A esplorare l'intreccio incandescente fra religione e violenza ci conduce in queste pagine una guida d'eccezione. Ecco le guerre di Dio, la violenza che reca il marchio sacrale: presente in molti luoghi dell'Antico Testamento, dal conflitto fra tribù alla guerra santa, quasi scompare nei Vangeli, alla luce del dirompente messaggio di Cristo. Poi è la volta del fondamentalismo, «la lettera che uccide», un fenomeno che oggi riguarda soprattutto l'islam, ma che si inscrive anche nella tradizione ebraico-cristiana. Infine, tocchiamo il tema, vivo e lacerante ai nostri giorni, del rapporto con lo straniero: un incontro che può generare esclusione e rigetto, come emerge in vari passi biblici nazionalistici o etnocentrici, ma che può diventare anche dialogo, aprendosi all'universalismo della salvezza e all'uguaglianza di tutti gli esseri umani.
In che modo gli antichi Greci si immaginavano l'aldilà? In una religione senza dogma come quella greca antica, molteplici risposte sono possibili. La prima parte del libro è un'introduzione generale al mondo dei morti in Grecia che affrontando temi quali l'aspetto esteriore del defunto, il cibo che gli è destinato, lo spazio che gli è riservato, consente di capire come i Greci costruivano l'identità del morto. La seconda parte analizza un gruppo di racconti mitici che riguardano gli individui puniti per sempre nell'aldilà: alcuni celebri (Sisifo, Tantalo e le Danaidi), altri meno conosciuti, come il povero Ocno, costretto a intrecciare una corda eternamente divorata da un'asina che si trova alle sue spalle, o come coloro che non sono stati iniziati ai misteri di Eleusi, immersi per sempre nell'immenso lago di fango degli inferi. Rievocando le loro storie, il volume illustra un aspetto poco conosciuto dell'aldilà greco antico.
I giorni dell’idillio fra le religioni e i diritti umani sembrano finiti: i dibattiti interni alle stesse religioni, attraversate da identità e sensibilità diverse, anche radicali, così come le implicazioni ideologiche e geopolitiche che connotano l’impatto pubblico delle fedi, nonché il ruolo non secondario delle migrazioni che sfidano le categorie del multiculturalismo, hanno causato, in questi anni, una moltiplicazione di ricorsi davanti alle Corti nazionali e sovranazionali caratterizzati da una inedita tensione fra i diritti umani e le ragioni di chi crede. Ma perché è così frequente che le religioni ricorrano ai giudici per affermare la propria idea di diritti umani? E in quale modo la dottrina dei diritti umani potrebbe favorire un dialogo con la «verità» delle religioni? Questo libro è un tentativo di ripensare l’interazione fra religione e diritti umani: dall’analisi di alcuni casi giudiziari che hanno coinvolto le tre religioni globali e dalla ricostruzione dell’essenza giuridica dei diritti umani, affiora la complessità di questo rapporto, fra dimensione privata e ruolo pubblico della fede, secolarizzazione e confessionalità, giudici e organizzazioni non governative. Ne deriva che i diritti umani non dovrebbero essere solo una creazione del diritto, interna al diritto, e immutabile, ma uno strumento in continua evoluzione, alla ricerca di una protezione sempre più universale della dignità dell’uomo.
Christopher McCrudden insegna Human Rights and Equality Law alla Queen’s University Belfast ed è William W. Cook Global Law Professor alla Michigan Law School. Fino al 2011 è stato Fellow al Lincoln College dell’Università di Oxford, dove ha insegnato Human Rights Law. È anche Fellow della British Academy e, dal 2018, della Royal Irish Academy. Membro dei comitati editoriali di prestigiose riviste accademiche come l’«Oxford Journal of Legal Studies», è membro della rete di esperti presso la Commissione dell’Unione europea per l’applicazione delle direttive in materia di uguaglianza di genere. È anche barrister presso le Blackstone Chambers di Londra e autore di decine di pubblicazioni, fra cui «Buying Social Justice» (2007) e «Understanding Human Dignity» (2013).
Nella straordinaria varietà di miti, simboli, forme, riti e valori in cui nelle diverse culture storiche trova espressione il sentimento religioso, il nucleo fondamentale è sempre lo stesso: il rapporto dell'uomo con il cosmo e con le sue forze potenti, misteriose e ingovernabili. Che si tratti di aborigeni, di nativi americani, di sumeri, cinesi, di cultura hindu, o di antichi greci, del credo mazdeo, di ebraismo, cristianesimo o islam, la visione religiosa del mondo garantisce ai credenti un punto di vista unitario sulla realtà, una bussola per orientarsi tra il bene e il male. Mentre alcune visioni hanno al loro centro il problema del rapporto con una natura selvaggia e minacciosa, altre insegnano all'uomo a vivere in armonia con il cosmo che lo circonda, lo ha creato e lo nutre. In altre ancora, ordinatrice del cosmo è una figura di sovrano divinamente ispirato. Tra VIII e VII secolo a.C. si fa strada una visione religiosa nuova: il monoteismo. Il divino non si manifesta più nella natura, non ha tratti antropomorfi, ma trascende radicalmente l'uomo. Con il Cristianesimo la concezione del Dio incarnato opera una svolta antropologica destinata a segnare la storia del pensiero occidentale. È di tutto questo che parla il libro: dell'eterno, inesausto bisogno umano di realizzare la pienezza dell'essere attraverso il sacro.
