono chiamati senza fissa dimora, clochard, senza tetto, barboni, ma hanno un nome, un paese di origine, un progetto. Le loro storie sono tutte diverse, interessanti, irripetibili, ma con alcuni tratti comuni: la povertà, la paura, la solitudine, i sogni. Un'intera letteratura, anche sociale, ritiene che le persone senza dimora abbiano fatto una scelta di vita e che la loro condizione è solo il frutto di una responsabilità personale. Sappiamo, e il libro lo testimonia con forza, che non è così. Al contrario emerge il disperato sforzo di tanti "invisibili per i più" di diventare "visibili", poter accedere ai servizi sociali e sanitari, avere un alloggio modesto e un po' di salute. Prefazione di Francesca Zuccari.
«I figli adottivi sono esseri speciali con occhi di diamante opacizzati dagli eventi. Umberto e io abbiamo visto gli occhi dei nostri figli riacquistare lentamente lucentezza, stupirsi per le cose belle che la vita può ancora riservare loro e riuscire a riempirsi di lacrime dal ridere».
Le pagine del volume raccontano la storia di due persone che hanno generato la loro possibilità di diventare papà e mamma attraverso il cuore, la mente, il sorriso e il gioco. E attraverso grandi fatiche, coraggio e capacità di mettersi in questione. Una testimonianza ricca, che non teme di mettere in evidenza luci e ombre di una particolare modalità dell'essere genitori, che ormai sempre più coppie hanno sperimentato o sono in attesa di sperimentare.
Sommario
PRIMA PARTE. Un'idea che comincia a prendere forma. Se il bambino fosse un animale che animale sarebbe? Il cammino si fa difficile. Le tante domande. La prima fotografia: i pensieri della mamma. La prima fotografia: i pensieri del papà. Dicembre 2005. Gennaio 2006. 10 febbraio 2006. 11 febbraio 2006. 15 febbraio 2006. 16 febbraio 2006. Le panchine: i pensieri della mamma. Le panchine: i pensieri del papà. Regalo-sorpresa. L'odore del nuovo. Quotidianità straordinaria. La prima notte: i pensieri del papà. Por emergencia. I compiti: che supplizio. Il rifiuto. Alti e bassi. Veniamo coccolati. Una giornata da dimenticare. Giocattoli e giochi di ruolo: il papà racconta. Ombre notturne. Il distacco. Gattini impauriti. Le foto. L'attesa. Ci ritroviamo finalmente per sempre. SECONDA PARTE. Il senso dell'emergenza. Il momento di andare a dormire. Rivalità. Una piccola mamma. La Virgen de Guadalupe. Minerva racconta. Il cibo. La lingua. Sei il giorno che penso al Mexico. 15 ottobre 2006. Ricordi riportati: i pensieri del papà. Perché... io mi ricordo sempre... Lontano da sé. I sogni. Il futuro tra paura e progetti. Postfazione. TERZA PARTE. Umberto. Bianca. Minerva. Josè. I nonni. Ringraziamenti.
Autori
BIANCA DOMINISIA e UMBERTO VILLACOLLE sono nati a Padova negli anni '60. Si sono conosciuti nel 1977 e sposati nel 1987. Le loro passioni sono sempre state i viaggi e la scoperta di nuove e diverse culture. Vivono con la loro famiglia a Vicenza, dove lavorano come farmacisti. Hanno trasformato la loro esperienza di adozione in un piccolo testo, con l'intento di trasmettere forza e fiducia ad altri genitori che vogliono intraprendere questo percorso di vita.
Con stile essenziale, mai recriminatorio né ripiegato su di sé, una madre racconta l'esperienza di due figli con handicap grave: la reazione al primo, i pensieri durante la seconda gravidanza, la gestione pratica dei problemi. Il titolo del volume esprime l'invito di ogni diversamente abile a chi gli si avvicina, è la proposta a prendere coscienza di una realtà misconosciuta. È un passaggio al di là delle apparenze, in un canale ricco di autenticità spontanea e senza pregiudizi. È la sollecitazione a leggersi dentro l'un l'altro, disabile o no, in quel luogo nascosto che si lascia trovare più facilmente di quanto si creda.
Il volume, frutto di anni di presenza sul campo, è un viaggio nell'interiorità di quanti sono colpiti da diverse vulnerabilità fisiche, psichiche e spirituali. Propone un quadro rappresentativo e non esaustivo delle tante infermità. Lo strumento è ad uso di quanti si trovano a stare accanto a chi vive l'esperienza della sofferenza e quindi in particolare di operatori pastorali, volontari, medici, infermieri, assistenti sociali, cappellani negli ospedali, parenti e amici di chi è malato.
Ogni capitolo offre un itinerario per comprendere meglio le singole patologie, non tanto dal punto di vista medico, bensì dal punto di vista umano e spirituale. Presenta una descrizione della malattia, alcune dinamiche psicologiche ricorrenti, un riferimento biblico, una testimonianza o un colloquio con un paziente e alcune indicazioni pastorali. L'ultimo capitolo non tratta di una patologia specifica, ma del destino inevitabile di ogni essere vivente, vale a dire l'esperienza del morire, con alcune indicazioni sull'accompagnamento dei morenti.
