La stanza è invasa dalla polvere e dalla luce. Sono passati anni, ma a casa della nonna Elsa non è cambiato nulla: la bambola, il cavallo a dondolo e poi il vecchio armadio. Ad Anna, sua nipote, basta aprirlo per tornare di colpo bambina, quando insieme alla nonna giocava a vestirsi da grande. Gli abiti ci sono ancora tutti e Anna li riconosce; stoffe che sanno di festa e di risate. Eppure c'è un vestito che la giovane non ricorda: ha la gonna ampia e un nastro alto in vita. Uno stile molto diverso da quello della nonna. Anna lo prova. Basta quel semplice gesto perché il suo mondo cambi per sempre. Quando sua nonna la vede con quell'abito, bella come non mai, capisce che è giunto il momento sfuggito tanto a lungo. Ora che le rimangono pochi giorni di vita, non può più mentire. Lo deve a sé stessa ma anche a sua nipote, deve dirle la verità. Deve confessare a chi appartiene quell'abito, deve pronunciare quel nome taciuto da anni, Eeva. Un nome che Anna non conosce. Il nome di una donna dimenticata nel silenzio, di cui non esistono nemmeno fotografie. Un nome che affonda le radici in un segreto forse incomprensibile. Spetta ad Anna capirlo. Ma per farlo deve tornare indietro a un tempo antico, a una storia di perdono, di tradimento e di bugie. Ma soprattutto alla storia di un amore unico come quelli che lega indissolubilmente una madre e una figlia, nel bene e nel male. Un amore in cui tutto, a volte, può essere perdonato.
La pioggia cessa e il cielo diventa sereno all'improvviso, mentre qualche goccia continua a cadere. L'erba di un verde sfolgorante accarezza i piedi nudi di una bellissima fanciulla dai lunghi e lucidi capelli neri. Fin dalla sua prima giovinezza Kenzaburo Oe è rimasto incantato dalla scena di questo film. Ma quello che più l'ha folgorato è stata lei, Sakura, attrice al suo debutto di fronte alla macchina da presa. La ragazza è poi diventata una stella del cinema hollywoodiano, specializzata nel ruolo di bellezza orientale, acclamata e adorata da registi e produttori famosi. Molti anni sono passati. Le proteste politiche degli anni Settanta a favore dei diritti dell'uomo stanno infiammando le piazze e le aule universitarie giapponesi. Sakura è ormai un'affermata artista internazionale, sposata a un professore di letteratura americano. Ma il Giappone e le cupe foreste dello Shikoku le sono rimaste nell'anima, insieme al desiderio di celebrarle in un film che la veda insieme protagonista e produttrice. Grande è la sorpresa di Kenzaburo Oe nell'apprendere che è proprio lui, scrittore emergente, che la donna vuole come sceneggiatore della pellicola, ispirata a un famoso romanzo di Heinrich von Kleist. Un impegno prestigioso e lusinghiero, ma che diventa invece una discesa agli inferi per tutti coloro che vi lavorano. Prima fra tutte Sakura, che è costretta a fronteggiare i fantasmi del suo passato.
"Se la poesia ti trasporta in cielo, il romanzo poliziesco ti mostra la vita esattamente per quello che è." E un Pablo Neruda anziano e malato a pronunciare queste parole di fronte a un Cayetano Brulé ancora inesperto e ingenuo. Siamo nel freddo agosto cileno, pochi giorni prima del golpe del 1973 e Brulé è stato invitato a una festa della buona società di Santiago del Cile. Ma le conversazioni colte, le luci scintillanti e le danze non fanno per lui. Cayetano si rifugia in biblioteca, ed è proprio fra gli antichi volumi e le tende damascate che conosce il poeta. Il giovane cubano è intimidito, non osa quasi alzare gli occhi. L'intento di Neruda è di iniziarlo alla carriera investigativa, affidandogli il primo incarico della sua vita. Un'indagine del tutto confidenziale: ritrovare un medico messicano che si dice abbia scoperto una cura per il cancro utilizzando piante millenarie. Un uomo di cui il poeta ignora tutto, tranne il nome: Angel Bracamonte. Brulé crede che Neruda nutra la speranza di guarire dal suo male. Ma il caso nasconde un mistero molto più grande, che riguarda Beatriz, la moglie di Bracamonte. Tanto affascinante quanto sfuggente, la donna ha cambiato nome e identità diventando attrice, moglie di un colonnello, guerrigliera... Cosa la lega a Neruda? E perché il poeta la sta cercando? Per inseguirla, Brulé si imbarca in un viaggio che lo porterà fino in Bolivia, Cuba, Messico in una lotta contro il tempo, perché intanto Pablo Neruda giace sul letto di morte, in attesa di una risposta.
