Vent'anni fa, un'estate in Riviera, una di quelle estati che segnano la vita per sempre. Elio ha diciassette anni, e per lui sono appena iniziate le vacanze nella splendida villa di famiglia nel Ponente ligure. Figlio di un professore universitario, musicista sensibile, decisamente colto per la sua età, il ragazzo aspetta come ogni anno "l'ospite dell'estate, l'ennesima scocciatura": uno studente in arrivo da New York per lavorare alla sua tesi di post dottorato. Ma Oliver, il giovane americano, conquista tutti con la sua bellezza e i modi disinvolti. Anche Elio ne è irretito. I due condividono, oltre alle origini ebraiche, molte passioni: discutono di film, libri, fanno passeggiate e corse in bici. E tra loro nasce un desiderio inesorabile quanto inatteso, vissuto fino in fondo, dalla sofferenza all'estasi. "Chiamami col tuo nome" è la storia di un paradiso scoperto e già perduto, una meditazione proustiana sul tempo e sul desiderio, una domanda che resta aperta finché Elio e Oliver si ritroveranno un giorno a confessare a se stessi che "questa cosa che quasi non fu mai ancora ci tenta".
Il mondo visto da un bambino (con tutto il suo stupore, le sue ingenue e profonde intuizioni) e narrato dalla penna di Prévert: in queste pagine in prosa il poeta francese racconta la propria infanzia. Gli affetti e le immagini della vita famigliare si alternano alle percezioni dell'ambiente esterno: la scoperta di Parigi, le vacanze in Bretagna, il cinema, i libri d'avventura, e un'occhiata stranita sulla società e sulla politica.
È il 1843. La sparizione improvvisa di due persone a distanza di tempo sconvolge la quiete di un paesino sperduto fra le montagne dell'Alto Delfinato. Il capitano Langlois, ex combattente e reduce della campagna d'Algeria, viene mandato a indagare. In breve tempo scopre i cadaveri degli scomparsi e si mette sulle tracce dell'assassino. Ma è qui che comincia il vero "giallo", il mistero che troverà soluzione soltanto nelle ultime righe del romanzo. Ed è qui che le parti si rovesciano, e oggetto dell'indagine diventa lo stesso Langlois: perché si ostina a ripetere che quell'uomo - l'assassino - non è un mostro? Come ha fatto, prima ancora di arrivare a incastrarlo, a comprenderlo così a fondo? In quella vicenda lontana, in quella storia di sangue che poteva sembrare destinata a offrire soltanto qualche ora di "distrazione" a dei comuni, normali lettori, c'è qualcosa che ci tocca, che ci coinvolge profondamente. È questo il punto, il senso dell'indagine: quanto è grande la distanza che separa l'essere normale dal mostro? Introduzione di Pietro Citati.
Mila, giovanissima militante nella Resistenza francese, viene deportata a Ravensbrück nell'aprile del 1944 insieme ad altre quattrocento donne. Non ha mai avuto alcuna aspirazione all'eroismo: se ha deciso di aiutare suo fratello e gli altri militanti parigini l'ha fatto per senso del dovere, con la semplicità dei suoi vent'anni. Come le altre prigioniere politiche, prova sollievo nell'apprendere che non sarà fucilata. Non sa nulla del viaggio che l'aspetta, non ha mai sentito nominare Ravensbrück. Del campo di concentramento ignora tutto, anche le parole per nominare le cose, le azioni, le regole che bisogna imparare per sopravvivere. E per raccontare alle altre donne il segreto che avrà un ruolo decisivo nel suo destino. Grazie alla solidarietà delle compagne e a una tenacia incrollabile, Mila riuscirà a scorgere un barlume di luce rappresentato dalla presenza, nel campo, di una Kinderzimmer, una camera per i neonati: un luogo paradossale di vita in un paesaggio di disperazione. Giorno dopo giorno, nella durezza di un autunno e di un inverno infiniti, Mila si aggrappa con tutte le forze a quella luce, per se stessa e per il bambino che porta in grembo.
Le ricerche d’archivio di una giovane storica ci catapultano, all’inizio del romanzo, in un piccolo borgo ebreo nella Polonia ottocentesca, Podhoretz, dove Haim Yaacov, ciabattino e violinista, riceve la visita del profeta Elia e diventa rabbino della comunità, osannato da tutti e in grado con il suono del suo violino di guarire gli animi e i malati. Un secolo dopo, i nazisti invadono il paese e solo uno dei discendenti del famoso rabbino violinista riesce a salvarsi, rifugiandosi nel ghetto di Varsavia, dove però viene catturato e deportato ad Auschwitz. Quello che si salva dall’orrore anni dopo è un uomo distrutto, uno scrittore apolide, incapace di superare l’angoscia del sopravvissuto, fino all’incontro con una donna che con il suo amore lo riporterà alla vita.
