In questo libro Massimo Recalcati si rivela commentatore lucido e originale della nostra vita collettiva degli ultimi vent'anni: le trasformazioni della famiglia, il disagio della giovinezza, il declino irreversibile dell'autorità paterna, il ricorso diffuso alla violenza, lo scientismo come nuova forma di religione, il culto ipermoderno del corpo in salute e del benessere, la medicalizzazione della vita, lo schermo narcisistico dei social, l'isolamento e la spinta melanconica alla morte in un mondo dominato dal consumo e dalla celebrazione dell'immagine, la crisi economica e la precarietà del lavoro, il trauma della pandemia e la sua incidenza sulle nostre esistenze, l'orrore della guerra e della repressione patriarcale degli ayatollah contro le donne sono solo alcuni dei temi affrontati, insieme a quelli più direttamente politici che riguardano i ritratti psicoanalitici dei maggiori protagonisti della politica nazionale e internazionale dell'ultimo ventennio come Berlusconi, Grillo, Renzi, Salvini, Mattarella, Draghi, Trump e Putin. In queste pagine Recalcati offre al lettore un appassionato ritratto antropologico del nostro Paese e dei problemi del mondo contemporaneo.
Chi lavora sodo e gioca secondo le regole avrà successo e riuscirà a elevarsi fino a raggiungere il limite del proprio talento. Questa retorica dell'ascesa, sposata anche dal Partito democratico americano e dai partiti della sinistra moderata europea come soluzione ai problemi della globalizzazione, presenta un enorme lato oscuro. È un modello che, in una società nella quale l'uguaglianza delle opportunità rimarrà sempre una chimera, fornisce alle élite di sinistra il pretesto per abbandonare chi dell'élite non fa parte. E la conseguenza inevitabile è il contraccolpo populista degli ultimi anni, per combattere il quale l'unica strada è quella di dare una risposta alle richieste legittime che lo hanno scatenato.
In principio ci sono le storie. Campi magnetici. Singole tessere del reale escono dal rumore bianco del mondo e si mettono a vibrare con un'intensità particolare, anomala. La genesi di una storia può durare un attimo o incubare per anni. Le forme dei campi magnetici che chiamiamo storie sono illimitate. Don Giovanni e Dracula sono buchi neri attorno ai quali un intero mondo prende vita. Nell'Amleto e nei Vangeli un frammento, apparentemente impazzito, diserta e mette in pericolo tutta la sequenza del reale. Poi ci sono le trame. Abitano le storie, le attraversano, e le rendono leggibili. Sono geroglifici che le significano, mappe che le raffigurano. Ma il gesto del narrare non è ancora compiuto. Manca una componente chimica, la più misteriosa, l'unica che abbia a che vedere con la magia. Lo stile. Non si può insegnare, lo si possiede. È un suono unico. Sgorga da un'intimità altissima e inaccessibile. Tiene insieme cielo e terra. Il cielo delle storie, la terra del reale. Leggendo questo libro si entra in un universo alchemico. "Sono le cose principali," scrive Alessandro Baricco, "che mi è accaduto di capire da quando mi occupo di narrazione." A volte è difficile distinguere tra magia e illusione ottica, tra evento mistico e processo chimico. Lungo questo confine enigmatico si compie il gesto del narrare, fatto di elementi che, se ben intrecciati, danno un suono a certe misteriose vibrazioni del mondo. Questo gesto si può imparare? Chi può insegnarlo? Una via della narrazione esiste e "il suo compito possibile è portare brevi esistenze individuali a compimento, saldando quanto è certo nella loro coscienza a quanto ancora è pagina in bianco e carta coperta".
È la diseguaglianza la madre di tutti i malesseri sociali. In una società c'è più violenza, più ignoranza, maggiore disagio psichico, orari di lavoro infiniti? Ci sono più malati, più detenuti, più tossicodipendenti, più ragazze-madri, più obesi? All'origine di questo alto tasso di infelicità ci sarà con ogni probabilità un maggior divario tra ricchi e poveri, una maggiore diseguaglianza. Lo dimostrano, cifre alla mano, gli autori di questo libro che è già un caso in Inghilterra. Non è l'ennesima riproposta di un astratto ideale egualitario di matrice socialista. Piuttosto, è il risultato di trent'anni di ricerche e comparazioni statistiche tra i dati raccolti in tutti i principali paesi sviluppati. Ne emerge un'inedita radiografia del mondo in cui viviamo. Siamo infatti abituati a pensare che la crescita economica abbia l'effetto automatico di rendere una nazione più sana e più soddisfatta. Ma oggi non è più così, perché i malesseri generati dalla diseguaglianza coinvolgono tutti: non solo i ceti più svantaggiati, ma anche quanti si collocano al vertice della scala sociale. La prospettiva aperta dal libro è chiara: se si vuole avviare un nuovo ciclo di crescita che ponga al centro la qualità della vita e non solo il Pil, occorre intervenire immediatamente per ridurre la forbice sociale cresciuta a dismisura tra anni ottanta e novanta. Occorre redistribuire reddito e opportunità prendendo ispirazione da Scandinavia e Giappone, esempi virtuosi di egualitarismo.