La luce del tramonto colora di rosso la siepe intorno alla veranda. I piatti sul tavolo di ferro battuto sono quasi vuoti, e tutt'intorno aleggia ancora un profumo denso di enchiladas, pollo arrosto e pomodori grigliati. Kate inala ricordi e si guarda intorno. Oggi è un giorno speciale, la fine di un anno difficile e pieno di dolore, e le sue amiche sono lì, riunite accanto a lei per festeggiare la sua forza e il suo coraggio. Tutte loro nascondono un regalo inaspettato. Una sorpresa e una sfida. Una settimana di rafting in una profondissima gola del Grand Canyon. Kate è molto impaurita, ma accetta. A un patto, però. Ognuna delle sue amiche, nel corso dell'anno a venire, dovrà fare qualcosa che la terrorizza o che non vorrebbe mai affrontare. Qualcosa di difficile, forse impossibile, ma che le può aiutare a ritrovare la strada per il sogno, anche se sembra perduta. Come Caroline, una libraia che non riesce a disfarsi dei libri dell'ex marito; o Daria, che deve inventare una nuova ricetta per il pane e per la sua vita; Sara, che decide di perdersi tra le calli di Venezia per ricordare com'è il gusto dell'avventura; Hadley, che prendendosi cura del suo giardino deve scoprire la pianta giusta per curare la sua anima. Tutte quante devono mettersi in gioco e superare sé stesse. Compresa Kate, che, in piedi in cima al dirupo, guarda con terrore gli speroni di roccia e il cupo blu del fiume ancora più in basso, e si chiede se riuscirà a trovare di nuovo il coraggio di volare…
Dopo il successo internazionale della Scuola degli ingredienti segreti, per mesi nella classifica dei bestseller grazie al solo passaparola, Erica Bauermeister ci regala un altro piccolo gioiello.
In uscita contemporanea mondiale in più di venti paesi, è stato proclamato il romanzo preferito dei librai indipendenti americani.
Una storia sulla forza dell'amicizia, la voglia di ricominciare e la speranza.
Erica Bauermeister si è appassionata allo slow food durante i due anni trascorsi nell'Italia settentrionale con il marito e i figli. Ha insegnato letteratura alla University of Washington e vive a Seattle con la famiglia. La scuola degli ingredienti segreti è il suo primo romanzo.
«Lavorare in campagna. Lavorare la terra è un lavoro sano, ed è scritto nel Vangelo. Se uno ha un campo, può segnarlo con un puntino sul mappamondo.
Ma se uno ha una cattedra all'università, cosa segna? Una guerra distrugge le città, ma non distrugge la terra. Non sei pentito di quel che fanno i tuoi figli?», «Sono contento, perché fanno quel che vogliono», «Non ti riconosco più! Non sei mio figlio! Non voglio avere un figlio così!».
In quel disconoscimento sentivo una condanna biblica, come se mi mandasse ramingo sulla Terra.
La mia stirpe è il racconto dell'immortalità attraverso la specie: il protagonista sente che, quando non ci sarà più, la nipotina che ora tiene in braccio lo farà rinascere, ma sente anche di essere stato presente, prima di nascere, nell'amore tra il ragazzo e la ragazza che saranno i suoi genitori.
