Come si presenta ai nostri occhi quella che oggi chiamiamo "sessualità" quando la osserviamo nei discorsi prodotti dalle istituzioni religiose in età moderna? L'oggetto ha contorni sfuggenti. Al suo interno si collocano, in maniere e misure mutevoli, aspettative e rinunce, possibilità e divieti, ragioni del corpo e dell'anima, dell'individuo e della collettività. Il saggio presenta un piccolo ventaglio di sessualità possibili "messe in parola" nei decenni che seguono due momenti cruciali della storia religiosa e sociale dell'Europa: la centralizzazione romana dell'Inquisizione e la sua dotazione di una capillare rete di organismi locali, a partire dal 1542, e la grande risistemazione dottrinale e istituzionale operata dalla Chiesa cattolica con il Concilio di Trento, fra il 1545 e il 1563. A partire dalla seconda metà del Cinquecento, sui comportamenti che implicano un uso della corporeità connessa con le tensioni desideranti e la generazione, già tradizionalmente oggetto di osservazione e di controllo, sembra accentuarsi, facendosi sistematico, l'interesse delle istituzioni religiose, impegnate in un'impresa di definizione dell'ortodossia e dell'eterodossia. In ogni ambito del vivere si rintraccia sia un potenziale luogo di realizzazione della perfetta cattolicità che uno spazio di annidamento dell'eterodossia. Il corpo chiuso del clero deciderà dei corpi moderatamente aperti dei coniugati e di quelli pericolosamente sciolti delle nubili e dei celibi.
Il mondo globalizzato sta soffrendo una grave crisi economico-finanziaria che ha condotto sull'orlo della bancarotta diversi Paesi occidentali, tra cui l'Italia. Molti analisti concordano nell'affermare che essa non si configura come una delle tante situazioni critiche congiunturali, frequenti nel sistema capitalistico, ma come una vera e propria crisi strutturale che sembra aver messo in discussione l'intero impianto economico e i fondamenti antropologici su cui si reggeva. Il libro documenta l'attualità dell'importante contributo che i francescani hanno offerto alla riflessione e alla pratica economica nei secoli XIII-XV, svolgendo un ruolo decisivo nella nascita della moderna economia di mercato e arrivando persino a fondare istituzioni finanziarie come i Monti di Pietà. Risulta davvero paradossale - ricorda l'autore - che un contributo così significativo all'umanizzazione della nuova economia sia stato dato proprio da coloro che avevano scelto di abbracciare la povertà più radicale. Proprio per questo non si può escludere che le risposte di ieri possano orientare la ricerca di soluzioni da dare ai problemi di oggi.
Pur risultando marginale rispetto ai grandi dibattiti del concilio Vaticano II, la revoca del divieto di sepoltura ecclesiastica a chi sceglie la cremazione, stabilita dal Sant'Uffizio nel 1963, assume un alto valore simbolico. La posizione della Chiesa cattolica passa, infatti, dalla netta condanna all'accettazione, purché la scelta non sia motivata da ragioni che contrastano con le verità della fede. L'opzione del cristianesimo antico per l'inumazione o la tumulazione e la reazione della Chiesa alla propaganda cremazionista, fortemente sostenuta dalla massoneria a partire dalla rivoluzione francese, non hanno impedito una riflessione che si è depositata, pur con tutti i distinguo, nel nuovo Rito delle esequie, nel Codice di diritto canonico, nel Catechismo e nei documenti ufficiali delle Conferenze episcopali di molti Paesi del mondo. Nell'ultimo mezzo secolo la riflessione si è dunque spostata sulla comprensione delle motivazioni religiose, estetiche, affettive o economiche della cremazione, ma anche sugli effetti personali e collettivi di prassi che prevedono la dispersione o la conservazione privata delle ceneri. Il desiderio di garantire il distacco o di assicurare il legame con i defunti rischia, infatti, di privatizzarne la memoria o, al contrario, di amplificarne il ricordo, rinunciando ad affrontare la morte in modo comunitario e relegandola nel cerchio talvolta soffocante degli affetti privati.
