Eva, Sara, Rebecca, Rachele, Lea, Rut, Noemi, Ester, Giuditta, Marta, Maria, la Maddalena, la Samaritana... Nell'Antico e nel Nuovo Testamento non compaiono solo figure maschili ma anche tante donne. Sono fondatrici di stirpi, profetesse, donne qualunque che si trovano perciò a svolgere un ruolo cruciale, memorabile nella storia della loro comunità e della loro religione. Sono donne che hanno la forza di essere protagoniste del proprio destino. Osano sfidare Dio, come Eva, la madre dei viventi, che trasgredisce l'ordine divino e si assume la responsabilità di una vita autonoma; osano opporsi all'autorità maschile, come Miriam che rivendica il proprio ruolo di profetessa con Mosè, o come Giuditta che uccide il nemico Oloferne; osano anteporre alle leggi umane principi superiori, come le levatrici che salvano Mosè contravvenendo alle leggi del faraone, o come Ester che aiuta il suo popolo sfidando le leggi dell'Impero persiano; osano piegare le leggi maschili a difesa dei diritti delle donne, come fanno Tamar e Rut. Compiono scelte ardite ma sono ugualmente difese e accolte da Dio. Oltre a loro, ci sono teologhe che hanno letto diversamente il racconto dei testi sacri e ne hanno tramandato un'altra versione. La presunta inferiorità femminile ricavata dall'interpretazione di certi passi della Bibbia è servita soprattutto a legittimare discriminazione e subalternità della donna, ma non è scontato che questo ne sia l'autentico e unico senso. Prefazione di Marinella Perroni.
Gerusalemme è una città dilaniata da millenni di guerre, scontri tra religioni, conflitti tra politiche contrapposte, che ne hanno fatto di volta in volta un simbolo, un avamposto strategico, un luogo da conquistare e controllare all'interno di un mercato di territori e popolazioni. Paola Caridi ha vissuto per dieci anni a Gerusalemme. Le sue pagine ci restituiscono una città vissuta intimamente, indimenticabile per la bellezza delle mura antiche, delle pietre bianchissime, della sua umanità dolente. Ma ci restituiscono anche una città crudele, dove israeliani e palestinesi fanno talvolta la spesa negli stessi supermercati, per poi rinchiudersi nei confini dei rispettivi quartieri, invisibili gli uni agli altri. Una città costellata di posti di blocco che controllano gli spostamenti di donne e uomini, merci e idee, nemici e potenziali attentatori. Una città densa di segni e memorie antiche e recenti, in cui ogni stagione politica porta con sé nuovi vincitori, nuove versioni della storia passata, nuove ripartizioni degli spazi urbani, nuove abitudini di vita. Gerusalemme si è aperta per un breve periodo alla modernità, per poi rinchiudersi dentro i propri muri. Rimane comunque un laboratorio, in cui si scontrano politica e vivere quotidiano. Sopravvive la speranza: che Gerusalemme, una e condivisa da tutti, torni a essere una città per gli uomini e le donne che lì vivono.
L'immagine di un "Dante Theologus" ha spesso posto in ombra il fatto che la teologia di cui si sostanzia la Commedia sia in realtà una fictio letteraria. Il sistema teologico dantesco risponderebbe quindi a una geniale costruzione artistica. Questa è la tesi dell'autrice che, proponendo una lettura deteologizzata della Commedia, mette in luce i meccanismi narrativi, formali ed espressivi che contribuiscono a dare all'opera l'illusione della verità. Teodolinda Barolini, evitando il gioco di specchi della finzione letteraria, esamina le strutture fondamentali della Commedia, scegliendo di illustrare ora alcune tecniche della manipolazione dantesca della narrativa, per creare prospettive dialettiche entro il testo, ora le capacità di coinvolgimento del lettore, ora le modalità di rappresentazione dell'ineffabile. In questa lettura Dante, fabbro, artefice, poeta, è visto come creatore di "realtà virtuali" piuttosto che di armonie fittizie.
Il libro è il ritratto della crisi religiosa e filosofica verificatasi agli albori del mondo moderno, ai tempi di Newton, Cartesio, Rembrandt e, soprattutto, di Leibniz e Spinoza, il logico e matematico inventore del Calcolo. Al centro del racconto è Dio. Lo scenario è quello di un'Europa appena uscita dalla guerra dei Trent'anni, segnata dalle difficoltà di un'altissima conflittualità religiosa, scossa da rivolgimenti politici altrettanto profondi. Le due "idee" del divino che Leibniz e Spinoza elaborano sono tutt'altro che estranee a questo sfondo, rispetto al quale emergono come conseguenze e contromisure. L'autore contribuisce a fare di questa ricostruzione del passato un'immagine ben viva per l'attuale panorama politico, diviso tra rinascite di vario segno, dai neoilluminismi ai neotradizionalismi cristianeggianti.
Diretto dal Premio Oscar Alex Gibney, il film documenta alcuni dei più scioccanti casi di pedofilia che hanno coinvolto la Chiesa cattolica negli ultimi anni, partendo dalla testimonianza di quattro uomini sordi che, negli Stati Uniti, furono vittime degli abusi del direttore della loro scuola, padre Lawrence Murphy, e che solo da adulti hanno trovato la forza di denunciare l'accaduto. L'indagine su Murphy, accusato di abusi su oltre duecento studenti ha portato alla luce le responsabilità del Vaticano, fino a coinvolgere la Curia Romana e lo stesso Benedetto XVI. Intrecciando i "fatti di Milwaukee" con analoghi episodi accaduti in Irlanda e in Italia, le interviste e i documenti inediti raccolti nel film compongono una requisitoria contro l'omertà nella Chiesa cattolica.
L'immagine di un "Dante Theologus" ha spesso posto in ombra il fatto che la teologia di cui si sostanzia la Commedia sia in realtà una fictio letteraria. Il sistema teologico dantesco risponderebbe quindi a una geniale costruzione artistica. Questa è la tesi dell'autrice che, proponendo una lettura deteologizzata della Commedia, mette in luce i meccanismi narrativi, formali ed espressivi che contribuiscono a dare all'opera l'illusione della verità. Teodolinda Barolini, evitando il gioco di specchi della finzione letteraria, esamina le strutture fondamentali della Commedia, scegliendo di illustrare ora alcune tecniche della manipolazione dantesca della narrativa, per creare prospettive dialettiche entro il testo, ora le capacità di coinvolgimento del lettore, ora le modalità di rappresentazione dell'ineffabile. In questa lettura Dante, fabbro, artefice, poeta, è visto come creatore di "realtà virtuali" piuttosto che di armonie fittizie.
Il libro è il ritratto della crisi religiosa e filosofica verificatasi agli albori del mondo moderno, ai tempi di Newton, Cartesio, Rembrandt e, soprattutto, di Leibniz e Spinoza, il logico e matematico inventore del Calcolo. Al centro del racconto è Dio. Lo scenario è quello di un'Europa appena uscita dalla guerra dei Trent'anni, segnata dalle difficoltà di un'altissima conflittualità religiosa, scossa da rivolgimenti politici altrettanto profondi. Le due "idee" del divino che Leibniz e Spinoza elaborano sono tutt'altro che estranee a questo sfondo, rispetto al quale emergono come conseguenze e contromisure. L'autore contribuisce a fare di questa ricostruzione del passato un'immagine ben viva per l'attuale panorama politico, diviso tra rinascite di vario segno, dai neoilluminismi ai neotradizionalismi cristianeggianti.