Una nuova edizione dei diari di Antonia Pozzi attentamente verificata sui manoscritti e corredata di un ricco apparato critico. Brucia, in queste pagine, il fuoco che ha fatto ardere tutta la sua breve vita: dalla più tenera, ma già pensosa, adolescenza alla precoce maturità, trascorsa in contatto con l'avanzato ambiente intellettuale del filosofo Antonio Banfi. Ne emerge il ritratto «dal di dentro» di una giovane donna impegnata, con una determinazione spesso drammatica, nel progetto di una vita autentica e aperta agli altri e di una poesia veramente sua. Una poesia del tutto ignorata nel contesto culturale in cui Antonia Pozzi era inserita; oggi, invece, letta con straordinario interesse in Italia e nel mondo. Nel presente volume sono riportati anche altri suoi scritti in prosa: i passi più significativi della tesi di laurea su Flaubert, alcuni testi narrativi e le pagine critiche su Aldous Huxley. Materiali che, insieme ai diari, ne restituiscono appieno la fisionomia di intellettuale inquieta e moderna.
Il romanzo si compone di tre racconti ambientati in epoche diverse e che hanno protagonista Kino, p. Eusebio Francesco Chini (1645-1711), missionario gesuita. Il primo ci fa conoscere il difficile ambientamento di Kino presso le tribù dei Pima (area tra l’Arizona e Stato messicano di Sonora). Nel secondo, ambientato nel 1945, p. Kino soccorre un nativo Pima che partecipò alla conquista di Iwo Jima. Il terzo ha per protagonisti due giovani messicani di Puebla, che nel 2011 diventano migrantes clandestini in balia dei trafficanti. A soccorrerli giungerà un cowboy di Tucson (Arizona) animato dallo spirito missionario che risulta assai simile a quello che contraddistinse Padre Kino.
Con questa raccolta prosegue la prova poetica di Marco Garzonio cominciata in Siamo il sogno e l’incubo di Dio (Àncora, 2015). I temi, scrive l’autore, «restano il cammino personale e i sussulti del mondo, impastati con quel Dio che sempre più mi cerca, mi inquieta, mi stana». A legare volti, luoghi, eventi evocati dalla parola poetica (da Martini a Turoldo, da Milano all’amata valle Spluga, dal terrorismo fondamentalista ai profughi che premono alle porte di un’Europa cinica e distratta) la riflessione sui profeti della porta accanto, coloro che – nelle parole dell’autore – «ci parlano e ci addestrano con gesti o silenzi, col fatto solo di esserci e affrontare ogni giorno le difficoltà della vita secondo sobrietà, semplicità, onestà, con quel sano strabismo dell’anima che porta ad avere un occhio sugli altri e l’altro su se stessi». «Garzonio è un profeta della porta accanto, in cerca della sua visione. Uno che a ogni tramonto, davanti al sole che scende, senza nostalgia lo guarda / che ancora è lungo il giorno sino a notte. Lungo è il giorno, e santo, a saperlo godere e inseminare, come Marco, di pollini di poesia e profezia » (dalla prefazione di Ermes Ronchi).
Il libro contiene 52 brevi apologhi attraverso i quali l'autore stimola il lettore a guardare dentro e fuori di sé, riscoprendo il gusto poetico della fiaba, alla ricerca di scintille di spiritualità evangelica.
Una nuova edizione rigorosamente condotta sui manoscritti, che restituisce – per la prima volta in un unico volume – tutte le poesie di Antonia Pozzi. Può essere così ricostruito nella sua completezza e autenticità il percorso di un’autrice non riconosciuta in vita, ma da alcuni decenni oggetto di una straordinaria riscoperta su un piano internazionale. Le sue Parole – nutrite di una solida cultura e intensamente elaborate sul piano formale, tuttavia lontane dai canoni letterari degli anni Trenta – dicono con passione vibrante, linguaggio limpido e vivezza di immagini la bellezza e il dolore del mondo, il dramma dell’individuo e quello, più vasto, dell’umanità. Per questo esse giungono con sorprendente forza al cuore del nostro presente.
Epistolario inedito di Antonia Pozzi. Gli affetti, le amicizie, la poesia, l'amore per la montagna.
Primi del Novecento, quartiere dell'Isola a Milano: una famiglia arriva dalla Lomellina, con un bambino piccolo. È Memore, che crescerà milanese fra il fumo dei treni e gli ideali di un'anarchia antica. Da Bolvedro sul lago di Como arriva invece Francesco, che diventerà frate Giulio. Due percorsi opposti, un legame che diventa indissolubile per via di un drammatico evento. La loro amicizia si dipana negli anni, sullo sfondo dell'Italia fascista, delle leggi razziali, della guerra e del fumo delle vecchie "bestie": le locomotive a vapore. Un giorno un nipote di Memore, nato a Buenos Aires, è a Milano alla ricerca di luoghi e storie della sua famiglia, e sbarca all'Isola. Il vecchio quartiere popolare, un tempo abitato da ex contadini della Lomellina, operai, ferrovieri, oggi la nuova "Manhattan" milanese coi grattacieli che svettano. Ma che al centro ha sempre la vecchia trattoria da Tomaso. La storia di un'amicizia milanese, il racconto pieno di saudade di una Milano che sembra non esserci più ma che invece semplicemente si trasforma, ricorda con affetto il passato e guarda con ottimismo al futuro.
