In questo libro, pubblicato nel 1921, Carl Schmitt mette a punto l'aspetto decisionistico del suo pensiero affrontando il nesso fra politica e diritto, fra eccezione e norma. La dittatura è infatti un istituto giuridico che mostra apertamente la sua origine politica, tanto come dittatura commissaria, in cui il dittatore ha come obiettivo la difesa extralegale di un ordinamento minacciato, quanto come dittatura sovrana, in cui il dittatore costruisce un ordine nuovo sulle macerie di un ordine distrutto. In questa seconda accezione, che equivale al potere costituente, si rivela il cuore del decisionismo. Muovendo dall'analisi della prassi dei commissari governativi fino al Settecento e della dittatura di Cromwell e del giacobinismo, Schmitt giunge a trattare il celebre articolo 48 della Costituzione di Weimar sullo stato d'emergenza, per accostarsi infine alla rivoluzione russa guidata da Lenin come a una dittatura sovrana. La presentazione di Carlo Galli contestualizza l'opera nella produzione dell'autore, mostrandone anche i tratti di tenace contemporaneità.
Come è nato l'italiano, e attraverso quali strade ha raggiunto la sua attuale fisionomia? Il volume offre una risposta sintetica ma esauriente a queste e a molte altre domande. Le vicende fonetiche, morfologiche e sintattiche che dal latino hanno portato all'italiano e ad altri volgari d'area italiana (milanese, veneziano, romanesco, napoletano, siciliano) sono presentate, nei loro aspetti essenziali, in una ricostruzione in cui nulla viene dato per già noto, neppure la conoscenza del latino. Questa edizione è arricchita da un'introduzione di Luca Serianni sullo statuto della disciplina e dal puntuale commento linguistico di tre documenti antichi: l'Indovinello veronese, il Graffito della catacomba di Commodilla e il Placito di Capua.
Missione Terra: un viaggio straordinario alla scoperta di nuove specie È tempo di innamorarci del nostro pianeta, riscoprendone la meraviglia e l'inesauribile varietà. È tempo di partire per un viaggio incomparabile, alla volta di luoghi di inimmaginabile ricchezza: dalla Papua Nuova Guinea al Borneo, dall'Himalaya al Mekong, dallo Sri Lanka al Madagascar, fino alle montagne della Tanzania. Pagina dopo pagina incontreremo una collezione infinita di specie che abitano il nostro pianeta, ma che rischiamo di perdere prima ancora di esser riusciti a conoscerle. Ed ecco una collezione altrettanto infinita di ragioni per impegnarci a preservare questa diversità, perché altri dopo di noi possano continuare a godere di questo portentoso spettacolo della vita, che va ben oltre le più audaci fantasie umane.
Società intelligente o stupidità di massa? Che forma prenderà il mondo che ci aspetta? Davanti a noi una scelta di civiltà. Dopo la pandemia, la guerra in Europa. I due ultimi shock globali dovrebbero convincerci che la stagione della globalizzazione sta definitivamente tramontando. Siamo ormai oltre la modernità liquida, costretti ad affrontare gli esiti di un virus che non si lascia debellare e allo stesso tempo spinti a ripensare il futuro, nel quadro del paradigma tecnico-scientifico e del delicato processo di costruzione di un nuovo ordine mondiale. L'epoca nuova - quella della supersocietà - è caratterizzata da una vita individuale e collettiva sempre più dipendente dalla tecnologia, dall'intreccio inestricabile tra azione umana ed ecosistema, e dal rapporto sempre più stretto tra soggettività - nelle sue componenti anche psichiche e biologiche - e organizzazione sociale. E domani? Dove ci condurranno sostenibilità e digitalizzazione, i due grandi protagonisti della nostra quotidianità? Verso un mondo distopico, centralizzato e burocratizzato, o verso la società dell'intelligenza diffusa dove la libertà potrà ancora essere l'elemento cardine per tenere insieme sviluppo economico e democrazia?
