La comunicazione ecologica presenta le metodologie fondamentali per la creazione di una comunicazione democratica nei gruppi: come superare monopoli, dogmatismi, giudizi negativi, approssimazioni, astrazioni vaghe, dispersioni dannose, rivalità con altri gruppi, ecc.; passo dopo passo, fornisce una guida concreta per esercitare una "critica costruttiva", per la "risoluzione dei conflitti", per lo "sviluppo dei progetti", per la "cooperazione con gli altri gruppi". La speranza è che i movimenti che nella società civile operano per il cambiamento - ecologisti, pacifisti, donne, comunità, consumatori, anziani, portatori di handicap, adolescenti, minoranze... - possano applicare queste metodologie per meglio valorizzare il potenziale di ciascuno. Anche gli insegnanti, i genitori e i lavoratori potranno trovarvi le idee per trasformare il diffuso senso di frustrazione in un serio lavoro per il cambiamento.
Questo libro è una risposta del perché, del come e del cosa è stato fatto per arrivare ad affermare che invece "si può fare". Si può facilitare il naturale sviluppo di ciascuno, si possono non usare libri, voti, compiti e schede, si può rompere quel sempiterno sodalizio che purtroppo lega l'apprendimento alla noia. Insomma si possono fare molte cose se, innanzitutto, si crede che sia importante farlo. Dopo questa esperienza possiamo asserire che l'unica cosa che non si possa fare nella scuola è insegnare senza apprendere dai bambini. È un appello a tutti coloro che si occupano o hanno a cuore i temi dell'educazione: costruiamo una scuola più competente, vicina agli esseri umani che la abitano, ai loro bisogni e sogni, a partire dal bisogno/sogno di felicità.
L'aziendalizzazione delle strutture ospedaliere rappresenta un cambiamento formale e sostanziale che non solo coinvolge le strutture territoriali di gestione sanitaria, ma incide anche profondamente nella mentalità del medico e nel suo rapporto col paziente. Sono entrati nel linguaggio e nei comportamenti dei sanitari vocaboli, atteggiamenti e parole estranee alla pratica medica (budget, controllo di gestione, dirigente, costi, ricavi, clienti, domanda, offerta, eccetera) mentre la sofferenza del malato rimane sempre identica a se stessa. Si sta arrivando al paradosso che il modello industriale, basato sulla domanda e l'offerta, è accettato come il modello ideale e unico possibile di relazione tra richiesta di prevenzione, cura o assistenza ed erogazione di un servizio medico assistenziale. Le domande cui i medici sono chiamati a rispondere nell'esercizio della loro professione si fanno più profonde. Questo libro è il risultato di un lavoro di formazione e approfondimento tra l'Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia e Bari e l'associazione Cercasi un fine. Un percorso con l'obiettivo di salvaguardare il rapporto di fiducia che lega il medico al cittadino come strumento di garanzia del diritto alla salute in un paese democratico. Hanno contribuito alla stesura del libro Tommaso Fiore, Bernard Ars, Paolo Livrea, Corrado Germinario, Ivan Cavicchi, Ignazio Grattagliano, Silvestro Scotti, Michele Quarto, Corrado Allegretta.
La facilitazione ha a che fare con i gruppi e le comunità, con le dinamiche che normalmente accadono quando le persone si mettono insieme per realizzare qualcosa e sperimentano la fatica del progettare e giungere alla fine di un processo. Interviene non sul cosa fare ma su come fare, perché tutti siano partecipi e protagonisti fino alla fine del processo deciso e avviato. In questo senso trova campi di applicazione ampi: è facilitazione ciò che supporta la naturale evoluzione di un processo, sia personale che collettivo. Forse è un'arte, forse una disciplina, forse una scienza sociale. Di certo è un metodo che rende fluida la comunicazione e i processi decisionali, integrando le capacità di ognuno: testa, cuore, mani ed energia! Questo manuale, e le carte della facilitazione, sono dunque uno strumento per imparare a stare insieme affrontando le difficoltà e i conflitti, costruendo spazi sicuri di dialogo e confronto collettivo dai quali possano emergere soluzioni condivise e innovative. Un progetto che nasce dalla convinzione della necessità di diffondere la facilitazione in Italia oggi: nelle scuole, nei gruppi informali, al lavoro, all'interno di associazioni e istituzioni.