È l'amore del primo Novecento, quando la ragazza temeva di restare incinta per il bacio di un uomo.
Ereditando le vite dei padri, il figlio eredita il dovere di realizzarne le missioni incompiute: vendicarsi per quel che han patito nella prima e nella seconda guerra, qui rievocate per squarci fulminei e potenti, e arrivare a un contatto con la più alta istituzione della Terra, custode e garante della verità in cui credono.
È la loro «gita al faro», l'impresa che dà un senso all'esistenza. Il padre e suo padre non ci sono riusciti. Ora tocca al figlio.
L'incontro col successore di chi ha portato la verità sulla Terra avviene davanti al Giudizio Universale di Michelangelo e trova le parole umili e commosse delle grandi narrazioni mistiche.
Ferdinando Camon è nato in provincia di Padova. In una dozzina di romanzi (tutti pubblicati con Garzanti) ha raccontato la morte della civiltà contadina (Il quinto stato, La vita eterna, Un altare per la madre – Premio Strega 1978), il terrorismo (Occidente, Storia di Sirio), la psicoanalisi (La malattia chiamata uomo, La donna dei fili), e lo scontro di civiltà, con l'arrivo degli extracomunitari (La Terra è di tutti). È tradotto in 22 paesi. Il suo ultimo romanzo è La cavallina, la ragazza e il diavolo (2004). Il suo sito è www.ferdinandocamon.it
«Schlesak è un grande scrittore che è passato attraverso quell'esperienza di frontiera (… la colpa e la tragedia tedesca) facendone una parabola universalmente umana.»
Claudio Magris
«Andarmene da questa luce. Non sentire più il rintocco delle ore, non sentire più niente. Nascondermi, sparire. Non essere più nessuno. E così poter sopportare tutto. Anche l'angoscia di fronte alla morte.»
Dopo decenni di peregrinazioni, uno scrittore tedesco nato in Transilvania, e ora in esilio, ha trovato il suo rifugio tra i boschi della Garfagnana, vicino a Lucca.
Ma proprio quando pensava di poter godere dei suoi ultimi anni in serenità, la morte della madre apre in lui una voragine incolmabile.
Perché esistono assenze, scomparse, vuoti più presenti del presente.
Defunti il cui ricordo impregna e impegna la mente più di quanto la loro concreta e tangibile vicinanza non avesse mai fatto nei giorni in cui eravamo loro accanto.
È per questo che ora lui deve partire.
Partire per esaudire le ultime volontà della madre.
Partire per riempire il vuoto così opprimente.
Si deve imbarcare in un viaggio a ritroso verso la sua patria perduta, la Transilvania, la terra dei suoi antenati, una terra di minoranze etniche, multiculturale, dove convivono tedeschi, ungheresi, rumeni.
Un viaggio che per il protagonista diventa anche un'indagine di sé stesso e delle proprie radici, e che lo spinge ad affrontare il passato.
Un passato che porta dentro di sé la memoria dolorosa dei lager, della seconda guerra mondiale, del nazismo, ma anche le contraddizioni e le ombre del dopoguerra e del regime comunista. Un romanzo che può essere considerato la continuazione ideale del Farmacista di Auschwitz, di cui riecheggia le atmosfere e i contenuti, soffermandosi in particolare sulla condizione dei tedeschi dell'Est, «tedeschi abbandonati nel Far East europeo», separati dai confini ma uniti da una grande civiltà letteraria e musical-filosofica.
Con L'uomo senza radici Dieter Schlesak si conferma testimone poetico della crisi morale, culturale e sociale della Mitteleuropa, un mondo variopinto ormai sparito, qui indagato nelle sue pieghe più sofferenti così come nei momenti di pura luce. Una scrittura intesa quale unica ed estrema salvezza rispetto alla «furia del dileguare» che ha travolto un'epoca e una comunità.
