Crisi finanziarie, riscaldamento globale, razzismo, criminalità e terrorismo. Guerre. Come si può essere ottimisti oggi? Eppure ci sono almeno centocinquantatré buone ragioni per esserlo.
John Brockman, l’editore dell’influente forum scientifico The Edge, ha chiesto a illustri fisici e biologi, scrittori, filosofi e artisti di rispondere a una domanda semplice e immediata: «Su cosa sei ottimista e perché?». Soffermandosi sui temi più svariati – l’educazione, la medicina, la psicologia, l’astronomia e persino la fine del mondo – 153 ragioni per essere ottimisti è un caleidoscopio di riflessioni sulla natura umana e sulla sua capacità di cambiare e migliorarsi.
Brian Greene, Jared Diamond, Richard Dawkins, Gino Segrè, Lisa Randall e tanti altri rispondono alla provocatoria domanda di Brockman e illustrano la loro visione ottimistica del mondo. Idee illuminanti scuotono il nichilismo che soffoca i nostri giorni e offrono nuove prospettive alla percezione del futuro dell’umanità.
Allarme! Sono i tempi della «grande penuria » energetica! Il petrolio sta per finire. Come sarà la vita senza petrolio? Che cosa rimpiazzerà l’oro nero nei paesi che, come l’Italia, dipendono quasi totalmente dagli idrocarburi?
Serge Enderlin ha attraversato il pianeta – dai campi di mais dell’Iowa alla Cina continentale, passando per il Canada, l’Europa e il Golfo Persico – alla scoperta delle possibili alternative eco-friendly all’uso del petrolio. Ha intervistato produttori di energia in ogni settore, ha registrato i dati più recenti, ha descritto gli effetti collaterali sull’ambiente, ha posto le domande più fastidiose: davvero conviene produrre etanolo dal mais? Esistono i giacimenti fantasma del Polo Nord? Ha senso investire nel nucleare? E perché proprio gli Emirati Arabi sono al primo posto nella ricerca di energia alternativa al petrolio?
Black Out è un reportage che, con precisio - ne e tagliente ironia, frantuma miti e mirag - gi sul futuro dell’energia e mostra i profondi – spesso decisivi – condizionamenti degli interessi politici e delle lobby economiche.
In cerca di petrolio e materie prime per nutrire un'espansione inarrestabile, Pechino si è lanciata alla conquista dell'Africa, che attendeva da troppo tempo una rinascita postcoloniale. E per i cinquecentomila cinesi che vi si sono riversati il continente nero è la promessa di un Far West del ventunesimo secolo. Alcuni hanno già fatto fortuna, altri vendono ancora paccottiglia ai bordi delle strade infuocate dei paesi più poveri del mondo. Per gli africani è forse l'evento più importante dei loro quarant'anni d'indipendenza. I cinesi non assomigliano agli ex coloni. Seducono i popoli perché costruiscono strade, dighe e ospedali, e i dittatori perché non parlano di democrazia o trasparenza. Lungo le ferrovie dell'Angola, nelle foreste del Congo e nei karaoke in Nigeria, Serge Michel e Michel Beuret, insieme al fotografo Paolo Woods, hanno percorso quindici paesi sulle tracce dei cinesi arrivati in Africa e di un nuovo mondo abitato da imprenditori pionieri e lavoratori sfruttati, da progresso e contraddizioni. Dalle campagne impoverite nel cuore della Cina alle poltrone in cuoio dei ministri africani, gli autori ci raccontano l'avventura dei cinesi partiti per costruire, produrre e investire in una terra che per l'Occidente è ormai condannata a ricevere solo aiuti umanitari.