Questa non è utopia. Smettiamola di non realizzare cose belle per paura di essere definiti sognatori. Cosa c'è di male nel desiderare una scuola migliore e nuovi paradigmi che la rendano più bella e più felice e anche più proficua? Proviamo, allora, a pensare alla scuola come un luogo di possibilità. Un grande "parco giochi" nel quale le menti, i cuori e le anime possano giocare a sviluppare i propri talenti, allenare le proprie emozioni, fortificare le abilità e prepararsi per la seconda parte della vita: quella di adulti che dovranno portare il loro meglio nella società attraverso il loro lavoro. Certo, le difficoltà economiche non aiutano, il precariato e tanti altri innegabili problemi esistono. Ma crediamo di produrre effetti positivi pensando negativo e cercando sempre quello che non va? Non è giusto cedere a facili disfattismi. Questo lavoro è una proposta, un tentativo concreto di portare nelle scuole, attraverso un ampio e articolato supporto metodologico, pratiche di educazione alla felicità. Praticare la risata vuol dire spezzare gli schemi negativi. Quando pensiamo a una situazione in chiave positiva diventiamo capaci di prendere decisioni migliori e influenzare il nostro corpo e il nostro comportamento. Così non solo cambiamo noi stessi, ma in fondo trasmettiamo un'energia positiva che cambia il mondo. E non è queste la missione della scuola?
Gli esseri umani si desiderano, cercano, incontrano e amano. Prima o poi vivono insieme e procreano. Costruiscono allora una famiglia per sostenersi reciprocamente. Questo comportamento, immutabile dalla notte dei tempi, rappresenta la risposta emotiva ai bisogni affettivi e sessuali degli uomini e delle donne. Lasciarsi ufficialmente tra marito e moglie rappresenta invece un costume relativamente recente. Molte persone non sanno come affrontare la fine del loro progetto di vita insieme. Vi giungono impreparate e perciò soffrono e fanno soffrire. Fili spezzati affronta il tema dell'amore coniugale e del suo dissolversi sia per rassicurare i genitori che si separano civilmente sia per proteggere i figli nati dall'unione di persone irrisolte, fragili e confuse. Propone le tappe che conducono dall'amore al divorzio e successivamente aiutando i lettori ad entrare nel complesso meccanismo dell'unione e della disunione tra un uomo e una donna. È un testo che può aiutare i consulenti familiari a dare sagge indicazioni a genitori in fase di separazione e che può far trovare agli psicoterapeuti della coppia l'atteggiamento mentale, la strategia terapeutica e le parole per sancire la separazione tra due coniugi arrabbiati tra di loro. Fili spezzati sollecita una rivisitazione del senso dell'amore coniugale da cui genitori, operatori, educatori, psicologi, psicoterapeuti e tutti i professionisti possono e devono partire per conoscere se stessi, per proteggere i figli di coppie infelici...
Il Vangelo è un libro di religione o la storia di un conflitto mortale con la religione? Lungo tutta la vita di Gesù, i conflitti con i sacerdoti, i dottori della legge e i farisei, il tempio, le osservanze e le norme religiose, sono stati sistematici. Dunque, può pensare seriamente a un cristianesimo "non-religioso"? Il Vangelo non è "un libro di religione", è un insieme di racconti che spiegano come Gesù di Nazareth ci offra "un progetto di vita". Tuttavia, Gesù è stato un uomo profondamente religioso, a causa della sua intensa relazione con Dio come Padre e del suo frequente ricorso alla preghiera. Ma la religiosità di Gesù non è stata legata al tempio, ai riti sacri, ai sacerdoti e alla sottomissione alla legge religiosa. Al contrario, Gesù è vissuto in maniera tale che, quando ha iniziato ad agire e a parlare in pubblico, è entrato in conflitto con i responsabili della religione (i sacerdoti, i teologi ed i più stretti osservanti). Il Vangelo è il grande racconto di questo conflitto, che è terminato drammaticamente nel processo, nella condanna e nella morte di Gesù. Per questo resta cruciale la domanda: come ha potuto fondare una religione un uomo la cui vita è finita in uno scontro mortale con la religione? L'aspetto centrale della vita di Gesù non è stato il religioso e la religiosità, ma l'umano e l'umanità. E poiché Gesù si è posto dalla parte della vita e della felicità degli esseri umani, il Vangelo incentra la sua attenzione sulla salute dei malati, sulla convivialità...
