Tutti credono in qualcosa, a qualcuno, perché è impossibile vivere altrimenti. Eppure oggi sembra difficile proporre il «credere» oltre un superficiale ottimismo che non richiede autentiche adesioni o cambiamenti e un velato cinismo che riveste tutto di una nota di grigio. La fede del credente come la fede del non credente affrontano insieme questa nebbia, cercando una via che permetta la fiducia come assenso al mondo. Questi due modi di credere possono essere diversi sotto molti aspetti, ma accolgono e combattono la medesima sfida. Il monaco Enzo Bianchi e la filosofa Laura Boella non si sottraggono al confronto e cercano di mostrare come, al di là delle differenze, tutti possono e devono chiedersi quale fede, quale credito vogliono dare alla vita e all'amore. Introduzione di Andrea Decarli.
Nella storia bimillenaria della Chiesa, l'alleanza tra la teologia e il diritto canonico ha permesso di attuare riforme importanti e incisive. La straordinaria flessibilità della scienza canonistica medioevale e moderna ne è stata la condizione primaria. Ma, da un certo momento in poi, le due discipline non hanno più marciato in sintonia. L'assenza di collaborazione tra loro è una delle cause che hanno frenato la recezione dei decreti conciliari. Questo problema si ripropone, in modo urgente, dopo che papa Francesco ha valorizzato la prospettiva sinodale nella Chiesa e, nel contempo, stimolato un rinnovamento epistemologico delle scienze sacre. Tenendo conto di questo duplice livello di riforma, il volume si propone di risalire alle cause della separazione della teologia dal diritto canonico, individuando nel Codice del 1917 una svolta determinante non solo per la scienza canonistica, ma anche per le discipline teologiche e la concezione della Chiesa. Una riflessione storico-critica sui presupposti lontani della codificazione canonica e sulla frammentazione attuale della teologia può servire a superare gli ostacoli che impediscono una rinnovata intesa tra teologi e canonisti e a progettare un comune cambio di paradigma. Al tempo stesso, l'esperienza canonistica può integrare efficacemente la riflessione teologica, richiamando la necessità che le riforme nella Chiesa si attuino attraverso strutture sinodali e si consolidino mediante un lavoro di mediazione dottrinale e istituzionale.
Questo volume si propone di delineare il quadro di riferimento della Teologia dell’ecumenismo e di attraversare la storia del movimento ecumenico, con una specifica attenzione rivolta al decreto conciliare Unitatis redintegratio e alle tappe della sua ricezione. L’intento è individuare i principi e le linee emergenti, le linee-guida e le parole-chiave che consentono di affrontare alcune delle problematiche più attuali. In questo contesto, termini come «dialogo», «unità» e «comunione» si configurano come elementi costitutivi di un linguaggio che permette di affrontare serenamente anche le questioni ancora aperte, per esempio i nodi relativi ai sacramenti, all'ecclesiologia e all'etica.
Questo volume, tra i testi più noti fra gli studiosi di patristica, considera l'evoluzione della teoria trinitaria nei primi secoli cristiani, in special modo presso i Padri greci: essa infatti deve la sua origine alle ampie e laboriose ricerche condotte da Prestige sui significati tecnici e correnti, teologici e profani dei termini usuali nella patristica riguardanti la dottrina della Trinità. Attraverso un esame penetrante di parole greche (per esempio theos, oikonomia, logos, prosopon, hypostasis, ousia) e latine (monarchia, dispositio, substantia, persona), l'autore si propone di mettere in evidenza il «valore positivo e permanente dello sviluppo teologico», ritenuto come «un naturale e necessario risultato del pensiero cristiano applicato ai rudimenti della fede». In polemica diretta o indiretta con studiosi illustri come Adolf von Harnack, Prestige propone e discute il problema del rapporto fra mondo ellenistico-romano e mondo cristiano e, più in generale, il problema fra rivelazione divina, ragione umana e ambiente storico.
