Riflettere sulle Scritture ebraiche è importante, anche nella prospettiva del dialogo, per più di un motivo. La nascente comunità cristiana, sin dai suoi inizi, decise di farle proprie, adottando a criterio interpretativo fondamentale la messianicità di Gesù. Inoltre il Primo Testamento è per il cristiano una testimonianza del Dio che si rivela, esattamente come il Nuovo Testamento: per la sua fede, i due Testamenti costituiscono un’unità che si completa a vicenda.
Sommario
Sigle e abbreviazioni. I. Un solo Libro, due eredi (B. Salvarani). II. Le prime comunità dei seguaci di Gesù. Uno sguardo antropologico e storico (A. Destro - M. Pesce). III. L’interpretazione ebraica della Scrittura (E.L. Bartolini De Angeli). IV. Una lettura cristiana delle Scritture di Israele. La complessa categoria di «compimento» (E. Castellucci).
Note sull'autore
Adriana Destro è docente di Antropologia culturale all’Università di Bologna
Mauro Pesce è stato fino al 2011 professore di Storia del cristianesimo all’Università di Bologna
Elena Lea Bartolini De Angeli è docente di Giudaismo ed Ermeneutica ebraica alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale
Erio Castellucci, teologo, è arcivescovo di Modena-Nonantola
Brunetto Salvarani è docente di Missiologia e Teologia del dialogo alla Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna.
Nel XX secolo le principali Chiese cristiane hanno promosso una profonda riconsiderazione dell'ebraismo. Tuttavia, luoghi comuni e antichi errori si insinuano ancora sulla strada della comprensione reciproca. In questo volume, 34 studiosi ebrei e cristiani prendono in esame 58 parole, dalla A alla Z, per correggere gli aspetti più problematici e favorire il dialogo.Tra gli autori, il rabbino Henry Brandt, Micha Brumlik, Hans Hermann Henrix, Rabbi Walter Homolka, Hubert Frankemölle, Hanna Liss, Christian Rutishauser, Werner Trutwin, Klaus Wengst e Josef Wohlmuth.
Il mondo giudaico antico viene descritto attraverso una testimonianza eccezionale: l’apparato di norme elaborato attorno al 200 d.C. e attribuito a Giuda il Patriarca.
Pur vecchia di quasi duemila anni, la Mishnah porta con sé il futuro di un popolo che si costituì attorno ad essa come attorno a una seconda Torah: sulla base della Scrittura, la Mishnah istituisce, infatti, un modo di vivere mondano santificato in ogni suo momento e in ogni suo aspetto, dalla vita religiosa ai più minuti problemi.
I capitoli del volume descrivono e interpretano le tracce lasciate dalla storia e dall'ordinamento sociale nelle sei grandi divisioni della Mishnah: agricoltura, tempi stabiliti-feste, donne, danni-interessi, cose sacre, purificazioni. Preliminare alla trattazione è l'identificazione dei gruppi sociali che secondo l'autore potevano riconoscersi in questa compilazione. Ai loro interessi, opportunamente contestualizzati nelle drammatiche fasi storiche del I-II secolo, va riportato quel particolare «principio di selezione» che guida il rapporto della Legge d'Israele con la Scrittura.
Benedizioni e maledizioni, salmi e inni, esorcismi e formule apotropaiche. Una selezione di preghiere che si trovano in manoscritti databili tra il II secolo a.C. e il I d.C., mostra il sostrato da cui è scaturita la predicazione di Gesù. Lo studio del pensiero religioso del periodo finale del giudaismo del Secondo Tempio consente, infatti, di comprendere meglio le origini cristiane e di considerare la preghiera come il modo d’intendere Dio nella forma di un’alta espressione letteraria. Ogni capitolo di questo volume propone i testi originali, le traduzioni, le note, la bibliografia e un commento di carattere teologico che evidenzia, quando è possibile, i collegamenti con i testi del Nuovo Testamento​.
Nella primavera del 1961 Hannah Arendt viene inviata dal settimanale «New Yorker» a seguire il processo ad Adolf Eichmann, il gerarca nazista rifugiato nel 1945 in Argentina, rapito dal Mossad nel 1960, processato per genocidio l'anno successivo e condannato a morte per impiccagione nel 1962. In quella circostanza Arendt diviene amica di Leni Yahil, storica di origine tedesca e studiosa della Shoah. Inizia così una corrispondenza che alterna questioni personali, filosofiche e politiche. Nel 1963, dopo la pubblicazione degli articoli sul processo Eichmann, riuniti poi nel volume «La banalità del male», il rapporto tra le due donne si interrompe bruscamente. Nella più controversa delle sue opere, Arendt sostiene che il male perpetrato da Eichmann sia da attribuire a una completa inconsapevolezza sul significato delle proprie azioni e solleva il tema della responsabilità dei capi delle comunità ebraiche nell'aver agevolato la politica di sterminio nazista. Il tentativo di Yahil di far rivivere la corrispondenza con Hannah Arendt otto anni più tardi è destinato a fallire. L'amicizia tra le due donne non riesce a reggere la polemica suscitata dal processo e dal libro.