«Addentrarsi nelle diverse mappe dei sofferenti significa capirne meglio le istanze, i pensieri e i sentimenti; accoglierne i disappunti, gli sfoghi e le speranze ed essere "compagni di viaggio", non tanto per portare loro le proprie certezze, risorse o il proprio Dio, ma per scoprire i valori, le risorse e il Dio che abita in ognuno» (dalla Presentazione).
ARNALDO PANGRAZZI è nato a Cles (Trento) nel 1947. Ha completato gli studi di teologia presso i gesuiti del Weston College di Boston e dopo l'ordinazione (1974) ha lavorato per sei anni al St. Joseph Hospital di Milwaukee, dove ha dato vita a gruppi di mutuo aiuto per malati di cancro, persone in lutto, familiari di suicidi, soggetti che hanno tentato il suicidio e genitori che hanno perso un figlio. Dal 1983 al 1989 è stato consultore generale dell'Ordine Camilliano, con il compito di animare il Segretariato per il ministero. Dal 1992 al 1998 ha coordinato il servizio di cappellania presso l'Ospedale Santo Spirito a Roma. Dal 1987 è docente di pastorale e di formazione pastorale clinica presso il Camillianum, ove è stato vicepreside dal 2000 al 2006. La sua tesi di dottorato è dedicata a L'enneagramma e l'antropologia cristiana: un modello per il mondo della salute. Dal 1998 è presidente dell'Associazione Italiana Enneagramma. Ha scritto una quindicina di volumi sui temi della malattia e di pastorale sanitaria, oltre a numerosi sussidi, articoli e contributi a dizionari ed enciclopedie.
C’è stato un tempo in cui in Italia l’obiezione di coscienza al servizio militare non era ammessa. «Il 23 dicembre 1972 un piccolo drappello di giovani idealisti usciva dalle carceri militari, dopo aver imposto, con la propria sofferta testimonianza e il sostegno solidale di chi condivideva gli stessi ideali e la stessa lotta, il diritto a servire la patria in altro modo, cioè con il servizio civile a favore delle fasce più deboli della nostra società».
Nel tempo che vede la sospensione della leva obbligatoria e insieme il riaffiorare di una forte contestazione alla cultura della guerra, il volume racconta l’esperienza di un obiettore disposto a pagare di persona con la reclusione la coerenza ai propri ideali. Essa si propone quale messaggio-testimonianza ai giovani che manifestano nelle marce per la pace o nelle assemblee no-global, nonché a tutti i ragazzi e le ragazze che, in base alla nuova legge, si impegneranno volontariamente nel servizio civile nazionale.
Sommario
Presentazione (mons. G. Nervo). Introduzione. 1. Sul treno per L’Aquila. 2. Il rifiuto di indossare la divisa. 3. Da L’Aquila a forte Boccea: la prima volta in un carcere militare. 4. La prima obiezione di coscienza collettiva in Italia. 5. Processo all’obiettore. 6. «Ti sbatto a Gaeta». 7. Ritorno a Peschiera del Garda in attesa dell’approvazione della legge. 8. Il «fucile spezzato». 9. I miei compagni di viaggio.
Note sull'autore
Alberto Trevisan (1947), sposato con due figli, assistente sociale, risiede a Rubano (PD). È stato obiettore di coscienza quando la legislazione italiana non prevedeva ancora questa possibilità e rifiutarsi di indossare la divisa militare era reato. È tra i fondatori dell’Associazione per la pace e fa parte del Coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento. Ha partecipato a spedizioni umanitarie in luoghi di guerra (ex Iugoslavia, Palestina). L’impegno in favore della pace ha orientato anche il suo lavoro nell’amministrazione comunale. Si interessa di problemi di bioetica e ha operato nei servizi psichiatrici e sociali.
Descrizione dell'opera
L’hospice è un luogo di cura destinato ad accogliere il malato affetto da patologia cronica e inguaribile. Esso rappresenta non solo un luogo, ma anche una filosofia terapeutica che, attraverso le cure palliative, si propone di intervenire sulle dimensioni fisiche, psicologiche, sociali e spirituali della sofferenza.
Vegliate con me è il primo scritto della fondatrice del movimento hospice pubblicato in lingua italiana; da esso emerge chiaramente il fondamento spirituale cui si rifà chi ha deciso di ‘vegliare’ accanto a chi è prossimo al ‘passaggio’ dalla vita alla morte. Una scelta che può dischiudere orizzonti ricchi di speranza per i medici, i malati e i familiari.
Il testo raccoglie cinque saggi in cui l’autrice descrive il cammino che l’ha portata a creare il primo hospice di concezione moderna. Riscoprire le origini cristiane delle moderne cure palliative non può essere un limite per chi non vive un’esperienza religiosa, ma costituisce indubbiamente per i credenti uno stimolo forte alla testimonianza.
Sommario
Prefazione (A. Caraceni, M. Maltoni, G. Zaninetta). Introduzione (D. Clarck). «Vegliate con me». La fede. Guardando la morte negli occhi. Un viaggio terapeutico personale. Pensa a lui.
Note sull'autrice
Cicely Saunders (1918-2005) è la fondatrice del movimento hospice, che ha promosso e diffuso, prima in Inghilterra e poi nel resto del mondo, l’importanza delle cure palliative, quel complesso di cure mediche, psicologiche, spirituali e sociali che si propongono di avere un approccio globale nei confronti dei malati inguaribili. Per questo ha fondato a Londra nel 1965 il St. Christopher hospice, punto di riferimento ancora oggi per tutta la comunità dei curanti impegnati in questo tipo di medicina.