Ecco, tu ami la verità, perché chi fa la verità viene alla luce. Io la farò nel mio cuore davanti a te in questa confessione: e anche su queste pagine però, davanti a molti testimoni. Del resto che segreti avrei per te, Signore, che coi tuoi occhi denudi l'abisso della coscienza umana, anche se non volessi confessarmi a te? Siamo nel libro decimo, quasi alla fine delle «Confessioni», e Agostino si domanda (un po' tardi) se valga la pena di raccontare la propria vita a un Onnisciente. Per sua e nostra fortuna conclude che sì, ne vale la pena, e propone delle idee che hanno ancora moltissimo da insegnarci. Prendendo molto sul serio il ruolo del nano sulle spalle di un gigante, Ferraris rilegge Agostino incrociandolo con Strawson e Churchill, la «Critica della ragione pura» e «Histoire d'O», Simondon e Simenon, ed elabora una teoria della verità rispettosa della scienza, ma capace di restituire alla storia, alla letteratura e alla tecnica i loro buoni diritti in materia. Il testo agostiniano alla fine del volume accresce il gusto della lettura.
Radio, TV, smartphone, social: come faremmo oggi a stare senza? Da quando le giornate delle persone trascorrono perlopiù online, i media sono diventati cruciali per molti aspetti del nostro modo di vivere. Ma quale potere finiamo così per consegnare alle multinazionali delle piattaforme e ai governi? Illustrando cinque modalità con cui i media agiscono nel mondo (connettere, rappresentare, immaginare, condividere e governare), Nick Couldry dimostra che la comprensione di queste dinamiche è imprescindibile nell'era digitale, un tempo in cui i destini delle realtà politiche e dell'ambiente sociale sembrano dipendere da come comunichiamo.
A chi si interroga sull'identità dell'Occidente, Augusto Barbera risponde con una parola del costituzionalismo liberaldemocratico: laicità. Non solo una importante categoria giuridica, ma anche un metodo di convivenza capace di far dialogare tra loro fedi e dottrine contrapposte. Dopo aver descritto i tormentati percorsi storici e i diversi «volti» della laicità, l'autore giunge alle sfide che rischiano di metterla in discussione: dalla aggressione russa all'Ucraina, «benedetta» dai vertici della Chiesa ortodossa, alle violente repressioni del regime teocratico in Iran; dal moltiplicarsi degli atti di persecuzione nei confronti di minoranze religiose al contrapporsi di opposti fondamentalismi e reciproci anatemi di fronte all'espansione dei diritti civili. Spinti sempre più dall'avanzare del progresso tecnico-scientifico, proprio i diritti pongono persone e ordinamenti di fronte a nuovi paradigmi e inesplorati confini.
Un libro inconsueto e potente, un incontro con figure femminili fuori dal comune. Una storia che non può mai finire. Rien que la femme. Donne-dee, sacerdotesse, mistiche; guaritrici, veggenti, donne fatate e donne fatali; figlie del Sole e della Luna, e infine una bambina di Nazareth che diventa la Vergine Madre di Dio. Che cosa si cela dietro queste figure femminili umane e divine, sospese tra mito e storia, passato e futuro, Oriente e Occidente? Hanno provato a spiegarcelo in tanti, da Omero a Ovidio, da Dante a Goethe a Freud. Il mistero, scaturito da una grotta preistorica e da una figurina di pietra dai grossi seni alta pochi centimetri, arriva a madre Teresa di Calcutta e alle «divine» del Novecento, di cui forse Greta Garbo ed Evita Perón rappresentano il fascino che sfiora i limiti dell'umano. È tempo di andare al cuore di questo grande archetipo, che nella cultura moderna continua a conservare i tratti che gli hanno prestato Botticelli e Raffaello. In queste pagine le donne parlano con Dio, con i demoni, con i morti. Il Sacro femminile come pietra di inciampo che segna tutta la nostra storia.