Dopo cinque secoli, Lutero, Zwingli, Butzer e Calvino sono ancora figure largamente sconosciute a un pubblico di non specialisti. Questo volume si propone di colmare la lacuna offrendo una mappatura delle traiettorie che hanno caratterizzato il Cinquecento protestante. Il saggio delinea, pertanto, la particolare vicenda storica dei grandi riformatori inquadrandola nel loro specifico contesto sociale e prendendo in esame le loro peculiari teologie. La Riforma protestante, infatti, non è il frutto solitario di un monaco agostiniano che «scomunicò» la Chiesa di Roma, ma un evento epocale e policentrico che ha determinato la modernità e a cui hanno contribuito quattro distinte città, sedi di quattro riformatori: Wittemberg, che conobbe la riforma della fede; Zurigo, che orientò la riforma della città; Strasburgo, che pose il problema della riforma della vita; Ginevra, che seppe operare la riforma della Chiesa. Nel loro insieme esse costituirono la cosiddetta «Riforma magistrale». A questa si deve aggiungere la «Riforma radicale», l'ala sinistra del movimento riformatore che nell'anabattismo trovò la parabola per separare lo Stato dalla Chiesa.
L’Oriente racchiude in sé antichissime tradizioni apostoliche che rappresentano una componente essenziale della Chiesa ed esprimono una teologia diversa da quella elaborata in Occidente, soprattutto nel secondo millennio del cristianesimo.
La connotazione di «orientale» ed «occidentale» (o ‒ se si preferisce ‒ di «greca» e «latina») ha assunto anche una dimensione dogmatica solo con la separazione giuridico-canonica tra Roma e Costantinopoli, dapprima parziale e progressiva, poi totale e definitiva nel 1054.
Se in passato si parlava di Chiese e teologia orientale riferendosi quasi unicamente a quelle Chiese bizantine, slave, greco-ortodosse del Medio Oriente e russa, oggi si tende ad allargare la visione fino a includere tutte le Chiese dell’Oriente originario, comprese le antico-orientali, l’assira e la variegata gamma dei «Cristiani di San Tommaso» nel Sud-India, di tradizione siriaca.
Questo volume propone un panorama descrittivo e una classificazione alfabetica delle Chiese orientali e si sofferma sulla teologia – con un approfondimento sulla teologia trinitaria e la questione del Filioque – l’ecclesiologia, la mariologia, la liturgia, la sacramentaria e le icone.
In occidente la teologia ortodossa è conosciuta quasi esclusivamente attraverso la voce dei teologi russi e slavi come Bulgakov, Afanasieff, Florovskij, Evdokimov, Lossky e Meyendorff. Essa, invece, ha i suoi grandi rappresentanti anche nei teologi greci contemporanei, eredi diretti della tradizione bizantina.
La storia di questa teologia va di pari passo con la storia della nazione neo-greca e segue il suo lento e progressivo sviluppo, associato alla presa di coscienza della sua autonomia e dell’originalità della sua riflessione.
«Venir su tra i segni, o perire, è l'alternativa imposta all'uomo», sosteneva, con un'espressione folgorante, Alessandro Manzoni. Se la capacità di decifrare i segni è essenziale alla vita, la sua rilevanza è massima riguardo ai testi ritenuti sacri dalle tradizioni religiose, come dimostra la pubblicazione nata nell'ambito del progetto «Ermeneutica dei testi sacri», proposto dalla Facoltà Teologica Pugliese.Il lettore ha la possibilità di avvicinare i fondamenti ermeneutici su cui si basa l'interpretazione dei testi sacri nell'Induismo, nel Buddhismo, nell'Ebraismo, nell'Islam e nel Cristianesimo cattolico, ortodosso e protestante.Di assoluta rilevanza per il dialogo ecumenico e interreligioso, la riflessione sull'interpretazione dei testi sacri può dare un contributo alla purificazione di ciascuna tradizione religiosa dalla tentazione integralista e alla necessità di tutelare e promuovere la libertà religiosa e l'amore fraterno. La questione ermeneutica permette, infatti, di toccare con mano il nesso inscindibile che unisce il testo e la vita, la parola scritta e la realtà.
L'oggetto della teologia morale è costituito da quelli che, in lingua latina, sono chiamati mores, i costumi o, meglio ancora, i comportamenti umani. In modo ancor più specifico, la teologia morale riflette sulla condotta cristiana a partire dalla rivelazione e dalla ragione. Nel disegno unitario della teologia sistematica, la morale non è primariamente una dottrina da studiare o un'etica da applicare, è ma lo studio del processo nel quale l'uomo, creato a immagine di Dio e redento dalla grazia, tende alla pienezza della sua realizzazione nel contesto dell'economia della salvezza storicamente attuata nella Chiesa. La teologia morale, così definita a partire dal tardo Medioevo, è dunque «teologia della vita cristiana», riferita all'esperienza, alla concretezza dell'agire o della prassi, ai mores, al bene da compiersi. Essa ha trovato una specificazione anche come «teologia spirituale» poiché una vera intelligenza della spiritualità cristiana ingloba in essa la vita morale evangelica, con tutte les ue concrete fondamentali esigenze.Il volume si colloca in una collana di testi rigorosi e agili a un tempo, rivolti soprattutto al pubblico di università, facoltà teologiche, istituti di scienze religiose e seminari.