Nonostante la civiltà e la cultura europea affondino le radici nella tradizione ebraico-cristiana, le vicende del popolo ebraico e le sue esperienze accumulate nell'arco di alcuni millenni sono poco conosciute. Attorno alla figura dell'ebreo, ancora e nonostante il tragico passato - o forse proprio a causa di esso - si aggirano i fantasmi del pregiudizio o del sospetto. Eppure il pensiero elaborato dai rabbini e dai filosofi ebrei è molto originale e fecondo; il mondo ebraico è ricco, articolato, spesso contradditorio e solo attraverso la conoscenza se ne possono cogliere gli aspetti apparentemente paradossali. «Essere ebrei - scrivono Riccardo Calimani e Giacomo Kahn - è doppiamente difficile: è difficile essere se stessi, è difficile essere accettati. È un problema stimolante che offre motivi di riflessione. Costanti e sempre nuovi».
Da «abba» a «Zohar», da «alleanza» a «zeloti», da «cabala» a «kasher», da «ghetto» a «patriarca» le parole essenziali per comprendere l’ebraismo.
Note sull'autore
Il volume mette a disposizione del lettore italiano tutte le preghiere recitate ogni giorno dagli ebrei che seguono il rito sefardita o spagnolo, integrate dalle varianti del rito italiano e, parzialmente, di quello ashkenazita o tedesco.La ricchezza dei testi è già di per sé prova inconfutabile di come la preghiera costituisca l'anima d'Israele, in quanto popolo eminentemente sacerdotale. Nei suoi testi liturgici si rispecchiano il pensiero, la consapevolezza dell'elezione divina, le speranze, l'intero mondo spirituale.La preghiera quotidiana d'Israele si suddivide in tre momenti obbligatori che, in tutti i riti ebraici, scandiscono la giornata: la preghiera del mattino, la più ampia della liturgia giornaliera, la preghiera del pomeriggio e la preghiera della sera.A questi tre momenti si aggiungono le preghiere che si consiglia di recitare individualmente appena prima del riposo (un po' come la compieta della tradizione cristiana) e soprattutto le benedizioni che, in varie occasioni, devono essere recitate in lode al Signore. Tra esse emerge per rilevanza la «Benedizione per il pasto», obbligatoria ogni volta che la famiglia si riunisce attorno alla mensa.
Il grande Rabbi Yehudah soffrì per tredici anni poiché non aveva avuto compassione di un vitello portato al mattatoio. Ma poi fu risanato perché, citando un salmo sulla misericordia, salvò delle piccole donnole.Perché la compassione si dispieghi occorre che trovi almeno tre compagni di cammino. Ci deve essere sommovimento di viscere, vera vicinanza e la presenza di un positivo senso di colpa. Se siamo impassibili e guardiamo con distacco la sofferenza altrui, il cuore non è mosso a compassione e restiamo freddi, non compassionevoli, perché nessuno può essere coinvolto se resta distante.Una riflessione su tre radici verbali della lingua ebraica consente di approfondire il tema. La prima è connessa alle viscere o più specificatamente all'utero, la seconda all'abitare e la terza è legata a un'ambivalenza profonda poiché significa tanto pentirsi quanto consolare. Se non si avverte come sperequazione inaccettabile e ingiustificata il confronto tra la propria salute e la malattia altrui, tra la propria pienezza e la mancanza inscritta nella vita del nostro prossimo, tra la propria gioia e la tristezza dell'altro, tra la propria fiducia e l'altrui disperazione non si è mossi ad autentica compassione.
Perché Hitler odiava gli ebrei? Quando è nato l'antisemitismo ? Che cosa sono I Protocolli dei Savi di Sion? Esiste un "business della Shoah"? Abbiamo il diritto di criticare lo stato di Israele? E l'antisionismo si può considerare una forma di antisemitismo? Il breve libro non esita a fare le domande più scomode smontando, con chiarezza e semplicità, malintesi, trappole e teorie del complotto. Una guida per capire le radici dell'odio antiebraico e uscire dalla logica del pregiudizio e della violenza.
"Ebrei e cristiani possono arricchirsi vicendevolmente nella loro amicizia. Senza le sue radici ebraiche, la Chiesa rischierebbe di perdere il suo ancoraggio nella storia della salvezza, scivolando infine in una gnosi storica."
A cinquant'anni dalla dichiarazione conciliare Nostra Aetate la conoscenza dell'ebraismo è ancora relativamente inadeguata e molti «cristiani comuni» rischiano di restare ancorati a preconcetti che non rispondono più allo stato della ricerca sulla Bibbia ebraica o sul Gesù storico. Un certo «antigiudaismo», da distinguere dall'antisemitismo, è ancora oggi presente in molte comunità sia cattoliche che protestanti: non si tratta tanto di un dialogo interreligioso, spesso difficile, ma della sostanziale mancanza di conoscenza reciproca. Il volume, rivolto soprattutto a insegnanti e catechisti, si propone di colmare, almeno in parte, questa mancanza. Con un linguaggio semplice, discorsivo e comprensibile l'intento è offrire ai lettori le conoscenze di base alla luce della ricerca scientifica moderna e alcuni spunti concreti di didattica per trasferire le conoscenze ad alunni e studenti.