Un romanzo che fa rivivere 70 anni della storia di Gerusalemme e del suo popolo. Sul background, che è fedele ai fatti storici, si sviluppa con maestria un efficace plot narrativo. L’ebreo Beniamino, raccontando la sua vita e quella della sua famiglia, parla anche di tutte le vicende storico-politiche che portarono alla presa di Gerusalemme da parte dei Romani nell’anno 70 d.C. La famiglia, la crescita, l’amore, il sesso, il culto e le celebrazioni liturgiche, gli ebrei, gli zeloti, i cristiani e la strana sparizione di un mantello dal Tempio: questi e tanti altri i temi trattati in poco più di cento pagine che si leggono d’un fiato.
Sul filo della memoria e della nostalgia, Torelli chiama a raccolta le “battute” che il tempo e le occasioni hanno prodigato. Ne nasce quello che l’autore definisce un “teatrino di carta”, perché il lettore possa trarne qualcosa di più del semplice diletto. Lo stile inconfondibile di Torelli, “artigiano della parola”, si fonde con una riflessione ricca di sapienza sulla vita umana.
"Sono giornalista e ho un lungo sodalizio con gli aeroplani. I ricordi delle cose viste e sentite mi sono sempre stati compagni di rotta. Una certa notte, nella quiete azzurrata di un jet di linea, la Memoria s'è messa lungamente a raccontarmi storie su storie che qui rimetto in scena perchè l'accorto lettore (non si sa mai) voglia trarne qualcosa in più del diletto".
Dalla quarta di copertina
Il testo si presenta come una biografia romanzata ed è caratterizzato da una scrittura impeccabile e molto “femminile”. Si tratta chiaramente di un’opera di “invenzione storica”, soprattutto per le inserzioni di personaggi fittizi e la ricostruzione della psicologia dei vari protagonisti. Del resto, le notizie storiche accertate sulla regina dei Longobardi sono assai poche, mentre da subito fiorì una vivace leggenda rispetto alle sue vicende coniugali e alla sua condotta esemplare di cristiana (in Brianza fu a lungo venerata come santa). In una “Nota” conclusiva l’autrice mostra il “cantiere” del suo lavoro, parlando delle fonti di cui si è avvalsa e dei criteri seguiti per l’elaborazione in chiave narrativa. L’autrice fornisce così al lettore gli elementi per discernere quanto sia stato ampio il lavoro di adattamento/creazione dell’autrice a partire dalle scarne informazioni presenti nelle fonti storiche. Il tutto detto in tono colloquiale, quasi rispondendo in sede di presentazione del libro a chi chiedesse notizie sulla genesi dello stesso.
Un romanzo avvincente, scritto con stile scorrevole, asciutto, essenziale, ma capace di esprimere e comunicare profondità di contenuto.
Si legge in un soffio e fa emozionare.
Siamo ad Ostuni, la «città bianca» della Puglia.
Giuseppe, figlio del più famoso barbiere del paese, affina il proprio sguardo adolescenziale sul mondo, proprio osservando i clienti del papà.
Il libro parla di sud, di letteratura americana, di cinema, di teatro… anche di Roberto Benigni…
Il romanzo infatti si conclude con un’apertura alla vita: una lettera che Giuseppe, divenuto uomo, scrive al proprio idolo. Un momento decisivo che consente al protagonista, per la prima volta, di «vivere dentro la vita» con coraggio e passione, liberandosi definitivamente da apatia, sterili furbizie e condizionamenti ambientali.
Un libro che accende una luce mai accesa su Eugenio Montale, scoperto nel suo versante umano e privato. Parlano le lettere che arrivano e partono da Casa Montale, e raccontano di Eugenio sognatore, poco avvezzo alle cose pratiche della vita (come casa, lavoro ecc.) ma già considerato come il “genio” di famiglia.
Custodito dagli eredi di Marianna, la sorella di Eugenio, alla quale molte lettere sono indirizzate, questo epistolario inedito ricostruisce anche un’atmosfera, un’epoca e un clima culturale e sociale, che fanno da sfondo alla maturazione di Eugenio Montale.
Il testo è costituito in gran parte da una selezione di lettere fra Eugenio e Marianna e fra Marianna e la madre oltre a numerosissime lettere di Marianna a Ida Zambaldi, l’amica di una vita, raccolte con grande cura dalla destinataria e poi custodite dagli eredi di Marianna.
La curatrice, oltre a selezionare i passi più significativi dell’epistolario, ha scritto i testi di raccordo. Il lettore non si trova così di fronte alla mera trascrizione delle lettere, ma viene man mano guidato a conoscere dal di dentro i personaggi e gli ambienti di casa Montale.
Alcune foto di famiglia inedite, fornite dagli eredi, e le riproduzioni di alcuni manoscritti arricchiscono il libro.