Nessuna cosa è più intrigante, sfruttata, assolutizzata, relativizzata della "morale". Adorno la definiva "scienza triste", concentrata sulla determinazione delle punizioni, dell'assoluto e del relativo in materia di valori, del proibito e del consentito. Maritain, invece, definiva "sfortunati" i moralisti perché quando insistono sull'assolutezza dei principi vengono accusati di imporre ai loro simili esigenze insostenibili, mentre quando tengono conto delle situazioni concrete vengono accusati di relativizzare la morale. Eppure i moralisti non fanno altro che sostenere le rivendicazioni della ragione a guidare gli uomini così che possano essere felici. Perché farsi presenti a Dio, compiendo il bene ed evitando il male, introduce l'uomo nella gioia dello spirito, senza trascurare le altre gioie che il Creatore mette sul suo cammino. Il volume non propone quindi l'elenco di ciò che è proibito, consentito con riserva, permesso e nemmeno dei peccati mortali, gravi e veniali. Prova a dire come essere davvero donne, uomini e cristiani degni di questo nome.
L'attrazione e il piacere sono esperienze che indicano quanto gli esseri umani siano intrecciati con il mondo. Tuttavia, la rilevanza personale del corpo si scontra con l'inclinazione comune a considerare gli atti del mangiare e del fare l'amore come comportamenti relegati a funzioni, con la sola limitazione socialmente condivisa della tutela e della prevenzione della salute.
La prima parte di questo libro si interroga sulle ragioni per le quali il cibo e il sesso attraggono gli esseri umani, sul ruolo dell'amore e sull'originalità di ciò che nella riflessione classica veniva denominata «ragione pratica», ovvero il modo di pensare rivolto all'azione. La seconda parte affronta invece il rapporto tra fame, libido e «vita buona», una vita nella quale non tutto è dato dall'inizio e in cui si deve raccogliere la sfida di costruire rapporti con gli altri e con il creato.
Il filo conduttore dell'intera analisi è l'interrogativo sulla finalità dei desideri e delle azioni; la parola chiave è telos, il cui campo semantico indica non semplicemente il fine come terminazione, ma anche la perfezione, la pienezza, il compimento. E proprio tra il telos e l'amore si delineano la fame e la libido, l'inclinazione nutritiva e quella sessuale, due desideri fondamentali e radicati che si inseriscono nel processo di ricerca della felicità e che non possono essere ignorati se non rischiando di costruire se stessi al margine di ciò che fonda la trama della vita.
Sommario
Introduzione. I. La percezione e il desiderio. 1. Il crudo e il nudo: la percezione che attrae. 1.1. Il mistero della percezione: stimolo-risposta o percezione intenzionale? 1.2. L'odorato: intuire una natura amica. 1.3. La vista: percezione erotica. 1.4. Percepire: un modo di tendere alla realtà. Conclusione. 2. Mangiare e copulare: quale finalità intrinseca? 2.1. Mangiare: la fusione in uno. 2.2. Copulare: l'unione in una sola carne. Conclusione. 3. La novità dell'affetto: la generazione del cuore. 31. La immutatio affettiva e il desiderio: l'arricchimento del nostro mondo interiore. 3.2. La transmutatio corporalis e la sintesi intenzionale. 3.3 La fantasia e il simbolo: la configurazione del desiderio. 3.4. Soggettività della percezione? Conclusione. 4. L'enigma del piacere: il rapporto con la felicità. 4.1. Il gusto e il suo telos: la fruizione. 4.2. Il tatto e il suo telos: l'intracorporeità reciproca. 4.3. Piacere, sazietà e felicità. 4.4. Il piacere, criterio di azione? Conclusione. 5. Il limite del desiderio: la sintesi tra natura e cultura. 5.1 Quando la natura limita giuridicamente. 5.2 Quando il cuore paralizza affettivamente. Conclusione. Conclusione della Parte I. II. La vita buona e il suo dramma. 6. La tragedia del desiderio. 6.1. Il desiderio perturbato: la concentrazione sul momento. 6.2. L'equivoco: l'assenza di intimità. 6.3. La sua degenerazione: la riduzione utilitaristica. Conclusione. 7. La grandezza del mangiare e del copulare: il banchetto e il matrimonio. 7.1. Il Banchetto. 7.2. Il Matrimonio. Conclusione. 8. La bellezza del desiderio: sobrietà e castità. 8.1. Quando le parole ci tradiscono. 8.2. Il profilo del sobrio.
