In un drammatico momento di conflitti come quello che stiamo attraversando, ci sembra significativo presentare il patrimonio artistico dell’antica Kiev, culla della civiltà russa e della fede cristiana del suo popolo, per mostrare la comune radice di fede e di cultura cui si alimentano il po- polo russo e quello ucraino.
Gli splendidi mosaici della cattedrale di Santa Sofia, costruita e decorata nel X secolo da uno dei primi principi russi, Jaroslav il Saggio, documenta a tutt’oggi lo splendore dell’arte bizantina e nel contempo una particolare attenzione missionaria: la preoccupazione di annunciare al po- polo russo la novità evangelica da poco conosciuta; solo pochi decenni prima, infatti, nel 989 il principe Vladimir aveva ricevuto il battesimo insieme al suo popolo.
Oltre 2500 mq di mosaici e di affreschi al suo interno di- spiegano davanti allo spettatore l’intero universo appena uscito dalle mani del Suo Creatore, gli mostrano le figure di Cristo, della Madre di Dio e di centinaia di santi, guide e compagni nel cammino di fede da poco intrapreso.
Di pochi decenni successivi sono i mosaici di San Michele al Tetto d’Oro, di cui ci sono rimasti gli strappi, eseguiti da restauratori-volontari prima che la chiesa fosse fatta saltare da Stalin negli anni ‘30.
L’AUTORE
Autore del testo e delle immagini è Vladimir Sarab’janov, storico dell’arte e restauratore di Mosca, che per anni ha lavorato ai restauri di questi mosaici, scoprendone i segreti, fotografandoli nei particolari e cogliendone nessi e simboli di grande profondità.
Questo libro raccoglie otto storie di donne vissute in anni e contesti diversi nel periodo dei regimi totalitari di tipo sovietico. A unirle è un senso profondo dell’umano, che ha ridestato in loro e intorno a loro il gusto della bellezza, dell’amicizia, il desiderio di vivere una vita autentica che non censuri la pietà, il dolore, il dovere, la responsabilità. Mogli, madri, monache, artiste, insegnanti, hanno dalla loro la forza vitale dell’esperienza, dell’amore, che come un esile filo d’erba, è in grado di bucare l’asfalto di ogni cortina ideologica.
Testimonianze vere, in grado di ridestare anche in noi – uomini e donne oggi sballottati da un profondo vento di crisi – un moto di speranza.
GLI AUTORI
Marta Dell’Asta è direttore della rivista «La Nuova Europa». È autrice della biografia del gesuita Pietro Leoni, e della storia del dissenso Una via per incominciare. Giovanna Parravicini ha curato varie pubblicazioni sulla storia della Chiesa in Russia e la storia dell’arte bizantina e russa. Tra le opere: Lituania popolo e Chiesa; Ave Gioia di tutto il creato; Julija Danzas; Vita di Maria in icone; Icona: immagine di fede e arte; Liberi; Marija Judina la pianista che commosse Stalin. Angelo Bonaguro si occupa della storia del dissenso dei paesi centro-europei. Ha al suo attivo numerosi articoli apparsi su vari organi di stampa.
Gli autori sono ricercatori presso la Fondazione Russia Cristiana.
Questo testo, infuocato e veemente “libello” composto nel vivo degli eventi della Rivoluzione d’ottobre, è certamente una delle opere più discusse di Berdjaev, e costituisce un deciso richiamo anche per l’uomo contemporaneo, invischiato nella crisi e propenso a vedere nella politica l’unica via d’uscita dai mali presenti.
Nell’opporsi ai rivoluzionari che tentano di riorganizzare la società con un’azione dall’alto, che esaltano il valore dell’uguaglianza come antidoto all’ingiustizia sociale e sperano così di fondare il paradiso sulla terra, Berdjaev ci ricorda che nessun sistema politico, per quanto giusto, è in grado di esaurire la domanda di significato dell’uomo, e che l’origine e il fondamento della vera politica non stanno in un progetto ma nella persona, nella sua “disuguale” unicità, nella libera risposta della creatura all’amore del proprio Creatore, unico motore in grado di trasfigurare veramente la società.