I gesti, le parole, gli interventi, le decisioni di papa Francesco conservano tutti una linea conciliare di riforma della Chiesa. La sua è una sfida per tutti: o si entra nello spirito della riforma o non si comprende cosa sta realizzando; o la si condivide, con intelligenza e sana criticità, oppure ci si oppone a lui e si vanifica il suo sforzo. Ce la farà Francesco? È una domanda che ricorre spesso. Affiora sulle labbra di credenti e non credenti, tutti interessati a comprenderne l'esito delle sfide che il nuovo pontefice sta affrontando. Una cosa è certa: la riforma di Francesco richiede tempo, pazienza, costanza. Tra scandali e infedeltà papa Francesco non ha il timore di affrontare tutto ciò che non va nella Chiesa cattolica. Tuttavia questa, come ogni istituzione, in alcuni casi, resiste all'innovazione e ora resiste al suo innovatore Francesco. Ma la posta in gioco qui non è la semplice sequela di un leader, ma l'attuazione del Vaticano II. La prospettiva dal basso di Bergoglio invita a prestare più attenzione a temi quali: i poveri, un nuovo slancio missionario, la sobrietà nella vita ecclesiale, l'impegno per la giustizia e la lotta contro la corruzione di tutte le istituzioni (Chiesa cattolica inclusa), il debellare la piaga della pedofilia, la collegialità episcopale, la promozione del laicato, l'attenzione ad alcune prassi familiari, un rinnovato impegno ecumenico, la cura della natura.
Gesù muore ancora nel Salvador degli anni Settanta fra le urla dei disperati. E il monsignore urla lo scandalo mentre la città brucia. Dice, ammonisce, avverte, condanna. Nella solitudine più totale. È così che Romero inizia un lungo, profondo, travagliato dialogo con se stesso, fino al martirio." I martiri sono germi di vita che disseminano speranza e rinsaldano i cammini della fede. Rendono la terra feconda attraverso la forza delle parole e il coraggio di una vita vissuta insieme con la Chiesa, popolo di Dio. Le loro voci echeggiano per il continente latinoamericano e per il mondo. Anche in Salvador, un Paese dove la violenza causò 70mila morti, oltre a esiliati e perseguitati, emerse una voce che seppe denunciare gli abusi ed esigere rispetto per la vita e la dignità di un popolo, vittima della guerra civile e della dittatura militare. Quella voce era di monsignor Oscar Arnulfo Romero, che si convertì e abbracciò, come diceva San Paolo, il cammino della croce. Romero subì le incomprensioni di una Chiesa che si rifiutava di prestare ascolto alle sue richieste e alle sue denunce. Posizioni ideologiche e informazioni fuorvianti su ciò che stava effettivamente accadendo in Salvador produssero una distanza tra lui e il Vaticano. Era cosciente delle minacce di cui era oggetto, ma la forza del Vangelo e il suo impegno verso il popolo salvadoregno erano per lui un imperativo morale. Sono trascorsi molti anni e il Santo d'America, Oscar Romero, illumina il cammino della Chiesa.