Gerusalemme è una città dilaniata da millenni di guerre, scontri tra religioni, conflitti tra politiche contrapposte, che ne hanno fatto di volta in volta un simbolo, un avamposto strategico, un luogo da conquistare e controllare all'interno di un mercato di territori e popolazioni. Paola Caridi ha vissuto per dieci anni a Gerusalemme. Le sue pagine ci restituiscono una città vissuta intimamente, indimenticabile per la bellezza delle mura antiche, delle pietre bianchissime, della sua umanità dolente. Ma ci restituiscono anche una città crudele, dove israeliani e palestinesi fanno talvolta la spesa negli stessi supermercati, per poi rinchiudersi nei confini dei rispettivi quartieri, invisibili gli uni agli altri. Una città costellata di posti di blocco che controllano gli spostamenti di donne e uomini, merci e idee, nemici e potenziali attentatori. Una città densa di segni e memorie antiche e recenti, in cui ogni stagione politica porta con sé nuovi vincitori, nuove versioni della storia passata, nuove ripartizioni degli spazi urbani, nuove abitudini di vita. Gerusalemme si è aperta per un breve periodo alla modernità, per poi rinchiudersi dentro i propri muri. Rimane comunque un laboratorio, in cui si scontrano politica e vivere quotidiano. Sopravvive la speranza: che Gerusalemme, una e condivisa da tutti, torni a essere una città per gli uomini e le donne che lì vivono.
«Immaginate di tornare un giorno a casa vostra e di trovare un costruttore legato alla mafia lì davanti. Immaginate che vi dica che quella non è casa vostra, ma sua. E che, qualche anno dopo, ve la danneggi gravemente per costruirci accanto un palazzo più grande. E immaginate di dover aspettare trent'anni prima che un tribunale italiano vi dia ragione. Immaginate che, dopo tutto questo tempo, vi riconoscano un compenso per i danni, che però nessuno vi pagherà mai dato che il costruttore nel frattempo è stato condannato perché legato alla mafia e lo Stato gli ha sequestrato tutto. E ancora, immaginate che di quella somma, che non riceverete mai, l'Agenzia delle entrate vi chieda il 3 per cento. Questo è quello che, più o meno, è successo a Maria Rosa e Savina Pilliu. E diciamo 'più o meno', perché in trent'anni, in realtà, è successo questo e molto altro. Intorno al palazzo abusivo si aggireranno vari personaggi: mafiosi eccellenti, assessori corrotti, killer latitanti, avvocati illustri, istituzioni pavide, vittime di lupare bianche, anonimi intimidatori e banchieri generosi. E poi ci mettiamo anche noi due che, venuti a conoscenza della vicenda, abbiamo deciso di scrivere questo libro. La nostra intenzione è cambiare il finale di questa storia, con l'aiuto di tutti. Raggiungendo tre obiettivi. Il primo: attraverso la vendita di questo libro raccogliere la cifra necessaria per pagare quel famoso 3 per cento dell'Agenzia delle entrate. Il secondo: far avere lo status di 'vittime di mafia' alle sorelle Pilliu. Il terzo: ristrutturare le palazzine semidistrutte e concederne l'uso a un'associazione antimafia. 'Io posso' è una sorta di mantra a Palermo. Non importa cosa dice la regola, perché tanto 'Io posso'. Le regole valgono solo per gli stupidi. 'Io posso' sottintende sempre: 'E tu no'. Ecco, a noi piace molto questa frase. La gridiamo a gran voce ma con un senso opposto. "Io posso e tu no perché io sono lo Stato e tu no"» (gli autori)
Il virus, per il momento, ha ridotto drasticamente i nostri orizzonti. Ogni giorno i nostri movimenti sono limitati. Lavoriamo da casa, dobbiamo mantenere la distanza dagli altri, siamo separati da amici e famigliari. Per la prima volta facciamo esperienza della solitudine. È difficile guardare al futuro in un momento nel quale la nostra sicurezza economica, le libertà personali e la nostra salute sono precarie come non lo erano mai state. E c'è un senso crescente di disgregazione globale. Nell'anno in cui la democrazia statunitense è stata in bilico, in tempo reale Zakaria ha costruito una mappa del nostro futuro, perché una cosa è sicura: è già cominciato. Il Covid-19 non ha stravolto il mondo che conosciamo, piuttosto sta accelerando processi che già erano in atto. Le contraddizioni si spalancano, le soluzioni da perseguire diventano più chiare. L'eredità della pandemia sarà dolorosa, turbolenta e tutt'altro che uniforme tra i diversi Paesi. Siamo già entrati in un mondo nuovo, ma è un mondo più difficile da ordinare di quello che conosciamo, soprattutto se vogliamo renderlo più giusto. Abbiamo bisogno di liberarci dei dogmi del neoliberismo sfrenato, che hanno impoverito lo stato sociale e ci hanno fatto trovare impreparati di fronte alla calamità della pandemia. D'altra parte, oggi siamo tutti più connessi. La corsa al 5G, l'economia digitale globale, l'autorità decrescente degli Stati Uniti: queste trasformazioni sono state accelerate dal coronavirus e sono destinate a portare una rivoluzione nella nostra vita in comune e nelle istituzioni, nei nostri valori, nei nostri desideri e nelle nostre priorità personali - probabilmente per sempre. Un'analisi che tiene assieme la politica, l'economia e la tecnologia per costruire una visione di questo futuro, che già oggi è la nostra nuova realtà.