L’AUTORE
Nikolaj Berdjaev (1874-1948), filosofo religioso russo. Dopo un’iniziale fase marxista si riavvicinò all’esperienza ecclesiale ortodossa. Espulso dalla Russia nel ‘22, si stabilì a Parigi, dove diede forma ad un suo originale personalismo esistenziale cristiano. Tra le sue opere: Il senso della creazione (1916), La concezione di Dostoevskij (1924), Spirito e libertà (1927), L’io e il mondo (1932), Schiavitù e libertà dell’uomo (1939), Autobiografia spirituale (1948).
Il nostro è un tempo di scarsa incidenza della fede e dell’annuncio cristiano sulla società. Un mondo «dopo Gesù, senza Gesù», che influenza anche i cristiani. La fede, soggettivisticamente intesa, è spesso ridotta a un insieme di idee, a principi o valori, a forme spiritualizzate; si rischia di dimenticare che l’oggettiva contemporaneità di Cristo ne è il fondamento irrinunciabile.
L’Autore, alla scuola dei Padri e in particolare di sant’Ambrogio, offre un itinerario che porta a riconoscere la divinità di Cristo attraverso la fede nella Sua umanità. Diventando uomo, Cristo è entrato in comunione con la fragilità e la debolezza della nostra umanità, per risanarla e farla come la Sua: luogo di reale comunione con il Padre e di pieno affidamento a Lui. Così la Sua vittoria può trasformare anche la nostra povera umanità, permettendole di camminare
in una vita nuova.
La seconda parte del testo è incentrata sull’Eucaristia: luogo e forma dell’oggettiva presenza di Cristo. Con l’aiuto di numerosi testi della liturgia orientale, si propone un cammino teso a riscoprire la liturgia eucaristica come luogo essenziale della presenza «qui e ora» di Cristo, che trasforma e configura a sé chi celebra la sua Pasqua.
Un testo per i fedeli e i sacerdoti che desiderano vivere l’Eucaristia come reale presenza di Cristo, «che dà origine alla fede e la porta a compimento».
Perché rileggere oggi Il potere dei senza potere, un testo scritto nel 1978 quando il blocco sovietico era ben saldo e Havel un «dissidente» tenuto sotto stretto controllo dalla polizia?
Nel contesto di crisi e di crisi di identità che da anni affligge l’Italia e l’Europa, quest’opera sollecita a interrogarsi sul rapporto tra l’uomo e la politica, tra l’«io» e il potere.
Descrivendo un sistema post-totalitario, in cui l’«io» sembrerebbe condannato all’irrilevanza, sorprendentemente Havel ne fa invece il perno e il protagonista della vita pubblica perché «tutti coloro che vivono nella menzogna ad ogni momento possono essere folgorati dalla forza della verità» con esiti imprevedibili sul piano sociale: «nessuno sa quando una qualsiasi palla di neve può provocare una valanga».
La vita stessa di Havel mostra che un «io» non de-moralizzato, cioè non rassegnato alla menzogna, può diventare attore della trasformazione della storia di un Paese e dell’intera Europa: «Solo con una vita migliore si può costruire anche un sistema migliore».
In appendice sono proposti al lettore altri scritti di Havel: il primo storico discorso di Capodanno (1990); il discorso dedicato «alla speranza e alla morte» tenuto a Hiroshima nel 1995, così personale e così poco di circostanza; il discorso pronunciato a Parigi il 22 ottobre 2009, sul mistero della storia e le sorti del mondo; e infine alcuni brani dall’ultimo colloquio, per Havel così faticoso, registrato con il cardinal Duka nel novembre 2011 per la Televisione ceca, a meno di un mese dalla morte.
Prefazione di Marta Cartabia