Note sull'autore
José Noriega, professore ordinario di Teologia morale al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi sul matrimonio e famiglia (Roma), è sacerdote e superiore generale dell'ordine spagnolo dei Discepoli del cuore di Gesù e Maria. Tra le sue pubblicazioni: Il destino dell'Eros. Prospettive di morale sessuale (EDB 32013); Camminare alla luce dell'amore: i fondamenti della morale cristiana, con L. Melina e J. J. Pérez Soba (Cantagalli 2010); Eros e agape nella vita coniugale (Cantagalli 2008); Betania: una dimora per l'amico. Pilastri di spiritualità coniugale, con José Granados (Effatà 2012).
Per l'autore il peccato originale non va inteso come il primo, in ordine di tempo, degli eventi che hanno influito sul destino dell'umanità. Nella Genesi il racconto della caduta è di natura 'simbolica' e non riguarda la prima coppia individuale, ma esprime sotto forma di parabola una legge costante che regola la trasmissione ereditaria di un capitale di peccato e di miseria, parallelo a un capitale analogo di capacità tecniche e di virtù morali. L'importanza decisiva, in ordine alla presenza del male nel mondo, è data quindi non da una trasgressione che avviene prima di altre in senso cronologico, ma dal cumulo di peccati che accompagnano e sfigurano da sempre il destino dell'umanità. Ogni individuo subisce il contagio di questo male, che nel Nuovo Testamento viene chiamato "il peccato del mondo", e solo in forza della grazia di Cristo il battezzato è in grado di resistere e di orientare, già da questo mondo, il proprio cuore a Dio.
Quali dilemmi morali sollevano le neuroscienze? Quali provocazioni lanciano alle categorie filosofiche tradizionali? Si può ancora parlare di libertà decisionale e responsabilità personale se i moderni strumenti diagnostici documentano le influenze causali esercitate dal substrato encefalico e dal metabolismo corporeo? La risposta a queste domande esige non solo un'analisi dei concetti-guida che dominano le nuove ricerche, ma anche una diversa ricostruzione del rapporto fra i due mondi - mind e body, pensiero e cervello - cui si è di volta in volta attribuita una separazione, una sinergia funzionale, un'identificazione ontologica.
L'approccio del volume è di ordine narrativo. Mente e cervello sono rappresentati come personaggi in cerca di una trama che sveli i loro caratteri, la loro genesi e le condizioni del loro interagire. Il cinema, quale repertorio contemporaneo di miti, aiuta l'esplorazione. Le pellicole che il libro commenta anticipano intuizioni scientifiche, precedono interventi tecnologici, immaginano l'impatto antropologico delle nuove scoperte, invitano a riportare dati biologici e cifre speculative al mondo della vita, in cui intelletto ed emozioni, ideazioni spirituali e passioni corporee, scelte e affetti si intrecciano e si condizionano reciprocamente.
La mente è un'esistenza corporea che, anche attraverso il cervello, allestisce meccanismi di funzionamento psichico, i quali consentono al soggetto di pensare, raccontare e decidere di sé. L'indagine scientifica non esaurisce pertanto il discorso sulla libertà. Dotarsi di strumenti di lettura propri della critica d'arte e dell'estetica apre feconde prospettive sul delicato terreno di congiunzione in cui corpo e mente, cervello e libertà, scienza ed etica si scambiano le metafore.
