L'ultima spaventosa crisi economica - quella che stiamo subendo in questi anni - ci obbliga a riflessioni radicali sul mondo intorno a noi, sugli altri e su noi stessi. In particolare, ci costringe a ripensare il nostro rapporto con il denaro, in una società dominata dal principio dell'avidità e dell'arricchimento a qualunque costo, dove la speculazione finanziaria produce incontrollabili effetti perversi. Lo squilibrio tra ricchezza e povertà è un tema su cui gli esseri umani riflettono da quando è nata la civiltà. Tomás Sedlácek ha avuto un'intuizione semplice e geniale: rileggere in questa prospettiva i testi che hanno ispirato l'umanità, sia opere di carattere religioso - dal Vecchio Testamento al Talmud al Corano - sia opere filosofiche, ma spaziando anche in altri ambiti quali il mito, la psicologia, la letteratura, il cinema. Oggi la "scienza triste" privilegia la freddezza astratta dei modelli matematici. "L'economia del bene e del male" riporta invece in primo piano il fattore umano, la sensibilità dei saggi e dei poeti, il nostro senso della giustizia, il valore della solidarietà. Solo ripartendo da questa base, suggerisce Sedlácek, è possibile cambiare il modo in cui pensiamo l'economia e la società in cui viviamo. Prefazione di Vaclaw Havel.
"Un matematico gioca in Borsa" racconta con straordinario brio una storia divertente e istruttiva. Inizia quando Paulos decide di investire una piccola somma acquistando un pacchetto di titoli di una società high tech dal luminoso avvenire (così asserivano unanimi gli esperti). Come un amore finito male, quelle azioni lo intrappolano nell'universo della Borsa: un mondo dove la psicologia umana conduce facilmente all'errore (e a perseverare nell'errore), dove vigono regole che sfidano l'intuizione e il buonsenso, e dove spesso regna il paradosso. Facendosi forte della propria esperienza di investitore tanto competente quanto sfortunato, ma anche utilizzando le proprie conoscenze scientifiche e una straordinaria chiarezza espositiva, Paulos ci rivela i misteri della Borsa. Con un sorriso sulle labbra, illumina le complessità del mercato azionario, le sue promesse e le sue trappole.
L'ultima spaventosa crisi economica - quella che stiamo subendo in questi anni - ci obbliga a riflessioni radicali sul mondo intorno a noi, sugli altri e su noi stessi. In particolare, ci costringe a ripensare il nostro rapporto con il denaro, in una società dominata dal principio dell'avidità e dell'arricchimento a qualunque costo, dove la speculazione finanziaria produce incontrollabili effetti perversi. Lo squilibrio tra ricchezza e povertà è un tema su cui gli esseri umani riflettono da quando è nata la civiltà. Tomás Sedlácek ha avuto un'intuizione semplice e geniale: rileggere in questa prospettiva i testi che hanno ispirato l'umanità, sia opere di carattere religioso - dal Vecchio Testamento al Talmud al Corano - sia opere filosofiche, ma spaziando anche in altri ambiti quali il mito, la psicologia, la letteratura, il cinema. Oggi la "scienza triste" privilegia la freddezza astratta dei modelli matematici. "L'economia del bene e del male" riporta invece in primo piano il fattore umano, la sensibilità dei saggi e dei poeti, il nostro senso della giustizia, il valore della solidarietà. Solo ripartendo da questa base, suggerisce Sedlácek, è possibile cambiare il modo in cui pensiamo l'economia e la società in cui viviamo. Prefazione di Vaclaw Havel.
La Grande Recessione è iniziata nel 2008 negli Stati Uniti. Ha immediatamente contagiato l'economia mondiale e continua ad aggravarsi. Tra fatalismo e paura, aspettiamo l'evolvere degli eventi - verso il peggio, ci assicurano gli esperti. Ma come siamo finiti in questo vicolo cieco? E perché, chiede Krugman, "i cittadini dei paesi più avanzati del mondo, paesi ricchi di risorse, talenti e competenze - gli ingredienti che assicurano prosperità e un tenore di vita dignitoso per tutti - stanno ancora soffrendo"? Con l'abituale lucidità e forza polemica, il Premio Nobel per l'Economia individua le origini della crisi finanziaria, economica e politica che stiamo attraversando. E spiega quale strada dobbiamo intraprendere per superare le attuali difficoltà. "Fuori da questa crisi, adesso!" si rivolge prima di tutto a chi sta soffrendo di più: a chi ha perso il lavoro e a chi non lo trova, soprattutto i giovani che rischiano di pagare più di tutti, oggi e nel futuro. Per Krugman, la soluzione per uscire dalla Grande Recessione esiste ed è a portata di mano: ma è necessario che i nostri leader politici trovino la lucidità intellettuale e la determinazione necessarie.