La Corte Suprema degli Stati Uniti e la Corte europea dei diritti dell’uomo rivestono un ruolo centrale nella protezione dei diritti fondamentali negli Stati Uniti e in Europa. Lo svolgimento di tale delicata funzione espone talvolta a critiche entrambe le Corti e le pone al centro di un vivo dibattito relativo alla natura e ai limiti del ruolo contro-maggioritario del potere giudiziario. Il volume approfondisce l’impatto delle due Corti nello sviluppo della giurisprudenza sulla libertà religiosa e sui conflitti di valori, oltre ad esaminare casi «sensibili» riguardanti l’aborto, il matrimonio di coppie dello stesso sesso, il fine vita.
Ekhnaton e Mosè: due figure a cui si ricollegano l'abolizione del politeismo e l'introduzione del monoteismo - una svolta non solo nel credo religioso ma nel generale orientamento intellettuale dell'umanità, che cambiò il mondo antico e diede origine al mondo in cui ancora viviamo. Ne reca testimonianza la storia dell'Esodo. Il mito fondativo di Israele, attraverso il lavoro della memoria culturale, è divenuto un archetipo, evocato da ogni fondatore di movimento religioso, da ogni utopista o rivoluzionario, persino nell'Illuminismo, sempre in nome di un ricominciamento catartico che giustificherà anche l'uso della violenza. Ma il passaggio dal credere in molti dèi al credere in un unico dio non sarà netto, e del politeismo sopravviveranno a lungo tracce nella cultura, nella letteratura e nella musica, specialmente là dove esprimono attrazione per l'esoterico.
Gli attentati a sfondo religioso che con macabra cadenza irrompono nella nostra quotidianità ci obbligano a riflettere sul rapporto tra la cultura occidentale e le altre culture, sui differenti modi di pensare non solo la relazione tra stato e religioni, ma anche quella tra democrazia e autoritarismo. Oggi però le categorie e i valori della laicità e della secolarizzazione sembrano strumenti ormai insufficienti ad arginare le forme di integralismo da cui il conflitto religioso trae origine.
In un'epoca in cui la religione è tornata a influire fortemente sulle scelte morali e politiche, è possibile pensare a un sentimento religioso staccato dalla fede in questo o quel dio? Diversamente da quanto predicano fedeli dottrinari e atei zelanti, siamo tutti credenti, se credere significa coltivare l'ansia e la meraviglia della scoperta. Per Dworkin, come per Einstein, nella religione si esprime infatti il senso del mistero, del bello e del sublime che ci pervade di fronte all'universo. Né riscossa dogmatica né intransigenza razionalistica: ciò che queste pagine contengono è un'idea di divino come dimensione della ricerca umana, e come senso di infinito che trae nutrimento dalla conoscenza. Presentazione di Salvatore Veca.
Atei, non credenti, increduli: è la rappresentazione che sempre più spesso viene data delle nuove generazioni. In effetti la negazione di Dio e l'indifferenza religiosa tra i giovani sta crescendo sensibilmente, anche per il diffondersi di un "ateismo pratico" tra quanti mantengono un legame labile con il cattolicesimo. Tuttavia, la domanda di senso è vivace. Per molti il sentimento religioso si esprime nella propria interiorità personale, passando da una dimensione verticale (lo sguardo alla trascendenza) ad una orizzontale (la ricerca dell'armonia personale). Tenendo presente questo profondo mutamento, il volume mette in luce il "nuovo che avanza" a livello religioso.
Ha formato e condizionato religioni universali come il cristianesimo e l'islam, ha rappresentato la chiave di volta dell'immaginario, della cultura, della cosmologia, dei riti, del dogma, della politica: il concetto di Dio è una linea divisiva fondamentale nella storia dell'umanità. Dal Dio di Abramo a quello dei filosofi, l'autore affronta i temi classici e sempre stringenti del dibattito religioso, come il problema teologico ed etico del male nel mondo, le variazioni che l'idea del divino conosce nelle differenti tradizioni religiose, la sua negazione radicale da parte dell'ateismo, le sfide attuali rappresentate dal pluralismo religioso e dai progressi della scienza.
Per alcuni il processo di "cattolicizzazione" degli Stati Uniti d'America risale all'epoca di Reagan, per altri a George W. Bush: quel che è certo è che la tendenza alla sovrarappresentazione dei cattolici in seno alla classe dirigente politica americana è diventata evidente durante l'era Obama. Sotto la sua amministrazione più di un terzo dei ministri, il vicepresidente, il capo dello staff, il consigliere sulla sicurezza nazionale, quelli della sicurezza interna, il direttore della CIA, direttore e vicedirettore dell'FBI, il capo di stato maggiore e altri capi dell'esercito saranno stati di religione cattolica. Il libro fa luce in modo chiaro e informato sulla straordinaria crescita dell'influenza della Chiesa nella vita politica americana e sulle sue implicazioni. Presentazione di Sergio Romano.
Parigi, 7 gennaio 2015. Due estremisti islamici con passaporto francese fanno irruzione nella redazione di "Charlie Hebdo", uccidendone i più noti vignettisti al grido di "Allahu Akbar". L'azione ha lo scopo di vendicare il vilipendio della religione che la rivista avrebbe sistematicamente praticato, pubblicando vignette offensive della dignità dell'IsIam e del profeta Maometto. Seguono, a breve distanza, l'omicidio di Montrouge e l'assalto all'Hypercacher di Porte de Vincennes. Il mondo occidentale si indigna, ma si pone anche molti interrogativi sulla libertà di espressione, sul diritto di satira, sulla blasfemia. Le vignette di Charlie erano blasfeme? Cosa vuole dire "blasfemia"? E il diritto di non essere offesi non è in contrasto con la pienezza di una democrazia basata sulla libera discussione? Partendo dalla convinzione che il sapere e lo specialismo possano e debbano contribuire a affrontare problemi di portata così ampia, e con una ricaduta così importante sulla discussione pubblica, il volume mette a disposizione le riflessioni di importanti studiosi sui delitti di Parigi e sulle reazioni che hanno suscitato.