Ogni giorno il nostro sistema immunitario ascolta i segnali provenienti dal nostro corpo e dall'ambiente in cui viviamo. Nel farlo, ci difende dagli attacchi esterni. Il nostro organismo è capace di un'infinita potenzialità: è pronto ad affrontare qualsiasi nemico, codificandolo e costruendo la propria memoria. La stessa memoria che noi abbiamo imparato ad aiutare con i vaccini. Oggi il mondo è colpito da una calamità feroce. Non eravamo completamente ignari quando è arrivata, ma ci siamo fatti trovare impreparati. Di certo, sappiamo che questa pandemia non sarà l'ultima. Di fronte a questa trasformazione epocale le risposte della politica sono spesso dettate dalla paura e dallo sgomento. È difficile per tutti rinunciare non solo alle vecchie abitudini, ma anche alla forma che il nostro stile di vita aveva prima. Ma come possiamo cambiare la nostra postura nei confronti del mondo, che ormai è già cambiato sotto i nostri occhi? Antonella Viola costruisce una mappa per abitare questa rivoluzione e comincia con l'invito a rivolgere lo sguardo dentro noi stessi, per capire la razionalità che muove il nostro organismo. Il nostro corpo è un meraviglioso sistema di comunicazione. Ciascuna parte collabora con l'altra, inviando segnali e traducendoli costantemente. Senza sosta si misura con l'ignoto che viene da fuori e lo affronta. Dobbiamo ricordarci che nessuno di noi può prescindere dagli altri e dall'ambiente in cui vive. Abbiamo la responsabilità di imparare la lezione del virus, perché con sé porta le contraddizioni di un mondo globalizzato che trascura la catastrofe del clima e non si occupa delle disuguaglianze sociali. Per fortuna ad aiutarci c'è la scienza, che da secoli si misura con la realtà e le rivoluzioni non con la lotta, ma con la cautela e la leggerezza.
Venezia, febbraio 2020. Il carnevale viene interrotto bruscamente e Francesco Zambon, veneziano e funzionario dell'OMS, mentre dalla sua finestra vede i turisti in abiti variopinti correre terrorizzati verso il primo vaporetto disponibile, riceve l'incarico di coordinare le informazioni che arrivano dall'Italia e che possono essere utili al mondo: il Covid-19 non è più un virus esotico, ha fatto irruzione in Occidente. Seguono settimane di lavoro forsennato, per provare a capire cosa stia accadendo nel nostro paese, perché tutti quei contagi, perché tutti quei morti. L'11 maggio il rapporto è finito, approvato dai vertici dell'OMS, stampato e pronto per essere divulgato. Potrebbe salvare molte vite. Ma qualcosa si inceppa e il 13 maggio il rapporto viene ritirato. Perché? Perché conteneva alcuni errori, dicono dai vertici dell'OMS. Ma la ragione è che rivelava un dettaglio fondamentale: il piano pandemico italiano non veniva aggiornato dal 2006, quindi era del tutto inadeguato. Ecco perché tutti quei morti. Ecco perché nessuno doveva sapere. Questa è la storia di un uomo solo, che ha denunciato e pagato in prima persona. Questa è una storia che ha fatto il giro del mondo, su cui le procure stanno indagando e che in queste pagine viene raccontata per intero per la prima volta. Nessuno sa quante vite sarebbero state risparmiate, ma tutti devono sapere quali sono state le omissioni, le coperture, le viltà che hanno reso il nostro paese così colpevolmente fragile.