La Dc fu davvero il «partito della nazione»? Per tanti versi sì, a patto di non congelarla nell'immagine del grande agglomerato che tutto macinava e tutto cercava di omogeneizzare. Fu anche questo, certo, specie nella parte finale della sua vicenda. Ma fu prima di tutto un partito dalle anime plurali che perseguì la ricostruzione democratica e costituzionale del paese, proiettandolo in un inedito orizzonte europeo. A trent'anni dalla sua scomparsa, la definizione del ruolo della Dc nella storia d'Italia oscilla ancora tra la demonizzazione e il rimpianto, senza assestarsi in una equilibrata storicizzazione. A partire dalla nuova disponibilità di numerosi archivi privati e pubblici, questo libro prova, per la prima volta, a tracciarne la storia: dalle origini alla parabola finale. Quella che si apre davanti agli occhi del lettore è una storia dell'Italia attraverso le vicende di un partito che è stato tra il 1943 e il 1993 il perno principale del governo del paese e ne ha modellato la vita politica e culturale.
Le indipetae (da Indias petentes) sono le lettere che i gesuiti europei inviavano al loro Superiore Generale per chiedere di partire per le missioni d'oltremare, le «Indie». Conservate negli archivi della Compagnia di Gesù, sono oltre 24.000, scritte tra il 1560 e il 1960, e sono nello stesso tempo lettere amministrative e spirituali, pubbliche e private. I giovani gesuiti cercavano di convincere il Superiore che Dio li aveva chiamati due volte: prima ad abbandonare il mondo, per entrare nell'ordine, e poi a lasciare le loro città e attraversare l'oceano, per dedicarsi alle missioni nelle terre lontane. A partire da queste lettere Emanuele Colombo compone una storia globale della vocazione, delle suggestioni culturali che l'hanno sorretta, dei sogni e dell'immaginario che l'hanno alimentata. Il libro si conclude nel Novecento quando, dopo quattrocento anni, la consuetudine di scrivere indipetae cominciò a declinare.
Gli Stati non sono mai i primi a chiedere nuovi diritti. Sono costretti ad accettarli quando essi sono diventati patrimonio di gran parte della società, che chiede o pretende, con gli strumenti a disposizione, di adeguarsi a questi ripetuti passi - a volte grandi a volte piccoli - verso una modernità che coincide con più libertà, più uguaglianza, più solidarietà Sono trascorsi ormai 75 anni dal 10 dicembre 1948, giorno in cui l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclamava a Parigi la Dichiarazione universale dei diritti umani. Per la prima volta si sancivano i diritti e le libertà che spettano a tutti gli esseri umani. Si trattava del punto di arrivo di un lungo percorso iniziato nel Settecento ma anche del punto di partenza di una sensibilità umanitaria in crescita. In questa nuova edizione aggiornata, dopo averne rintracciato le premesse nelle epoche precedenti, Marcello Flores ripercorre l'intera storia dei diritti umani, dall'Illuminismo a oggi: una storia non solo di teorie filosofiche, politiche e giuridiche, ma anche di organizzazioni, associazioni, battaglie, campagne, istituzioni, e persone come Cesare Beccaria ed Eleanor Roosevelt. Le conclusioni fanno il punto sui problemi attuali tra espansione e riduzione dei diritti umani.
A partire dalle opere di Omero, Esiodo, Erodoto, Callimaco, il libro rintraccia nella cultura greca la costante di un'opposizione tra Altro e Identico, civiltà e selvatichezza, ideale apollineo e frenesia dionisiaca. Una eterna oscillazione a cui presiedono tre divinità: Dioniso, Artemide e Medusa. Dioniso, dio del teatro, porta nel quotidiano l'ebbrezza e il delirio; Artemide, dea della caccia e delle zone di confine tra umano e ferino, tra adolescenza ed età adulta, assolve una funzione di mediatrice nella sua veste di dea dell'ospitalità. Medusa infine, con la sua maschera orrida e grottesca, è figura del disordine cosmico, dell'indicibile. Un classico degli studi sulla mitologia greca, che viene qui introdotto dalle belle pagine di Silvia Romani.