Nell’anno in cui ricorre il cinquecentesimo anniversario delle 95 tesi di Wittenberg è parso opportuno riproporre in alcuni suoi aspetti fondamentali il pensiero di una delle più significative personalità della cultura cristiana ed europea del Novecento, qual è Ernst Troeltsch. Le sue ricerche, sollecitate, alla svolta dall’Ottocento al Novecento, dall’avvertimento di una profonda crisi della teologia, si sono sviluppate in una molteplicità di ambiti disciplinari (teologia, filosofia della religione, etica, sociologia della religione, politica, filosofia della storia) concentrandosi, però, su due linee principali: la relazione tra Cristianesimo e storia, tra Cristianesimo e modernità, e la questione dello storicismo, al cui fondo è la tensione tra la ricerca di principi e valori universalmente validi e il rispetto dell’individualità e mutevolezza dell’esperienza storica. È qui «il tormento del mondo moderno». Troeltsch non ha aggirato le ombre del «nichilismo europeo», ma ha cercato di comprenderlo e di prendere posizione di fronte ad esso. Così come, all’indomani della catastrofe della grande guerra, ha sentito il bisogno di avviare una riflessione critica sull’identità dell’Europa, anticipando la consapevolezza di problemi, che continuano ad inquietare profondamente il nostro presente e insieme suggerendo anche una traccia per affrontarli.
"La comprensione della spiritualità nelle culture francese e tedesca" fu redatto da Levinas in lituano e poi pubblicato nel luglio 1933 in una rivista lituana dal nome «Vairas». Scomparso al tempo della seconda guerra mondiale, è stato ritrovato per caso su un ripiano nella sala periodici dell'Università di Vilnius. Sotto diversi aspetti, l'analisi di Levinas si presenta come il simmetrico del testo comparso nel 1934 nella rivista «Esprit», "Alcune riflessioni sulla filosofia dell'hitlerismo". Il testo rappresenta, in tal senso, un punto decisivo per la conoscenza di questa grande opera filosofica, segata in maniera indelebile dalla barbarie della storia e dall'importanza assegnata al rapporto con l'altro uomo in quanto essere unico.
Seguendo la metafora della traversata tra due sponde di uno stesso fiume, il testo di Emmanuel Falque ci offre un'avvincente lettura del rapporto tra filosofia e teologia nel terreno comune del loro incessante confliggere: quello dell'esegesi e dell'ermeneutica del testo biblico. Un'andata e ritorno che non si sottrae dal confronto con alcune delle più importanti esperienze filosofiche del Novecento, proponendo una propria e originale interpretazione di quella tradizione fenomenologica francese, in cui l'intera riflessione di Falque sorge e s'innerva. Breve sebbene densissimo per profondità di pensiero, questo saggio costituisce uno sguardo panoramico che l'autore getta a ritroso sulla propria riflessione, ripercorrendone i nodi filosofici e teologici più significativi. Il volume è arricchito da un saggio di Andrea Bellantone che introduce il lettore italiano all'interno del pensiero di Falque e dell'ampia galassia della fenomenologia francese contemporanea.
La questione circa l'«Essere» è al cuore della riflessione filosofica di Emmanuel Levinas. Essa costituisce da un lato una critica radicale dell'ontologia fondamentale e dall'altro essa sposta l'esperienza della soggettività del soggetto verso la questione dell'identità ebraica, irriducibile, secondo Levinas a ciò che egli stesso chiama «Essere ebreo». La discussione sull'Essere ebreo è condotta con gli accenti tragici del dopo guerra, nella misura in cui Levinas non separa mai l'esistenza ebraica dalla sua precarietà e dalla coscienza di una identità segnata per sempre dalla Shoah. La riflessione di Levinas in questo testo del 1947 trova un prolungamento in una lettera inedita rivolta a Maurice Blanchot, del maggio 1948, scritta al momento della creazione dello Stato di Israele.
Dalla quarta di copertina:
È possibile trovare una via d’uscita alla chiusura paradigmatica del logos occidentale, andare oltre l’idea auto-fondativa ed auto-referenziale della ragione che permetta di riscoprire il senso dialogico e relazionale della filosofia come incontro non polemico e non fagocitante con la verità dell’altro, che aspira ad essere esperienza viva e concreta di com-partecipazione delle rispettive “porzioni” di verità? È possibile riscoprire tale alterità come cifra essenziale della spiritualità ebraica e cristiana, come loro punto di incontro e svolta verso un pensiero della responsabilità per l’altro, antecedente ogni libertà e oltre ogni reciprocità,che funga da sprone per la ri-affermazione del valore etico dell’umano e la costruzione di rapporti autentici che ci facciano sentire non “monadi” isolate in balia degli eventi, ma individui che, proprio non nella consapevolezza di vivere tempi incerti e inquietanti, provino a ri-scoprirsi se non “fratelli”, almeno com-partecipi di un comune destino d’erranza?
Sull'autore:
Guido Bianchini laureato all’Università di Salerno. Da allievo di Vincenzo Vitiello ha approfondito il pensiero paolino e la questione del cristianesimo storico nella modernità e nel dibattito contemporaneo tra filosofia e teologia. Le sue recenti ricerche vertono sul problema teoretico ed etico dell’alterità nei pensatori della “modernità ebraica” come possibile punto di incontro con il cristianesimo. Tiene seminari di pensiero ebraico moderno presso lo Studio Teologico “Madonna delle Grazie” di Benevento.