Dieter Schlesak è nato nel 1934 a Schäßburg (Sighisoara) in Transilvania, Romania. Poeta di madrelingua tedesca, saggista e romanziere, dopo gli studi universitari in germanistica a Bucarest ha subito la persecuzione del regime di Ceausescu per la sua attività di redattore della rivista «Neue Literatur». Nel 1969 si è trasferito a Stoccarda, in Germania, e dal 1973 vive in Toscana, ad Agliano, sopra Camaiore (Lucca). Membro del PEN Club, ha ottenuto numerosi riconoscimenti e premi letterari.
Spagna, Costa Blanca. Il sole è ancora caldo nonostante sia già settembre inoltrato. Per le strade non c'è nessuno, e l'aria è pervasa dal profumo di limoni che arriva fino al mare. È qui che Sandra, trentenne in crisi, ha cercato rifugio: non ha un lavoro, è in rotta con i genitori, è incinta di un uomo che non è sicura di amare. Si sente sola, ed è alla disperata ricerca di una bussola per la sua vita. Fino al giorno in cui non incontra occhi comprensivi e gentili: si tratta di Fredrik e Karin Christensen, una coppia di amabili vecchietti. Sono come i nonni che non ha mai avuto. Momento dopo momento, le regalano una tenera amicizia, le presentano persone affascinanti, come Alberto, e la accolgono nella grande villa circondata da splendidi fiori. Un paradiso. Ma in realtà si tratta dell'inferno.
Perché Fredrik e Karin sono criminali nazisti. Si sono distinti per la loro ferocia e ora covano il sogno di ricominciare. Lo sa bene Julián, scampato al campo di concentramento di Mauthausen, che da giorni segue i loro movimenti. Sa bene che le loro mani rugose si sono macchiate del sangue degli innocenti. Ma ora, forse, può smascherarli e Sandra è l'unica in grado di aiutarlo. Non è facile convincerla della verità.
Eppure, dopo un primo momento di incredulità, la donna comincia a guardarli con occhi diversi e a leggere dietro quella fragile apparenza.
Adesso Sandra l'ha capito: lei e il suo piccolo rischiano molto. Ma non importa. Perché tutti devono sapere. Perché è impossibile restituire la vita alle vittime, ma si può almeno fare in modo tutto ciò che è successo non cada nell'oblio. E che il male non rimanga impunito.
Un romanzo che ha sorpreso e ha scosso le coscienze, rivelandosi un caso editoriale unico. Uscito in sordina in Spagna, ben presto ha scalato le classifiche vendendo migliaia di copie grazie al passaparola del pubblico. Poi è venuta la consacrazione della critica: la vittoria del Nadal, il premio letterario spagnolo più antico e prestigioso.
Il profumo delle foglie di limone racconta una storia di amore e di coraggio, di memoria e di colpa, di speranza e forza, una storia che rimane impressa nell'animo per sempre.
Dalle «vie del sangue» alle «vie della speranza», Messe di sangue narra l'epopea di una famiglia che, per fuggire alla miseria, decide di emigrare verso São Paulo, alla ricerca di un pezzo di terra da coltivare. Siamo negli anni Trenta, subito dopo il crollo del mercato del caffè: è un periodo segnato da aspri conflitti sociali, da rivoluzioni e controrivoluzioni, attraversato da profeti dell'apocalisse come il beato Estêvao e da banditi efferati come il cangaçeiro Lucas Avoredo. Ma a dominare è la terra, dispensatrice di vita e di morte.
Amado rivive questo dramma collettivo, destinato a sfociare in un bagno di sangue insieme politico e rituale, con una grande attenzione alla sensibilità popolare, ai miti e al folklore: la sua scrittura è pervasa dal pathos animistico e dalla venatura immaginosa che caratterizzano i suoi capolavori.