Tra gli argomenti presenti nel volume: Economia politica e politica economica, la New Economy, globalizzazione, povertà, ambiente; La gestione dell'azienda e il marketing nell'era di Internet, Reti, e-commerce, piccola e media impresa, non profit; Banca, borsa, finanza, assicurazioni, strumenti finanziari e derivati; Nozioni di diritto societario, del lavoro e previdenziale, le trasformazioni del welfare; Statistica e demografia, matematica finanziaria e attuariale; L'Italia nella UE e nell'Eurosistema; L'informazione economica on-line.
Daniel Cohen è riuscito in un'impresa impossibile: raccontare la storia dell'economia in maniera chiara e brillante, appassionando decine di migliaia di lettori. La prosperità del vizio racconta 4000 anni, dagli antichi Babilonesi a oggi, appoggiandosi alla lezione dei grandi maestri (Keynes, Marx, Schumpeter, Hirschmann…) ma anche all'esperienza quotidiana. E dimostra che l'economia è una scienza che collega cause ed effetti in maniere sorprendenti: lo fa parlandoci del tenore di vita degli schiavi nell'antica Roma o dell'effetto delle telenovelas sulla demografia del Brasile, della ricerca di finanziamenti pubblici da parte di Cristoforo Colombo o dei rendimenti decrescenti dell'agricoltura. La prosperità del vizio offre così una visione scanzonata ma illuminante della storia dell'umanità, che non nasconde problemi e paradossi: come quello di Mandeville, che sosteneva che per la prosperità delle nazioni il vizio è necessario quanto la virtù; o quello della crescita infinita.
Viaggiando nel passato, Cohen guarda sempre anche al futuro: «Per comprendere il mondo multipolare di oggi, bisogna guardare alla storia dell'Europa di cui è l'erede», spiega.
«Dobbiamo immaginare un diverso tipo di sviluppo. Dobbiamo tendere verso una nuova economia, che nasce oggi via via che emergono nuovi problemi: come l'economia dell'immateriale, dell'arte e della conoscenza.»
"Il tempo è scardinato", si lamenta Amleto. È vero che da sempre il progresso tecnologico ed economico è accompagnato - e forse causato dall'accelerazione. È vero che il trasporto sempre più veloce di uomini e mercanzie, l'accelerazione degli scambi e dei commerci, per non parlare delle armi, sono senz'altro il marchio della modernità. Il futuro, che l'economia mondiale ha cercato di addomesticare facendo gonfiare a dismisura il credito, si è praticamente azzerato in una crisi di proporzioni planetarie. I primi a sperimentare gli effetti di questo eccesso di velocità sono stati gli uomini politici, le star dello spettacolo e dello sport, i grandi manager. Ma ora il fenomeno, grazie alla diffusione delle nuove tecnologie, che permettono di restare connessi sempre e dovunque, si è diffuso a livello di massa. Il tempo breve esplora, con finezza e profondità, la malattia forse più grave della nostra epoca, quella che ci sta facendo perdere alcuni fondamentali punti di riferimento. Marco Niada ripercorre in una felice sintesi la storia del tempo, dagli antichi calendari ai monasteri, dai mercati alle microfrazioni di secondo dei moderni traders. E soppesa l'impatto che questa mutazione ha avuto su di noi, uomini e donne del nuovo millennio: perché sta cambiando per sempre la nostra capacità d'attenzione, la nostra immaginazion nostra memoria, la nostra identità.
Per migliorare la produttività dei dipendenti, le aziende – pubbliche o private che siano – usano un sistema apparentemente collaudato e infallibile: i manager creano uno o più indici per valutare l'impegno dei dipendenti e poi li abbinano a premi e incentivi. Nella realtà, non sempre questo meccanismo funziona. Anzi, molto spesso i risultati sono disastrosi. Maya Beauvallet, esperta di gestione del personale, ci spiega perché, illustrando una serie di ricerche scientifiche su vari ambienti di lavoro.
Le sue conclusioni sono sorprendenti e a volte paradossali. Per cominciare, è più facile accettare un sito di scorie nucleari nel proprio Comune gratis che a pagamento; per le stesse ragioni, pagare i volontari non conviene. E molto spesso i premi portano a risultati inattesi: scoraggiano i migliori, e possono incoraggiare gli imbroglioni...
Le strategie assurde ci aiuta a capire, con sorridente competenza, come fuinzionano davvero il mondo del lavoro e i rapporti interpersonali. Perché gli esseri umani sono piuttosto complicati, e in genere si rivelano molto più complicati (e astuti) di quanto non pensino i manager (con i loro schemi infallibili) e gli uomini politici (con le loro leggi).
La gravità e l’ampiezza della crisi economica ha sorpreso tutti noi, ma anche la maggior parte degli esperti e degli economisti. Non ha sorpreso invece Kevin Phillips, uno degli osservatori più acuti e provocatori della realtà contemporanea.