Sommario
Introduzione. La bioetica e le neuroscienze. I. La neuroetica: i concetti e i miti soggiacenti. II. Le proprietà del cervello e i privilegi della mente. III. L'identità della persona e l'ambiguità del corpo. IV. Mind-body problem: dualismo, riduzionismo, funzionalismo, determinismo. V. Nozioni da ripensare: materia, sede, empatia. VI. L'emergere della libertà. VII. Estetica e narrazioni, in neurologia. Bibliografia. Filmografia. Indice dei nomi. Sigle bibliografiche.
Note sull'autore
Paolo Cattorini è professore ordinario di bioetica alla Facoltà di medicina e chirurgia dell'Università degli studi dell'Insubria, Varese. Laureato in Medicina e Filosofia, specializzato in Psicologia clinica, ha svolto ricerche in Filosofia della medicina, Bioetica e Medical humanities ed è stato componente di commissioni etiche a livello nazionale e locale. Tra le sue pubblicazioni si segnalano: Bioetica e cinema. Racconti di malattia e dilemmi morali (F. Angeli, 2003); Bioetica. Metodo ed elementi di base per affrontare problemi clinici (Elsevier, 2011). Per EDB ha pubblicato La morale dei sogni. Lo statuto etico della psicoanalisi (1999); I Salmi della follia. Disturbi mentali e preghiere di liberazione (2003). La morte offesa. Espropriazione del morire ed etica della resistenza al male (22006); Un buon racconto. Etica, teologia, narrazione (2007); Estetica nell'etica. La forma di un'esistenza degna (2010).
Sollecitata dalla profondità e dalla rapidità dei cambiamenti sociali, la teologia morale si è messa in discussione, a tutti i livelli, soprattutto negli anni successivi alla seconda guerra mondiale. Questo libro ricostruisce la vivacità del dibattito ripercorrendo il contributo del redentorista Domenico Capone (1907-1995), uno dei protagonisti più impegnati a far sì che il rinnovamento si sviluppasse in continuità con la ricchezza della tradizione e coniugasse in modo fecondo il rigore scientifico e l'ascolto della vita quotidiana. Il suo cammino teologico si è svolto soprattutto nelle aule dell'Accademia Alfonsiana, l'istituto di specializzazione in teologia morale che Capone ha concorso a fondare e dove è stato a lungo docente e preside. Negli anni del concilio Vaticano II egli ha notevolmente contribuito alla riflessione sulla dignità della persona e della coscienza (Gaudium et spes, n. 16; Dignitatis humanae, n. 1-3), sulla teologia morale ristrutturata sul mistero di Cristo e nutrita costantemente della Parola (Optatam totius, n. 16), sulla capacità della proposta morale di porsi al servizio della chiamata di tutti alla santità (Lumen gentium, n. 39-42). Nella sua riflessione, Capone ha evidenziato la necessità di mantenere un radicamento sincero, costante, creativo con la grande tradizione della Chiesa e, in particolare, con il pensiero di san Tommaso e sant'Alfonso. Proprio in coerenza con la proposta tommasiana e alfonsiana, egli si è preoccupato di promuovere un dialogo...
Le missioni organizzate dai gesuiti nei territori dell'impero portoghese nella seconda metà del '500 sollevano inedite questioni di carattere morale. Casi di coscienza e interrogativi sull'amministrazione dei sacramenti si inquadrano nel tentativo di stabilire un nuovo ordine in grado di replicare ai Tropici, anche con modalità aggressive e intransigenti, i principali caratteri delle società europee. Attorno al rito del battesimo si elaborano le teorie di legittimazione del colonialismo, al matrimonio si attribuisce il compito di integrare coloni e popolazioni locali, mentre la confessione si dimostra lo spazio privilegiato per colmare la distanza fra codici e norme dell'Europa cristiana e quelli di un mondo che si presenta all'espansionismo lusitano nella sua multiforme, sorprendente differenza.