C'è un'idea molto radicata su entrambe le sponde dell'Atlantico: chi lavora sodo e gioca secondo le regole avrà successo e sarà capace di elevarsi fino a raggiungere il limite del proprio talento. È una retorica dell'ascesa, che anche il Partito democratico americano e i partiti della sinistra moderata europea hanno scelto come soluzione ai problemi della globalizzazione, primo fra tutti la disuguaglianza. Se tutti hanno le stesse opportunità, allora chi emergerà grazie ai propri sforzi o alle proprie capacità se lo sarà meritato. Se invece non riuscirà a emergere, la responsabilità sarà soltanto sua. È questo il lato oscuro dell'età del merito. Le élite che pretendono di interpretare la tradizione della sinistra hanno in realtà voltato le spalle a chi dell'élite non fa parte. In una società nella quale l'uguaglianza delle opportunità rimarrà sempre una chimera, il contraccolpo populista degli ultimi anni è stato una rivolta contro la tirannia del merito, che è umiliante e discriminatoria. Da questa ondata populista, dimostra il filosofo Michael Sandel, dobbiamo imparare: non per ripeterne gli slogan xenofobi e nazionalisti, ma per prendere sul serio le richieste legittime che ne sono all'origine. Sandel risponde così alla Brexit, al fenomeno Trump e all'avanzata dell'estrema destra in Europa, offrendo una strategia teorica e politica per ripensare il bene comune.
Esiste un tempo dell'esperienza, scandito dalla memoria e dal desiderio. Esiste un tempo delle grandi distanze cosmiche. Ed esiste un tempo dell'infinitamente piccolo. Chrónos è un mistero, e non solo per i fisici. Lo era per i primi uomini e continua a esserlo per noi oggi. Ma da sempre chi comprende le leggi dello scorrere del tempo domina il mondo. Da Newton ad Amleto, da Einstein a Dalí, il tempo è stato protagonista di metamorfosi vertiginose, affascinanti e mostruose. Esiste? Si può fermare? E se ne può invertire il corso? Guido Tonelli ci guida lungo la tortuosa via d'accesso alla comprensione di una realtà molto diversa da come crediamo che sia. In cui il ritmo regolare del nostro tempo, la sua periodicità quasi perfetta, nasce da un insieme intricato e complesso di zone turbolente, fenomeni caotici, immani catastrofi, interi sistemi solari sbriciolati da esplosioni di supernove, galassie devastate da nuclei galattici attivi. Quei mondi lontani sono una sfida alla nostra immaginazione, così come lo sono le particelle elementari, con le loro esistenze effimere e le loro vite eterne. Quando le distanze sono così vaste o guardiamo all'infinitamente piccolo, il concetto di "adesso" e l'idea della simultaneità perdono qualunque consistenza. Il tempo è uno strumento formidabile per sopravvivere nel nostro ambiente, ma ci inganna appena cerchiamo di capire come funziona il mondo al di fuori del nostro piccolo pianeta. E toccare con mano questa impossibilità ci turba profondamente. Ne nasce un viaggio che ci costringe ad abbandonare ogni certezza, e per il quale dovremo fare ricorso alla fantasia non meno che alla ragionevolezza. Un viaggio in cui il mito, l'arte e la filosofia ci soccorreranno dove la mente vacilla.
Il mondo sta affrontando la peggiore crisi economica dalla Seconda guerra mondiale. Il virus sta facendo danni più gravi di Lehman Brothers. E l'Italia? Bisogna tornare al 1945 per trovare un dato peggiore di caduta del Pil. La crisi ha messo in luce le nostre debolezze, certo, ma anche i nostri punti di forza, compresa la capacità di rispondere bene in condizioni di emergenza. Ma affrontare l'emergenza non basta, e non basta tornare a dove eravamo nel 2019: ora abbiamo davanti a noi la responsabilità della ricostruzione. Carlo Cottarelli si pone al confine tra il mondo che crolla e il mondo che verrà dopo. E, mentre ci accompagna nel labirinto delle possibilità economiche oggi a nostra disposizione, ci mostra come l'Italia abbia bisogno di tornare a crescere in modo sostenibile da un punto di vista sociale, finanziario e ambientale. Dobbiamo salvare la nostra economia, ma per farlo abbiamo bisogno di più uguaglianza, soprattutto nelle opportunità che vengono fornite alle nuove generazioni. Per questo ci vuole la politica, e infatti questo è un libro (anche) politico. Perché parla di come la società italiana dovrebbe funzionare sulla base di un principio ideale: la possibilità per tutti di avere un futuro nella vita, indipendentemente dalle condizioni in cui si è nati. È importante che le agende politiche partano da una chiara enunciazione della società che si vorrebbe realizzare. Altrimenti, la politica diventa personalismo, opportunismo e cinismo.