Con straordinaria lucidità, Phillips aveva delineato uno scenario politico, economico e finanziario allarmante: i «soldi sporchi» della mega-finanza incontrollata, una politica economica distastrosa, la diminuzione delle scorte di petrolio e il tramonto della superpotenza americana stavano innestando una crisi di proporzioni planetarie. Oggi il grande crac sta mettendo in discussione la fiducia nell’efficienza dei mercati e lo stesso modello capitalistico: per lo meno il capitalismo speculativo che ha dominato questi decenni grazie anche all’incompetenza politica che accomuna destra e sinistra e a un teatrino mediatico fatto di inganni (ai danni dei consumatori e dei cittadini, a cominciare dalle incursioni piratesche degli hedge funds) e di arroganze (da parte di chi si sentiva forte e intoccabile).
Dopo aver individuato le motivazioni profonde della recessione e le sue conseguenze geopolitiche, Soldi sporchi (a lungo ai veritci delle classifiche dei libri più venduti negli USA) delinea le tendenze del prossimo futuro: oltre all’ascesa dell’Asia sotto il segno della «Confucianomics» (il fenomeno più evidente degli ultimi anni), il pericolo maggiore è quello di un’inflazione globale, una «rivoluzione dei prezzi» determinata dell’aumento del costo dell’energia e dei prodotti agricoli.
Solo se sapranno affrontare consapevolmente le sfide inedite di questa nuova economia, i leader politici potranno davvero garantirci un futuro migliore: primo tra tutti Barack Obama, che deve imporre nuove regole e controlli efficaci per evitare il catastrofico ritorno dei «soldi sporchi».
Fino a pochi anni fa, gli italiani erano un popolo di risparmiatori. Oggi non più. Il primo colpo è arrivato, grazie alla implicita delle banche, con l'insolvenza dei bond argentini, le bancarotte di Cirio Parmalat, l'agonia di Alitalia, che hanno "tosato" decine di migliaia di famiglie, un'altra botta l'hanno data i tassi d'interesse, che per un certo periodo hanno fatto schizzare in alto le rate dei mutui. In un panorama segnato dall'inflazione, i una pressione fiscale in costante salita, dall'aumento delle tariffe, l'affondo finale arrivato con il grande crac dell'autunno '08, quando tanti lavoratori sono stati licenziati o cassintegrati e molti investimenti "sicuri" si sono praticamente azzerati, Ma un conto è parlare di finanza e di economia in termini astratti: il Pil che sale e scende, i tassi che rimbalzano su e giù in un balletto indecifrabile. Altra cosa è vedere come l'economia e la finanza incidano sulle nostre vite. Tutto questo ce lo racconta Luigi Furini, con un viaggio-inchiesta tra gli italiani ormai strozzati dai debiti. Perché - ci fa capire Furini - questa crisi ci sta toccando tutti e di certo non bastano gli inviti all'ottimismo, i salvataggi miliardari delle grandi banche e dei banchieri (gli stessi che ci hanno portato lino a questo punto) o le sparate demagogiche a rimetterci in carreggiata.
Nel 1999 Paul Krugman aveva raccontato le crisi che hanno devastato diverse economie in Asia e in America Latina, lanciando un terribile monito: può accadere anche da noi, e possiamo andare incontro a una nuova Grande Depressione. Così come i batteri diventano resistenti agli antibiotici, anche la moderna finanza è diventata immune ai rimedi escogitati dopo la crisi del '29. I primi anni del nuovo millennio, con il boom di Wall Street e il trionfo della finanza allegra, sembravano smentire questa previsione. Poi è arrivato il "grande crac" del settembre 2008, e nelle stesse settimane Paul Krugman ha vinto il Premio Nobel per l'Economia. In questa nuova edizione del Ritorno dell'economia della depressione, ampiamente rivista e aggiornata, Paul Krugman ci fa capire come la "deregulation" e le dinamiche di un sistema finanziario svincolato da ogni controllo abbiano prodotto la peggiore crisi dagli anni Trenta a oggi. E ci illustra le misure che bisogna prendere perché fenomeni del genere non si ripetano.
La società oligarchica propria dell'umanità globalizzata vede al vertice della piramide una casta di super-ricchi composta da qualche decina di migliaia di individui. Subito sotto, politici, manager, scienziati, intellettuali e funzionari, Risultato: 300.000 persone, su 6 miliardi, controllano la quasi totalità del capitale finanziario globale. C'è chi possiede un appartamento a Manhattan da 2800 metri quadri con 4 cucine, chi offre pacchetti-vacanza spaziali da 200.000 dollari, chi gironzola su un sottomarino con appartamento di lusso da 43 milioni di dollari. Peggio, non solo spendono i loro guadagni in modi assurdi, ma cosi facendo danneggiano il pianeta. Ormai non è più solo un problema di giustizia (e di etica), è in gioco la sopravvivenza stessa del pianeta.