La situazione ecclesiastica dei divorziati che hanno contratto nuove nozze rientra nelle questioni più difficili e angustianti della cura pastorale quotidiana. La posizione e la prassi attuale della Chiesa, che si rifà al precetto dell'indissolubilità del matrimonio, appare a molti difficilmente conciliabile con l'atteggiamento di Gesù, che non è venuto a giudicare ma a salvare. Bernhard Häring, una delle grandi figure della teologia contemporanea, non si accontenta della situazione attuale e della diffusa rassegnazione che regna di fronte a questo problema. Con competenza e passione pastorale egli cerca soluzioni ed elabora proposte concrete trovando spunti per un nuovo approccio nella sensibilità delle Chiese orientali modellate da una spiritualità che si ispira alla oikonomia. La Chiesa cattolica - a giudizio di Häring - non è necessariamente vincolata alla sua prassi di rigore estremo perché di fronte ai problemi, anche i più complessi, il suo compito non è giudicare e condannare, ma sanare. Prefazione di Luigi Lorenzetti.
A partire dai dati scientifici sullo stato del pianeta, dalle indicazioni del magistero e dalla riflessione della teologia e dell'etica ecologica, il volume propone di educare al creato offrendo un messaggio di speranza da condividere con coloro che hanno a cuore la terra e i suoi abitanti.
Un'educazione che non si limiti alla salvaguardia dell'esistente - pur imprescindibile di fronte al deterioramento ambientale - ma che consenta di riscoprire armonia, meraviglia, stupore e gratitudine affinando una sensibilità che non sia pura delega agli addetti ai lavori, ma diventi patrimonio comune. Un'educazione in grado di suscitare il desiderio di prendersi cura della creazione, di assumersi responsabilità verso la terra, dono di Dio affidato a tutti e alle generazioni future, e di impegnarsi per la giustizia a favore dell'intera famiglia umana.
«L'arte dell'educare al Creato diventa sempre più necessaria», osserva nella prefazione il vescovo Giancarlo Bregantini. «Anche perché gli errori e i limiti precedenti, frutto di poca sensibilità sociale e culturale, possono ora essere rimediati. E superati. La sensibilità è infatti cresciuta, più vicina alla storia odierna, soprattutto dei giovani, che sentono vivissimo il loro cuore attento all'erba che cresce, al cielo azzurro, all'aria pulita, al territorio risanato. A un lavoro che garantisca il futuro».
Sommario
Prefazione (G. Bregantini). Presentazione. 1. Educare oggi. 2. Lo stato del pianeta. 3. I fondamenti della cura per l'ambiente-creato. 4. Una questione etica. 5. Un orizzonte che si allarga. 6. Comunità profetiche nella storia. 7. Un nuovo ruolo culturale. Conclusione.
Note sull'autrice
MARIA TERESA PONTARA PEDERIVA, insegna scienze naturali al liceo scientifico. Ha condotto studi in Scienze religiose con tesi in bioetica, è giornalista dal 1984 e si è occupata di divulgazione scientifica, tematiche educative e familiari, informazione religiosa. Collabora ai settimanali diocesani Vita Trentina e Il Segno e al portale Vatican Insider de La Stampa. Per le Edizioni dehoniane collabora alla Rivista di Teologia Morale, Settimana (e relativo blog), Testimoni e ha pubblicato: Giuseppe Nardin monaco nella storia. Un benedettino sulla frontiera del rinnovamento (2010).
Il Decalogo viene consegnato agli uomini nel contesto di una storia di liberazione nella quale Dio appare come il liberatore. Il preambolo, recita il Deuteronomio, afferma infatti: "Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile". La collettività di Israele non viene fondata sulla signoria del re, ma sulla volontà divina sintetizzata nelle Dieci Parole che costituiscono l'antimodello al diritto regale antico-orientale e si propongono di superare una mentalità di sudditanza per una formazione del cuore. Per la prima volta, la libertà politica viene connessa alla volontà di Dio, il quale relativizza tutti i diritti di lealtà. Su questo fondamento si basano "i moderni diritti umani, non solo come diritti di difesa contro lo stato, bensì come doveri per la coesione solidale nella società". I Dieci Comandamenti hanno dunque il compito "di dare una forma alla libertà", tenendo vivo per tutte le generazioni il ricordo della fine dell'oppressione.