Di genitorialità omosessuale si parla tantissimo, ma se ne parla molto spesso attraverso prospettive discorsive inquinate in partenza, da cui si fanno discendere o derivare concezioni che rinforzano o confermano visioni distorte. Se la genitorialità è una dimensione che implica il rimando a precise competenze, che in linea generale ineriscono la dimensione della cura, secondo quali criteri è possibile pensare che le persone omosessuali possano non avere o non abbiano tale competenza? Perché a livello sociale e culturale sembra persistere e resistere una visione di omogenitorialità come contesto disadattivo e deviante per la crescita dei bambini e delle bambine? Lo scopo di questo volume è quello di inaugurare nuovi saperi che diano adito ripercorrendo simbolicamente un noto paradigma foucaultiano - a nuove forme di potere. Un potere che non è quello negativo legato all'esercizio della forza, al predominio, al controllo, alla coercizione, ma potere positivo della relazione, dell'incontro, dell'apertura e dell'ampliamento degli orizzonti di senso; dell'integrazione dei diversi punti di vista attraverso cui si può guardare alla complessità del reale; potere come abbattimento di chiusure comunicative, confronto dialettico e costruttivo, condivisione di vissuti ed esperienze, destrutturazione del pregiudizio, della discriminazione, della stigmatizzazione, dell'esclusione.
Il Signore chiese al suo fedele servitore Abramo di sacrificargli il suo diletto figlio, l'unico che gli era rimasto. Era uno strumento nelle mani di Dio per mettere alla prova la Santa Alleanza del popolo di Israele, la cieca e totale obbedienza di Abramo; ma quel bambino cosa c'entrava in questi disegni divini? Isacco rappresenta tutti quei bambini che subiscono "le regole" degli adulti, di cui non comprendono né l'utilità, né il significato. Regole ineludibili, importanti, ma assurde e incomprensibili. La fedeltà, l'obbedienza, l'alleanza e la grazia divina possono avere un significato per noi adulti, ma hanno lo stesso significato per i bambini? Quanti bambini sono testimoni innocui e vittime di queste prove? Quanti di loro sono inseriti in giochi più grandi di loro, diventandone protagonisti senza volerlo? Quanti bambini si sentono contesi, divisi, lacerati dagli adulti, senza capire perché? La "sindrome di Isacco" si riferisce a questo stato di sgomento e stupore di un bambino di fronte a certi accadimenti incomprensibili che hanno segnato la sua giovane vita. In questo libro sono raccolte storie che possono essere ricondotte alla condizione esistenziale di Isacco. I numerosi Isacco, incontrati nell'intensa vicenda clinica e professionale dell'autore, si trasformano in una guida per provare, chiudendo gli occhi, a immaginare come quella domanda che rimbalza continuamente, "perché io?", può impattare nella vita di una bambino.
Una giornalista chiese alla teologa protestante tedesca Dorothee Sölle: Come spiegherebbe la felicità a un bambino?'. La sua risposta fu sorprendente: 'Non glielo spiegherei, gli darei un pallone per giocare'. Il gioco - come l'arte e la stessa religione - va oltre la cura della mera sopravvivenza fisica e introduce la gratuità, la libertà, l'amore. In modo parallelo alla teologa cristiana di Colonia un pensatore giapponese zen, Kakuzo Okakura, nel suo saggio La cerimonia del tè (1907) affermava che il primo atto veramente "umano" avvenne quando l'uomo primitivo preparò e donò alla sua donna una corolla di fiori. Questo di don Alessio Albertini è un libro esaltante ma anche faticoso che fa sudare e ansimare, proprio come dice la parola stessa 'allenare' che deriva dal verbo 'anelare', con un trasferimento (metatesi) di consonanti. Ma l'anelito ha anche una dimensione più alta, simbolica, di taglio spirituale, è la tensione verso l'alto, verso mete impegnative in un avanzare su sentieri d'altura. Un dinamismo che è anche nelle altre lingue, perché in inglese coach è la vettura che corre, e trainer evoca il train del movimento che trascina. Proprio per attuare questo anelito superiore è necessaria, come scrive don Alessio, 'un'alleanza educativa' tra Chiesa e sport. L'approdo finale è, allora, quello che il profeta Zaccaria sognava per la sua Gerusalemme: "Vecchi e vecchie siederanno nelle piazze di Gerusalemme, ognuno col bastone in mano per la loro longevità.