Il dibattito sul significato del Vaticano II dimentica troppo spesso la Sacrosanctum concilium, testo fondamentale e chiave ermeneutica per la comprensione dell'evento conciliare e per la riforma che ne è seguita.
La costituzione sulla Sacra liturgia ha infatti stabilito una visione ecclesiologica che ha delineato l'agenda dei successivi documenti e della Chiesa cattolica negli ultimi cinquant'anni. Proprio per questo, nei molti attacchi alla riforma liturgica si annida una critica all'intera ecclesiologia conciliare.
«Un'analisi completa e documentata della Sacrosanctum concilium e della sua recezione da parte dello stesso Vaticano II. Emerge pienamente il legame del documento con l'ecclesiologia. Il libro fornisce così una profonda comprensione del Concilio nella sua dimensione liturgica e nel suo imprescindibile invito a riformare la Chiesa perché sia più fedele al Vangelo di Gesù Cristo» (E. Bianchi).
Sommario
I. La Sacrosanctum concilium e il significato del Vaticano II. II. La riforma liturgica e il ressourcement. III. La riforma liturgica e l'ecclesiologia. IV. Riforma liturgica e rapprochement. V. Riformare la liturgia - Riformare la Chiesa. VI. La liturgia del Vaticano II e i cinquant'anni della recezione conciliare. Conclusioni. Bibliografia. Indice dei nomi. Indice tematico.
Note sull'autore
Massimo Faggioli, già membro della Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII di Bologna, insegna Storia del cristianesimo nel dipartimento di Teologia della University of St. Thomas (a St. Paul-Minneapolis, in Minnesota). Tra le sue pubblicazioni: Il vescovo e il concilio. Modello episcopale e aggiornamento al Vaticano II (Il Mulino, 2005); Breve storia dei movimenti cattolici (Carocci, 2008; in lingua spagnola, PPC, 2011); True Reform. Liturgy and Ecclesiology in «Sacrosanctum Concilium» (Liturgical Press, 2012); Interpretare il Vaticano II. Storia di un dibattito (EDB, 2013).
Lo sforzo di "riscrivere il Credo" in un mondo in continua trasformazione ha coinvolto nel corso del '900 grandi personalità della cultura, della teologia e delle Chiese. Da Bonhoeffer alla Weil, da Casaldáliga a Turoldo, da Mazzolari a Küng, da Rahner a Teilhard de Chardin si coglie l'esigenza di "ripensare la fede" e di riformulare il Simbolo apostolico riscoprendo il nesso tra i contenuti del messaggio evangelico e la risposta all'interrogativo sul senso della vita. Il libro propone alcune significative riscritture della professione di fede capaci di illuminare il compito affascinante e inesausto di comunicare e tradurre ciò in cui si crede.
Oggi, in Italia, l'annuncio del Vangelo deve fare i conti con un mondo multietnico e multireligioso, variamente disincantato, costituito da agnostici e atei, fedeli di altre religioni e cristiani di ogni genere: credenti animati da fede profonda e grande carità, ma anche integralisti, praticanti tiepidi o per apparenza.Quale ruolo assume, nell'accoglienza o nel rifiuto della fede, l'immagine che i cristiani hanno di Dio? L'importanza della domanda è data dal fatto che nessuna raffigurazione è innocua: ci rappresentiamo un Dio invidioso, rivale dell'uomo, indifferente ai suoi drammi, esoso nel pareggiare i conti? Oppure lo pensiamo e lo accogliamo come Padre che ama la dignità e la libertà dei propri figli? Il libro prende in considerazione tre immagini fondamentali, comuni sia all'Antico che al NuovoTestamento: il mistero, il nascondimento, il silenzio di Dio; riflette sul rischio dell'idolatria, individua in Mosè, Elia e Pietro le figure di riferimento per una comprensione corretta delle rappresentazioni divine. Una particolare considerazione è dedicata ai problemi affrontati quotidianamente da insegnanti, catechisti, genitori e sacerdoti impegnati nella pastorale giovanile.