Anna, dopo essersi sposata «per amore» e contro la volontà della propria famiglia, ha iniziato una relazione con un giovane studente di teologia. A spingerla tra le braccia di Tomas è una passione inattesa ma travolgente, che la riscuote dal torpore dell'abitudine e dalla gabbia del matrimonio. In queste sei conversazioni – sei incontri: con un vecchio amico e confidente come padre Jacob, con suo marito, con il pastore Henrik, con sua madre e con Tomas – Anna mette a nudo la propria anima. La magistrale e appassionante progressione narrativa di Conversazioni private ci fa conoscere gli amori e i tormenti di questa donna ora forte, ora vulnerabile, la sua sensualità ma soprattutto la sua lotta per affermare la propria volontà e le proprie scelte, e insieme per comprendere se stessa. Anche se, come dimostra Bergman in un romanzo sempre intenso e coinvolgente, quella per i propri sentimenti è una lotta che ha bisogno tanto della verità quanto della menzogna, non solo nei confronti degli altri.
Privato è una resa dei conti in forma di romanzo: tenera e spietata, fatta di verità e di sentimenti, di personaggi ed emozioni.
È un dialogo violento e amoroso della protagonista-narratrice con la propria madre, che l'ha fatta nascere in un mondo dove è stato possibile l'orrore di Auschwitz. È un confronto con la fede degli avi, quella che la madre incarnava con forza, quella che è assurdamente, orribilmente diventata una colpa. È la partita sempre aperta tra la Storia e la vicenda di una sopravvissuta al cospetto della Storia. È la conversazione impossibile con il fratello Ödön, che non ha mai voluto parlare del proprio passato e della morte del padre, nei campi. È una resa dei conti che attraversa l'Europa: dall'Italia, dove vive la narratrice di Privato, alla Germania, ovvero il passato che non riesce a passare. Si spinge verso Israele, con il sogno di una nuova patria e un futuro che non può mantenere le promesse. E giunge fino in Brasile, rifugio per un lontano esilio.
In questo dialogo tra passato e presente emergono figure emblematiche. Non solo la madre, morta all'ingresso nel Lager, e il fratello Ödön, scomparso alla fine di una vita di emigrazione in Sudamerica, ma la sorella sopravvissuta, l'amico scrittore, i vicini di casa dell'infanzia, il marito italiano: testimoni ognuno della propria esperienza, compresenti nel confronto continuo con la memoria.
Edith Bruck, di origine ungherese, è nata in una povera, numerosa famiglia ebrea. Nel 1944, poco più che bambina, il suo primo viaggio la porta nel ghetto del capoluogo e di lì ad Auschwitz, Dachau, Bergen-Belsen… Sopravvissuta alle deportazione, dopo anni di pellegrinaggio, approda definitivamente in Italia, adottandone la lingua.
Nel 1959 esce il suo primo libro Chi ti ama così, un'autobiografia che ha per tappe l'infanzia in riva al Tibisco e la Germania dei Lager. Nel 1962 pubblica il volume di racconti Andremo in città, da cui il marito Nelo Risi trae l'omonimo film.
È autrice di poesia e di romanzi come Le sacre nozze (1969), Lettera alla madre (1988), Nuda proprietà (1993) e Lettera da Francoforte (2004). Nelle sue opere il più delle volte ha reso testimonianza dell'evento nero del XX secolo. Nella lunga carriera ha ricevuto diversi premi letterari ed è stata tradotta in più lingue.
