Nell'anno di Expo 2015, la quinta edizione del rapporto di Caritas Italiana, "Famiglia Cristiana" e "Il Regno" sui conflitti dimenticati nel mondo si focalizza sul legame tra guerra e problema alimentare. Gli interrogativi di fondo sono due: in che misura la guerra può essere determinata da fattori legati alla produzione, distribuzione e consumo del bene alimentare? Che tipo di conseguenze sono prodotte dai conflitti in riferimento alla malnutrizione e alla cattiva distribuzione delle risorse alimentari? Il testo è diviso in tre parti. La prima parte fornisce al lettore le principali coordinate culturali e scientifiche sui fenomeni di guerra e sul rapporto tra guerra e cibo. La seconda parte riporta i risultati di due indagini sul campo: una ricerca relativa alla presenza delle persone in fuga dalla guerra nel circuito di accoglienza Caritas e un'altra indagine sulla diffusione dei video di guerra e terrore sulla Rete. La terza e ultima parte presenta alcune proposte e linee di intervento sul tema del conflitto e del problema alimentare, rivolte ai principali attori, pubblici e privati. Alla stesura del rapporto hanno contribuito studiosi ed esperti del mondo accademico, del volontariato, della Chiesa e del privato sociale internazionale.
Questo Rapporto sulla lotta alla povertà, realizzato dalla Fondazione "Emanuela Zancan", intende analizzare gli interventi e le politiche di contrasto alla povertà, per definire meglio utilità, effetti, costi, benefici e sprechi di un'attività essenziale in uno Stato sociale di diritto. La crisi, con le sue pesanti ricadute sociali, obbliga a un ripensamento e a un salto di qualità della lotta alla povertà in un sistema di welfare che deve diventare capace di generare le proprie risorse, sia economiche che di di personale. Un welfare generativo, quindi, che che deve responsabilizzare e responsabilizzarsi, sulla base di un diverso incontro tra diritti e doveri, rispetto ad azioni ed esiti, passando dalla logica del costo a quella dell'investimento e privilegiando l'efficacia.
Quarta tappa di un percorso di ricerca sui conflitti dimenticati, avviato da Caritas Italiana nel 2001, questo volume approfondisce il ruolo centrale della dimensione economico-finanziaria nel determinare situazioni di tensione politica e di conflittualità armata, sia nell'ambito dello scacchiere internazionale sia all'interno dei singoli stati. Il volume fornisce una mappatura aggiornata dei conflitti presenti nel mondo, concentrandosi in particolare su alcuni casi studio: Libia, Somalia, Afghanistan, Filippine, Colombia. Il terrorismo internazionale, lo scontro di civiltà, i disastri ambientali, il tema delle risorse energetiche, le molte situazioni di conflitto armato si configurano come "emergenze umanitarie complesse". Ma cosa sappiamo davvero di queste "guerre lontane"? Cosa pensano e come sono informati gli italiani delle guerre nel mondo? Quanto spazio riservano i media a questi temi? E soprattutto, cosa possiamo fare, e come? Delineando in queste pagine una serie di prospettive di lavoro e di impegno in ambito ecclesiale e civile, Caritas si conferma non solo osservatore attento delle grandi emergenze mondiali, ma anche attore impegnato in prima persona nella ricerca di una soluzione ai disagi e ai conflitti che sono da queste generati.
Sia gli apologeti che i detrattori della globalizzazione hanno un'idea eccessivamente monolitica del fenomeno e non ne colgono le dinamiche complesse che possono avere esiti positivi o negativi a seconda di come sono governate. In questo volume uno dei più noti ed apprezzati studiosi del settore esamina le diverse sfere - dell'economia, della politica, del diritto e della sicurezza collettiva - che sono state intaccate dal cambiamento globale per delineare un'agenda democratica delle cose da fare. David Held insegna Scienza della politica alla London School of Economics and Political Science.
Donatella Della Porta, studiosa dell'azione collettiva, illustra le principali caratteristiche del movimento no-global. Il volume analizza le sue origini, le varie strategie di contestazione, l'organizzazione a rete, le interazioni con governo e polizia, ma anche con la sinistra istituzionale. Infine, mette in luce come il movimento, lungi dal rappresentare una reazione puramente negativa ai processi di cambiamento, intreccia, nella rivendicazione di una "globalizzazione dei diritti", domande di giustizia sociale.
Il termine "globalizzazione" si spreca ormai nei giornali e alla TV, nei discorsi dei politici, nelle analisi più fini come pure nella vulgata più superficiale. E tuttavia è da qui che Giddens trae spunto per offrire una lettura originale delle trasformazioni in atto nella nostra esistenza, che mette in relazione il macro con il micro, la dimensione economica e politica con la vita intima dei singoli. Nazione, famiglia, lavoro, natura e tradizione non sono più quello che erano un tempo. Il nuovo mondo ha bisogno di più governo e di una nuova decisionalità, che sappia trasferire dal privato al politico quella che Giddens chiama "democrazia delle emozioni".