Intensa saga famigliare, venata di sense of humour e narrata nei toni poetici, lievi e surreali di un racconto chassidico, La stella del mattino è anche un canto funebre per chi non l’ha avuto, fucilato sul ciglio di una fossa comune, ucciso dal tifo o asfissiato nelle camere a gas.
Di ritorno dall'Unione Sovietica nel 1936, Celine pubblica il primo dei suoi scottanti e sbalorditivi pamphlet politici: "Mea culpa". Il testo, che qui viene proposto nella traduzione e con una introduzione di Giovanni Raboni, non è solo l'appassionato e disperato atto d'accusa contro gli spaventosi limiti della natura umana, ma anche una preziosa testimonianza che permette di cogliere le illuminazioni di una spregiudicata profezia. In appendice al volume sono raccolti due testi che documentano da un lato la storia della ricezione di Mea culpa in Russia e rivelano dall'altro il rapporto di Celine con autorevoli esponenti francesi della "letteratura impegnata".
Nella Parigi scossa dalla Prima Guerra Mondiale, un sedicenne altoborghese ha un'intensa relazione sentimentale con un popolano chiamato al fronte. La passione erotica divampa al pari di quella letteraria, che porterà il giovane a incontrare nei salotti esclusivi della città il suo idolo, lo scrittore consacrato Marcel Proust. Con lui avvia un rapporto di amicizia piena di soggezione e di rispetto, ma anche di slanci affettivi, che si trasforma in una vera e propria educazione letteraria. Il racconto di due iniziazioni, sottilmente intrecciate, fino al momento in cui la morte del soldato spezza il legame amoroso e provoca uno sviluppo imprevedibilmente drammatico, che si arresta in modo brusco davanti a una scoperta sconvolgente.
Nella campagna provenzale di fine Ottocento i Jason si occupano da almeno due generazioni di commercio di muli. Dopo una serie di vicissitudini saranno il primogenito Marceau e il cadetto Ange a portare avanti l'attività. Tanto Marceau è una forza della natura, quanto Ange, biondo e di una bellezza disarmante, è minuto e fragile. Ange vive in una sorta di adorazione per Marceau, sempre in attesa di un suo sguardo. Il suo più grande dispiacere è che il primogenito non gli presti attenzione. Marceau in realtà non ha attenzioni che per lui e il cadetto non si cura d'altro che di scovare i modi che fanno posare su di lui lo sguardo grigio, trasognato e tenero del fratello.
Non c'è nessuna incompatibilità tra il mestiere di intellettuale e quello di madre. Pagina dopo pagina, l'autrice ci introduce alla scoperta dell'universo della maternità, consegnandoci un diario intimo, divertente, dolce e profondo in cui si alternano momenti di gioia, di rabbia, di amore e di sofferenza.
In fuga da Torino, dopo aver ucciso una spia austriaca, il giovane ufficiale degli ussari Angelo Pardi sconfina in Francia, dove si imbatte in una serie di intrighi. Il suo fascino magnetico e la sua natura avventurosa suscitano interesse e passione; la sua indole lo porta ad attraversare la vita con inconsapevole spavalderia, a passare da un'avventura ad un'altra con insolente ardore. Finché appare nella sua vita la moglie del marchese de Théus, capace di fronteggiarlo con dolcezza e intelligenza. Ma neanche l'amore potrà trattenere il giovane, rapito ben presto da nuove vicende che verranno raccontate ne "L'ussaro sul tetto", di cui "Angelo" è il capitolo precedente.
Un biografo francese, alla ricerca di dati per la "Vita" di un importante scrittore, scopre negli archivi di Parigi un'enorme quantità di lettere di delazione contro gli ebrei scritte dai francesi durante l'occupazione nazista. E, scoperta ancor più sconcertante, una di queste lettere riguarda una famiglia di suoi amici ebrei, in gran parte deportata; la delatrice, ancora viva, era una loro stretta conoscente, anzi una assidua cliente. Dopo lo shock e l'indignazione, la decisione di capire. Il protagonista comincia a braccare la donna, ormai vecchia; e inizia così una vera e propria indagine, piena di tensione e dall'esito inaspettato.
Una donna attende il ritorno dal lavoro del marito. L'uomo arriva e, come ogni sera, si accorge che la moglie non ha preso il pane. Scende a comprarne e da quel momento inizia per la donna (io narrante del romanzo) un'attesa che si protrae per alcuni giorni. E in quest'attesa viene assalita da ricordi, rimpianti, rimorsi, fantasmi: tutto il reale le si sfalda attorno, vede nascere ombre, addensarsi colonne d'aria; assiste al materializzarsi di cose e persone (tra cui il marito stesso) e alla scomparsa di altre, sino a quando il marito "ricompare" sul davanzale della finestra.