Siviglia, 1755. È il giorno di Ognissanti. L'oscurità della cattedrale è scalfita dalla flebile luce che filtra dalle vetrate. Si sta celebrando la messa in onore dei defunti. D'un tratto il silenzio della preghiera viene spezzato dal suono impazzito delle campane della torre della Giralda. Un rumore assordante si impossessa della chiesa e tutto inizia a tremare. È uno dei terremoti più violenti che la città ricordi. Poi, dopo un momento che pare un'eternità, tutto si ferma. Doña Julia, proprietaria della stamperia più importante di Siviglia, riapre gli occhi: è rimasta illesa. Tra le grida della gente, trova la via d'uscita e fugge tra le braccia di León de Montenegro, l'affascinante apprendista che viene da Malta. Julia non ha più dubbi: lo sposerà, nonostante l'opposizione della famiglia. Ma unirsi a lui è molto pericoloso. León nasconde più di un segreto. L'uomo, che fa parte dell'antichissimo ordine cavalleresco degli Ospedalieri, è a Siviglia con una missione di vitale importanza: ritrovare un prezioso documento contenente la soluzione di un mistero che potrebbe sconvolgere l'intera città. Le carte, risalenti al tredicesimo secolo, stabiliscono le regole di una sfida a scacchi tra i sovrani cattolici e quelli musulmani, una sfida dimenticata ma ancora valida. Molti sono disposti versare sangue pur di ritrovarle. Perché, nonostante siano passati cinquecento anni dalla presa cattolica di Siviglia, gli equilibri tra Oriente e Occidente sono ancora molto fragili. Gli indizi sono disseminati ovunque, dai minareti della Terra Santa ai monasteri di Malta, fino agli arabeschi della Giralda e alle misteriose pietre della cattedrale di Siviglia. Sarà qui che si giocherà l'ultima decisiva partita, una battaglia senza esclusione di colpi in cui ogni minima mossa potrà segnare il destino di un popolo.
Un grande romanzo, che intreccia in maniera magistrale una trama piena di suspense e colpi di scena a una perfetta documentazione storica. Ha incantato e sorpreso i librai e i lettori spagnoli, e pochi giorni dopo la pubblicazione si è rivelato un enorme successo, diventando il bestseller della stagione. Nerea Riesco racconta una storia potente d'amore e d'avventura, sullo sfondo dello scontro tra la civiltà cristiana e quella musulmana, agli albori del pensiero moderno razionalista che cambiò il volto dell'intera Europa.
Quella di Waris Dirie è una testimonianza straordinaria. La sua vita, ricca di momenti dolorosi ma anche di grandi felicità e successi, insieme avventurosa ed esemplare, l'ha portata dai deserti africani all'esclusivo mondo delle top model.
È nata in un villaggio della Somalia, ma nessuno, nella sua famiglia di nomadi con dodici figli, annotò la data della sua nascita. Quando aveva più o meno cinque anni, suo padre decise che era giunto il tempo di infibularla: le pagine in cui Waris ricorda oggi quella mutilazione atroce sono assolutamente strazianti. Appena tredicenne suo padre la vendette per cinque cammelli a un uomo di sessant'anni. Waris non accettò quel destino, fuggì da una zia a Mogadiscio, e poi a Londra, nella residenza di uno zio ambasciatore, come cameriera, a lavorare 18 ore al giorno 7 giorni su 7. Sempre meglio di quello che l'aspettava in patria, pensava. Così, quando lo zio, concluso il suo mandato, fu richiamato in Somalia, decise di restare in Inghilterra. Sola, iniziò a guadagnarsi da vivere lavando i pavimenti da McDonald's. Analfabeta, si iscrisse a una scuola serale.
Finché un giorno un fotografo la convinse a posare. All'improvviso, come nelle favole, il suo destino cambiò. Iniziò una fortunatissima carriera di fotomodella che la portò sul Calendario Pirelli e nelle campagne pubblicitarie della Revlon. Ma nonostante il successo ottenuto Waris Dirie non ha mai dimenticato le sofferenze che ha patito, e quelle che hanno patito e patiscono milioni di donne in tutto il mondo. Con grande coraggio ha raccontato la propria storia, il suo segreto più intimo, in un'intervista da cui è iniziata la battaglia che sta combattendo ancora oggi con fortissimo impegno in difesa di tutte le donne che hanno vissuto e vivranno la sua esperienza. Oggi Waris Dirie è il portavoce ufficiale di Face to Face, la campagna dell'ONU contro le mutilazioni genitali femminili.